La pagina nera

SE LO STATO BUTTA VIA
FACCIO IO E COSí SIA

Il tesoro dei magazzini della storica fonderia veneziana di Emanuele Munaretti rischiava di andare perduto se non fosse stato acquistato da Guerrino Lovato, studioso d’arte e artigiano.
Ma c’è di più. La raccolta di gessi, sculture, calchi ha trovato dimora da gennaio scorso, per dieci anni, in un museo creato apposta a Cerea (Verona). E salta fuori un nuovo artista, Antonio Canova “il giovane”: era ignoto.

di Fabio Isman

Come nelle favole migliori, c’era una volta. A Venezia vicino alle Zattere, nel sestiere di Dorsoduro, dal 1882 al secondo dopoguerra, in calle Cortelogo dove era la fonderia Arquati, prospera quella di Emanuele Munaretti, talora evocato anche come «scultore Muner». Non era un’officina qualunque; quando il campanile di San Marco collassa, il 14 luglio 1902, è incaricata di restaurare i bronzi trovati tra le macerie: le campane, e quattro statue di Jacopo Sansovino (Minerva, Apollo, Mercurio, la Pace). E l’anno dopo fonde il monumento padovano dedicato a Giuseppe Mazzini, opera di Giovanni Rizzo. A «Muner» si rivolgevano pure buoni scultori. Lui nasce a Vicenza nel 1859; quando se ne va, la fonderia declina: si dedica al piccolo cabotaggio, ai ricordini per i turisti; fino agli anni Sessanta, la famiglia possedeva un negozio nelle Mercerie. Poi, però, a due riprese, l’intera area si trasforma in abitazioni: negli anni Settanta, e nel 1998. Quanto era nei magazzini, non lo vuole nessuno: mancavano i fondi per acquisirlo, e gli spazi dove conservarlo.

Secondo “c’era una volta”. A Venezia, all’ultimo piano del Museo Correr, da un ventennio circa è chiuso il Museo del Risorgimento; «era un po’ quello della scultura ottocentesca nella città», spiega Guerrino Lovato, studioso d’arte e artigiano, che ha ricostruito le sculture in bassorilievo e a tutto tondo del teatro La Fenice dopo l’incendio (1996) e realizzato le maschere per Eyes Wide Shut, l’ultimo film di Stanley Kubrick, del 1999. L’anno prima, i gessi e le forme rimaste nella fonderia le acquista lui, «per tre milioni di lire; mi sembrava un peccato che morissero: non le voleva nessuno. Si intravedevano da fuori, dalle finestre; si capiva che molto di quanto c’era, a Venezia, non esisteva più. In due mesi, ho portato via il più possibile».

Come tutte le favole, anche questa ha il lieto fine: il sindaco di Cerea, comune di quindicimila anime nel Veronese, delle opere raccolte da Lovato fa un museo (da gennaio 2017 nel complesso fieristico Area Exp); gli concede per dieci anni trecento metri quadrati; nella collezione, esposta con il titolo L’anima e il volto, ci sono cento opere colossali, medaglie e altro, sistemate da Sebastiano Marconcini. «Un bell’allestimento, con aree per i non vedenti, statue che si possono toccare; ci vanno le scolaresche e chi visita le fiere, che si svolgono accanto», continua Lovato. Racconta quanto ha scoperto, e ora espone, tra quei gessi. «All’inizio, sembravano tutti rilievi cimiteriali. E invece...». Le sculture di Sansovino erano deformate per il crollo del campanile di San Marco; c’è il pezzo di un cancello del Settecento, con il rilievo di un trofeo d’armi, di Antonio Gai, ma non è quello della Loggetta sansoviniana del campanile: chissà da dove viene; Munaretti deve aver restaurato anche l’orologio di piazza San Marco, quello con i due Mori che battono le ore: «Ci sono il calco di un leone del 1486, ed elementi della campana». Nel museo, perfino gli attrezzi da lavoro dello «scultore Muner», con trecento muffole: «Forme, ancora chiuse, che si ignora che calchi contengano; bisognerebbe aprirle e fonderle».


Guerrino Lovato al lavoro per ricostruire le sculture rifatte per il teatro La Fenice di Venezia distrutte dopo l’incendio del 1996.

Guerrino Lovato racconta: «All’inizio, sembravano tutti rilievi cimiteriali. E invece…»


«C’è un’anziana signora in marmo, di Pietro Canonica; lo scultore ha insegnato per vent’anni in Accademia a Venezia; ha lasciato al Cnr la sua casa: un palazzetto neorinascimentale, in fondo a riva degli Schiavoni; ma la città dei dogi non possiede nemmeno una sua scultura ». Una donna anonima è ritratta da Paolo Troubetzkoy, italiano, principe di origine russa, per il quale nel 1899 posa anche Lev Tolstoj. Ludovico Pogliaghi, suo il portale del duomo di Milano, fa una copia ridotta del monumento a Gattamelata, di Donatello a Padova. Il gesso di Giovanni Rizzo dell’Italia unita, il ricordo padovano di Mazzini, è alto tre metri; e la testa del patriota sessanta centimetri. E tanto altro: anche il calco della testa di san Todaro (o Teodoro) del I secolo, che è su una delle colonne (sull’altra, il Leone di san Marco), nella piazzetta veneziana tra Palazzo ducale e le Procuratie.


Maria Scola Camerini, Busto virile di San Giuseppe (inizio XX secolo), gesso, altezza 47 cm, particolare.

Un Busto virile di san Giuseppe della scultrice veneta Maria Scola Camerini (1854-1937); tre calchi di opere canoviane; la lastra tombale di un ignoto vescovo, e addirittura un mistero risolto. «Un giorno, salta fuori un Gruppo accademico in gesso con le figure di un dolente e un giacente, largo un metro e quaranta. È anche firmato Antonio Canova, e datato 1838. Peccato che lo scultore sia morto nel 1822. Non se ne veniva a capo: non era un calco, poiché nulla di analogo esiste nella sua produzione, non si capiva nulla». Studia la faccenda Lionello Puppi, celebre storico d’arte e già docente all’Università di Venezia; e dal nulla, riemerge Antonio Canova il Giovane. Nasce a Venezia il 5 aprile 1814, e vi muore il 25 aprile 1873; «figlio di Alvise e Tonei Angela, scultore, anni cinquantanove, domiciliato a Venezia e coniugato con Milani Luigia», spiega Puppi: lo racconta il suo atto estremo. E quello di battesimo esclude ogni parentela con il più noto omonimo. Ne sappiamo assai poco: ha quattro figli, di cui uno muore poco dopo la nascita, a San Marcuola; si separa da Luigia (chissà quando e perché); studia alla Scuola dell’ornato e di statuaria, «con Luigi Zandomeneghi, che nel 1838, gli fa copiare dal modello in gesso il Teseo in lotta con il centauro del Canova più celebre », continua Puppi; per tre bassorilievi, riceve premi per l’«invenzione», il «nudo aggruppato» e il «nudo semplice»: non sono più copie dell’antesignano (almeno nel nome), ma esercizi indipendenti, alla maniera di lui.

Puppi gli attribuisce una copia a rilievo della Danae di Correggio, ora ai musei di Berlino, assegnata al Canova “major”; e, d’accordo con Lovato che l’ha scoperta, una Madonnina nel palazzo alle Fondamenta nuove già del conte Emile Targhetta d’Audiffret. Lovato continua: «All’Istituto Veneto, c’è anche l’Autoritratto di Canova; ma è una copia eseguita da quello redivivo: a lungo, si è fatta confusione tra i due, come, del resto, era ovvio». Tutto questo, per anni, non interessava a nessuno; «e allora, ci ho pensato io», conclude Lovato. Insieme con il museo di Cerea, questo e il Canova omonimo ma “junior”, sottratto al dimenticatoio dei tempi, costituiscono il lieto fine della nostra favola.


Jacopo Sansovino, Mercurio (1537-1549), gesso, altezza 145 cm, calco della scultura dopo il crollo del campanile di San Marco nel 1902.

Un museo per la raccolta di Guerrino Lovato
Dal 14 gennaio per dieci anni la città di Cerea (Verona) ospita la collezione di oltre cento opere provenienti dalla fonderia Munaretti di Venezia e acquistate da Guerrino Lovato, a fine anni Novanta, in un’area espositiva di trecento metri quadrati all’interno del complesso fieristico Area Expo (nell’isolato compreso tra via Oberdan, via Battisti e via Libertà). L’anima e il volto, questo il titolo della collezione in mostra, è visitabile non solo in occasione di manifestazioni ma anche su prenotazione. Info: lafabbrica@areaexp. com, info@areaexp.com, telefono 0422-30902, www.areaexp.it

Paolo Troubetzkoy, Ritratto di anziana signora (firmato) (1890), gesso, altezza 35 cm.


Pietro Canonica, Busto di aristocratica con pelliccia a stola (prima del 1915), marmo di Carrara, altezza 70 cm.

ART E DOSSIER N. 344
ART E DOSSIER N. 344
GIUGNO 2017
In questo numero: MOSTRE PER L'ESTATE Hirst a Venezia, Indiana a Lugano, Documenta ad Atene, Giacomelli a Bergamo, Il colore a Rivoli e a Torino. Picasso a Parigi e a Napoli, Sassoferrato a Perugia, Il Colosseo a Roma. Bergamo celebra Baschenis. In ricordo di Kounellis. Direttore: Philippe Daverio