LA POLITICA NON È
IL MIO MESTIERE

Nonostante Cattelan non possa essere considerato un artista politico in senso stretto, molte delle sue opere, a partire da Campagna elettorale (1989), che l’artista firma con lo pseudonimo «Cooperativa Romagnola Scienziati», presentano risvolti politici e sociali piuttosto evidenti.

«Ho sempre diffidato delle ideologie», dichiara l’artista, ma di fatto è possibile rintracciare un filone legato a questo tema nel suo lavoro. Del resto, l’artista trascorre la sua adolescenza durante gli Anni di piombo, quando l’Italia è sconvolta dal terrorismo delle Brigate rosse, e Padova, città natale dell’artista, è uno dei centri dell’Autonomia operaia, e quindi Cattelan respira fin da ragazzo un’atmosfera socialmente e politicamente turbolenta. Non è un caso che nel 1994 espone alla Galleria Daniel Buchholz di Colonia l’opera Senza titolo (1994), una carta da parati composta dall’ingrandimento della pagina del “Corriere della Sera” pubblicata il 19 marzo 1978, con l’immagine di Aldo Moro davanti al simbolo delle Brigate rosse; la stella a cinque punte alla quale l’artista aggiunge una coda con vernice rossa spray, in modo da farla diventare una stella cometa. Un «ready made assistito», secondo la definizione di Marcel Duchamp, che sdrammatizza uno dei momenti più drammatici vissuti dal nostro paese negli ultimi cinquant’anni.

Nello stesso anno Cattelan risponde all’attentato organizzato dalla mafia al PAC di Milano nel 1993, con l’esplosione di una bomba che aveva causato la morte di cinque persone, con Lullaby, esposta nella Galleria Laure Genillard a Londra, in occasione della prima mostra personale dell’artista fuori Italia. Si tratta di due grandi contenitori in plastica blu, usati in genere per le demolizioni, riempiti con le macerie del Padiglione d’arte contemporanea. «L’idea era quella di richiamare qualcosa, un ricordo. Un po’ come quando si manda una cartolina per celebrare una ricorrenza», sottolinea Cattelan. «Queste grandi buste assomigliano a quelle usate negli ospedali per la biancheria contaminata», aggiunge, ripensando agli anni di lavoro in ospedale a Padova. Anche il titolo, tradotto in italiano con la parola Ninnananna fa riferimento a un evento tragico ma fuori contesto, quasi paradossale nella sua assurdità, visto che ancora oggi il movente è rimasto misterioso. Lo sguardo di Cattelan sul volto politico del suo paese continua con una delle sue opere più note, Il Bel Paese (1994), presentata per la prima volta nella collettiva Soggetto-Soggetto: Una nuova relazione nell’arte d’oggi (1994) al Castello di Rivoli, curata da Francesca Pasini e Giorgio Verzotti.

Christmas '95 (1995).


I Found My Love in Portofino (1994).
Prendendo spunto da una celebre canzone di Fred Buscaglione (1958) Cattelan realizza un video che mostra una forma di formaggio Bel Paese Galbani mangiato da alcuni topolini, mentre rosicchiano la mappa dell’Italia. Una forma sottile e ironica di critica all’identità del nostro paese, attraverso un’opera tipica dello stile dell’artista.

Invitato a riflettere sulla relazione tra immagine e realtà, ha esposto un tappeto circolare, che riproduce l’etichetta del formaggio Bel Paese Galbani, lanciato nel 1906 e diventato famoso in tutto il mondo, che prende il nome dall’omonimo libro dell’abate Antonio Stoppani, pubblicato nel 1876. Collocato all’ingresso di Rivoli, davanti alla biglietteria, viene calpestato dai visitatori e rappresenta per l’artista l’insegna di un’identità nazionale amata e al tempo stesso odiata, in quanto spesso identificata con la classe politica, che all’inizio degli anni Novanta era stata travolta dall’inchiesta Mani pulite, che di fatto mise fine alla Prima repubblica. Questo atteggiamento ambiguo dell’artista nei confronti del proprio paese assume un aspetto ancora più critico nel video I Found My Love in Portofino (1994). Tratto dal titolo di una celebe canzone pop di Fred Buscaglione (1957), il video mostra due topolini che sgranocchiano una forma di Bel Paese Galbani, fino a far scomparire l’immagine sovraimpressa della penisola. Un lavoro di tipo socio-antropologico riguarda gli homeless, immortalati dall’artista con Andreas e Mattia (1996): due figure di senzatetto posizionate all’esterno della Galleria d’arte moderna di Torino in occasione della mostra collettiva Campo 6. Il villaggio a spirale, curata da Francesco Bonami nel 1996. A metà strada tra memoria personale e critica sociale, quest’opera tende a confondere l’arte con la realtà, in un continuo gioco di rimandi che costituisce uno degli elementi forti della ricerca di Cattelan, spesso legata a un senso di spiazzamento, tra ironia e provocazione, che la rende ancora più ambigua. L’artista fa parte di una linea della storia dell’arte italiana che parte da Caravaggio per arrivare a Piero Manzoni, Gino De Dominicis e Alighiero Boetti, che hanno saputo fondere realtà e ironia, gioco e provocazione in un’immagine iconica del nostro tempo. «Le opere di Cattelan hanno una tripla vita. Nella realtà, nei media e nella memoria. La prima vita è umana, la seconda spirituale, la terza eterna», sottolinea Bonami(4). Questo è senz’altro vero per una delle sue opere più famose, La nona ora (1999), presentata alla sua mostra personale alla Kunsthalle di Basilea nello stesso anno. È interessante ripercorrerne la genesi: «La statua di papa Wojtyla è un lavoro del 1999 che era nato in piedi, ma non mi convinceva.


Gérard (1999), veduta dell’installazione alla mostra Not Afraid of Love (Parigi, Musée de la Monnaie, 21 ottobre 2016 - 8 gennaio 2017).

A una settimana dalla mostra cominciai a pensare a come distruggerlo. Alla fine mi venne l’idea del meteorite e fu come un’illuminazione: capii che avevo abbattuto la figura del padre. Questo è quello che sanno fare i lavori importanti: se io ho avuto un’epifania, allora può averla anche qualcun altro». Collocata su un tappeto rosso, che richiama il sangue della Passione di Cristo (la nona ora - corrispondente alle 15 dell’attuale scansione oraria del giorno - è quella in cui Cristo invoca l’aiuto del Padre) ma anche il fuoco dell’inferno, la scultura di papa Giovanni Paolo II atterrato da un meteorite caduto dal cielo rimanda alla tradizione iconografica medievale, e in particolare al Trionfo della Morte (1446) conservato alla Galleria nazionale di Palazzo Abatellis di Palermo, e attribuita a un artista ignoto, dove in primo piano si vede un pontefice colpito da una freccia. Quest’opera non nasce come una critica al cattolicesimo bensì al potere. «Il papa è un personaggio che ci ricorda che il potere, qualsiasi potere, ha una data di scadenza, come il latte». Battuta all’asta da Christie’s nel 2001 per 886.000 dollari, La nona ora è stata esposta nel 2000 prima alla collettiva Apocalypse alla Royal Academy di Londra e poi alla Galleria Zacheta di Varsavia, dove viene presentata alla fine di dicembre, suscitando proteste di ogni genere e le dimissioni della direttrice del museo, Anda Rottenberg, richieste a gran voce da alcuni deputati di destra. Proprio nel 2001 l’artista si confronta con un’altra icona del potere, non legata al bene come il pontefice ma espressione del male assoluto: Hitler. Il protagonista di Him (2001) è un dittatore inginocchiato con le mani giunte, senza cappello e con un’espressione contrita, quasi indifesa, vestito con abiti simili a quelli di uno studente degli anni Trenta. Un’opera forte e coraggiosa, che l’artista presenta in una mostra alla Fargfabriken di Stoccolma, in Svezia.

Come per La nona ora, il luogo di esposizione ha molto a che vedere con l’opera. «Ho pensato che la Svezia, un paese neutrale, sarebbe stato il posto ideale per realizzare un’opera del genere, come era stata la Svizzera nel caso dell’opera con il papa». Ma perché proprio Hitler? «Il male assoluto è un po’ il rovescio speculare della spiritualità assoluta. Se esiste qualcosa di tanto grande come Dio, allora deve esistere qualcosa di altrettanto estremo nel registro opposto, quello del male». Ma la forza provocatoria dell’opera non convince tutti: scelta dall’artista come immagine pubblicitaria per la sua personale al PAC di Milano nel 2010, è bloccata dal sindaco in quanto ritenuta offensiva per la comunità ebraica. Non è casuale che il legame tra le due opere sia stabilito anche dai risultati d’asta: Him è stato venduto da Christie’s New York nel 2016 per 17 milioni di dollari, record assoluto per un’opera di Cattelan.


La nona ora (1999); veduta dell'installazione alla mostra La nona ora (Rennes, Musée des Beaux-Arts, 20 giugno - 8 luglio 2014).

Sempre nel 2001 l’artista torna a reinterpretare il genius loci del suo paese natale con Hollywood, un progetto realizzato in concomitanza con il suo invito a La Platea dell’Umanità, la Biennale diretta da Harald Szemann. Come evento collaterale l’artista colloca sulla collina di Bellolampo a Palermo, occupata da una discarica di immondizia, la gigantesca scritta bianca Hollywood, identica a quella che domina Los Angeles. Ma non basta: per mostrare l’opera al pubblico della Biennale la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo organizza un volo da Venezia a Palermo con a bordo collezionisti, curatori e direttori di museo, dove l’artista, vestito da stewart, serve da bere. Le motivazioni che muovono l’artista sono legate alla tradizione della Land Art americana, senza dimenticare che a Gibellina (Trapani) c’è il Cretto di Alberto Burri (1984-1989), la più importante installazione di Land Art mai realizzata in Italia. L’opera rimane in situ solo pochi giorni, ma bastano per far nascere ipotesi leggendarie: Patrizia Sandretto racconta che un tassista di Palermo le aveva detto che Sylvester Stallone non poteva girare un film a Hollywood e quindi aveva ricostruito la scritta a Palermo(5). Ma il vero scandalo arriva nel 2004, quando Cattelan impicca tre manichini di bambini ai rami di una quercia in piazza XXIV Maggio a Milano, su commissione della Fondazione Trussardi.

L.O.V.E (2010); Milano, piazza Affari. L'opera è stata creata appositamente per piazza Affari a Milano nell'ambito della personale tenuta a Palazzo reale, Sala delle cariatidi (24 settembre - 24 ottobre 2010). Solo dopo la mostra, L.O.V.E. è stata donata al Comune di Milano.


Ave Maria (2007), veduta dell’installazione esposta alla Tate Modern di Londra per qualche anno.


All (2007), veduta dell’installazione alla mostra Maurizio Cattelan (Bregenz, Austria, Kunsthaus, 2 febbraio - 24 marzo 2008).

(4) M. Cashdan, Francesco Bonami on twenty years working with Maurizio Cattelan, in “Artsy Editorial”, 25 giugno 2013, https:// www.artsy.net/article/editorial- francesco-bonami-ontwenty- years-working-with

(5) P. Sandretto Re Rebaudengo, Al Guggenheim con il mio Cattelan, “Il Sole 24 Ore”, 6 novembre 2011.

(6) P. Berizzi, Bambini Impiccati. Arte Scandalosa. Bufera sull’opera di Cattelan, “La Repubblica”, 6 maggio 2004.

CATTELAN
CATTELAN
Ludovico Pratesi
Un dossier dedicato a Maurizio Cattelan. In sommario: Un artista per caso; Il fallimento come strategia; Lo zoo di Cattelan; La politica non è il mio mestiere; Autoritratto dell'artista (da bambino); Gran finale; La parola all'artista. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.