Grandi mostre. 6
Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato a Perugia

IL PITTORE
DELLE BELLE MADONNE

Se Perugino e Raffaello sono stati i suoi modelli prevalenti, il Sassoferrato non si limita a imitarne soggetti e stile. Al contrario, netta è la sua interpretazione personale - come ci illustra qui la curatrice (insieme a Vittorio Sgarbi) dell’esposizione al Complesso monumentale di San Pietro - nel confronto con le opere degli altri maestri del Rinascimento.

Cristina Galassi

«Il bianco nel Sassoferrato, quando è lui non è mai bianco puro, c’è sempre qualche goccia di giallo, di ocra. E lo stesso avviene per altre tonalità: guardandole bene al microscopio, esaminandone dei frammenti, delle scaglie, ci si accorge che i colori, anche rosso e azzurro, hanno mescolati degli altri colori in piccolissime dosi, il che conferisce all’insieme quella specie di patina dorata che non è una patina vera e propria, che non è un effetto atmosferico. E vi dico che questo è un segreto che lui ha imparato da Raffaello Sanzio»(1).

Ferdinand Gregorovius, visitando Perugia nel 1861, rimane colpito dalla ricchezza della basilica di San Pietro: «È ritenuta», scrive, «come la gemma più preziosa della città, ed è un vero museo della pittura umbra. Contiene splendidi quadri del Perugino, di Orazio Alfani, del Doni, dello Spagna e di altri maestri, e preziosissime copie delle opere del Perugino e di Raffaello, eseguite dal Sassoferrato»(2). La raccolta di dipinti di Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato, ancora oggi visibile a San Pietro, è la più ampia collezione esistente al mondo di opere dell’artista marchigiano. In queste opere Sassoferrato si presenta come l’erede di Perugino e Raffaello, di cui replica soggetti e stile.

Attorno a questi e ad altri capolavori la Fondazione per l’Istruzione agraria, proprietaria del complesso abbaziale, ha organizzato una suggestiva mostra che espone al pubblico quarantesei opere del pittore marchigiano (Sassoferrato 1609 - Roma 1685) e di altri maestri rinascimentali ai quali il Sassoferrato si ispirò. L’obiettivo è stato quello di ridare nuova luce a un artista che Adolfo Venturi aveva efficacemente definito «un quattrocentista smarrito nel Seicento»(3).


San Pietro, a Perugia, custodisce la più ampia collezione esistente al mondo di opere dell’artista marchigiano

Eccezionale il rientro dalla Francia dell’Immacolata concezione, oggi al Louvre, che fu portata a Parigi nel 1812 da Dominique Vivant Denon, allora direttore del Musée Napoléon (così era stato ribattezzato il Musée du Louvre) e da allora mai rientrata in Italia. È questa la prima volta che viene riunita alle altre sedici opere del Salvi presenti in San Pietro.

A Perugino e Raffaello Sassoferrato si ispira tanto nella purezza formale delle immagini, quanto nello stile pacato e seducente, adattissimo al coinvolgimento del pubblico. E tuttavia sarebbe sbagliato considerarlo come un mero imitatore e copista, perché, come ha osservato Federico Zeri(4), egli non si limita a copiare le opere degli artisti presi a modello ma aggiunge sempre la sua personale interpretazione. Tra i dipinti realizzati per San Pietro, particolarmente intensa e suggestiva è la Giuditta con la testa di Oloferne: un’opera che non è esagerato includere tra i capolavori del Seicento italiano. Strepitosa anche l’Annunciazione, opera di rara finezza esecutiva, che riprende fedelmente, nelle figure dell’angelo e della Vergine, lo scomparto sinistro della predella della Pala Oddi di Raffaello. Di notevole livello è anche la copia della Deposizione Baglioni dello stesso artista, datata 1639, presentata in mostra a confronto con altre due opere derivate dall’originale raffaellesco, una riferita a Orazio Alfani, l’altra del Cavalier d’Arpino, date in prestito dalla Galleria nazionale dell’Umbria. Bellissime anche le figure delle Sante Giustina, Caterina e Apollonia, quest’ultima messa a confronto con il prototipo realizzato da Timoteo Viti, ora nella Galleria nazionale delle Marche, un’altra Santa Apollonia, sempre del Salvi, che proviene da Macerata, e i Santi Mauro e Placido. Questi dipinti, insieme alla Maddalena, nella quale l’artista si misura con un capolavoro di identico soggetto di Domenico Tintoretto conservato nella Pinacoteca capitolina di Roma e anch’esso visibile in mostra, sono parte delle dieci telette con santi a mezzobusto commissionate nel Seicento per l’appartamento abbaziale, serie alla quale appartengono anche i Santi Benedetto, Barbara, Agnese e Scolastica.


Giuditta con la testa di Oloferne (1639 circa), Perugia, San Pietro.

San Mauro (1649), Perugia, San Pietro.


Pietro Perugino, San Mauro (1498), Perugia, San Pietro.

La Madonna del Giglio ripropone un’antica immagine devozionale realizzata ad affresco da Giovanni di Pietro detto lo Spagna e conservata in basilica dove fu portata, per volontà di papa Urbano VIII, nel 1643. L’opera, di cui si conoscono altre due versioni, anch’esse esposte in mostra e provenienti da Modena e Reggio Emilia, fu commissionata dall’abate del monastero Leone Pavoni, collezionista in quegli stessi anni anche di un dipinto di matrice naturalistica, l’intensa a Santa Francesca Romana con l’angelo, di Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, uno degli interpreti più fedeli di Caravaggio; quest’opera, che le antiche fonti monastiche assegnavano addirittura a Caravaggio, fu attribuita allo Spadarino da Roberto Longhi(5) che la volle alla mostra milanese su Caravaggio e sul caravaggismo(6) per documentare l’attività dello stretto seguace del maestro lombardo.

Fonte di ispirazione per Sassoferrato furono in San Pietro le cinque tavolette di Pietro Perugino facenti parte della predella del grandioso polittico un tempo sull’altare maggiore della basilica. Il polittico, malauguratamente smembrato già a fine Cinquecento, è oggi disperso in vari musei stranieri a seguito delle requisizioni napoleoniche che colpirono duramente il complesso benedettino. Al contrario le cinque tavolette, rimaste a Perugia, sono oggi conservate nella sagrestia della basilica ma per l’occasione sono godibili nel percorso espositivo accanto alle raffinate repliche di Sassoferrato.

In mostra si potrà ammirare anche un altro celebre dipinto di Pietro Perugino, il bellissimo Cristo in pietà, realizzato negli anni dell’estrema maturità dell’artista umbro per la chiesa di Sant’Agostino a Perugia. Conservato oggi in San Pietro, faceva parte in origine di un grande polittico anch’esso smembrato e in buona parte trasferito in Francia al tempo di Napoleone. La presenza di questo dipinto in San Pietro si deve al fatto che i monaci lo acquistarono nel 1816 quando l’opera fu riportata in Italia da Antonio Canova.


Sassoferrato a Roma era conosciuto come «pittore delle belle Madonne»


La consistente quantità di opere del Sassoferrato riunite a Perugia consente di apprezzarne, come scrisse Federico Zeri nel 1999: «Il colore vivissimo, un colore quasi neoquattrocentesco, un colore azzurro, soprattutto che fa pensare ai lapislazzuli di certe tavole del Beato Angelico»(7). Ma Sassoferrato a Roma era conosciuto come «pittore delle belle Madonne»(8). La Vergine è infatti protagonista di gran parte della produzione pittorica del maestro marchigiano ed è effigiata in numerose varianti iconografiche e tipologiche. La possibilità di confrontare in mostra una serie nutrita e variegata di Madonne, da quella della Galleria nazionale dell’Umbria, a quella della Galleria nazionale delle Marche, fino alle due versioni della Pinacoteca comunale di Cesena e della Fondazione Cavallini Sgarbi, proprietaria anche di una strepitosa Santa Caterina da Siena con Gesù Bambino, già del Cleveland Museum of Art (Cleveland), permette di entrare nello spirito della pittura del Salvi, «il Dolci della scuola marchigiana»(9), in cui devozione e qualità formale si fondono con magistrale armonia.


Madonna col Bambino (1630 circa), Urbino, Galleria nazionale delle Marche.

L’artista era molto apprezzato già alla fine del Settecento: Luigi Lanzi menzionava «presso i suoi eredi molte copie» fatte «per proprio studio», in particolare «dell’Albano, di Guido, del Barocci, di Raffaello, ridotte in picciole proporzioni, e lavorate, come suol dirsi col fiato»(10). Tali derivazioni non sono «copie fatte per ingannare», sono «versioni alla moderna, intenzionalmente alla moderna, di modelli nobili più antichi», «tutte perfettamente autografe»(11) che rivelano la capacità dell’artista di misurarsi con la tradizione ma al tempo stesso di rinnovarla.

Ciò emerge chiaramente dal confronto tra la seducente Maddalena di Tintoretto e la versione del Sassoferrato, dove le forme turgide e quasi sensuali del pittore veneto vengono riproposte con un linguaggio più asciutto e temperato.
Più consonanti con il temperamento del Sassoferrato sono comunque i modelli di Perugino e Raffaello. E tuttavia anche nei confronti di quei prototipi l’artista marchigiano opera una rivisitazione che si scopre assai meno citazionista e accademica di quanto certa letteratura, anche recente, ha voluto far credere, rivelando in tutte le sue creazioni una limpida e incorruttibile qualità formale.


Maddalena penitente (1649), Perugia, San Pietro.


Domenico Tintoretto, Maddalena penitente (ultimo decennio del XVI secolo), Roma, Pinacoteca capitolina.

(1) F. Zeri, Sassoferrato copista, San Severino Marche (Macerata) 1999, pp. 9-10.

(2) F. Gregorovius, Passeggiate per l’Italia (1861), versione dal tedesco di M. Corsi, Roma 1907, p. 141.

(3) A. Venturi, I Carracci e la loro scuola, s.l. 1895, p. 378.

(4) F. Zeri, op. cit., pp. 5-6.

(5) R. Longhi, Ultimi studi sul Caravaggio e la sua cerchia, in “Proporzioni”, 1, 1943, p. 52, nota 60.

(6) Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi, catalogo della mostra (Milano, Palazzo reale, aprilegiugno 1951), a cura di R. Longhi, scheda n. 93.

(7) F. Zeri, op. cit., p. 13.

(8) F. M. Galassi, Descrizione delle pitture di S. Pietro di Perugia chiesa de’ Monaci Neri di S. Benedetto, e di quanto si vede in essa di più singolare, con le notizie de’ loro autori, Perugia 1774, pp. 48-49; Id., Descrizione delle Pitture di San Pietro di Perugia chiesa de’ Monaci Neri di S. Benedetto della congregazione casinese e di quanto si vede in essa di più singolare, colle notizie de’ loro autori, Perugia 1792, pp. XLIII.

(9) L. Lanzi, Storia pittorica della Italia. Dal Risorgimento delle Belle Arti fin presso al fine del XVIII secolo, Bassano del Grappa (Vicenza) 1809, terza ed. riveduta e accresciuta a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 368.

(10) L. Lanzi, op. cit., p. 369.

(11) F. Zeri, op. cit., pp. 5-6.

Sassoferrato. Dal Louvre a San Pietro. La collezione riunita

a cura di Cristina Galassi e Vittorio Sgarbi
Perugia, Complesso di San Pietro - Galleria Tesori d’arte
fino al 1° ottobre
fino a fine maggio orario 10 -13/15-19
da giugno a ottobre 10-13/16-20, chiuso lunedì

catalogo Aguaplano
www.fondazioneagraria.it

ART E DOSSIER N. 344
ART E DOSSIER N. 344
GIUGNO 2017
In questo numero: MOSTRE PER L'ESTATE Hirst a Venezia, Indiana a Lugano, Documenta ad Atene, Giacomelli a Bergamo, Il colore a Rivoli e a Torino. Picasso a Parigi e a Napoli, Sassoferrato a Perugia, Il Colosseo a Roma. Bergamo celebra Baschenis. In ricordo di Kounellis. Direttore: Philippe Daverio