Grandi mostre. 4
L’emozione del colore a Torino

L’ARTE
DELL’ARCOBALENO

Centinaia di opere degli ultimi due secoli per un viaggio nelle molteplici maniere in cui gli artisti hanno usato il colore nel loro lavoro: dal simbolismo all’astrattismo, dalle indagini scientifiche alle teorie della percezione, una sinfonia collettiva fatta di toni, luci e linguaggi diversi.

Maurizia Tazartes

Il mondo è colorato. E l’arte lo riflette. Chi si occupa di arte antica sa bene quanto sia stato importante il colore nei secoli. Un cielo blu di Giotto, un nudo rosato di Tiziano, il blu di lapislazzuli usato per le Madonne, il colore tonale dei veneti, il colore-luce dei toscani hanno fatto scorrere fiumi di inchiostro. Il colore: strumento fondamentale per gli artisti, fonte di emozione per chi osserva. E nella modernità, che ruolo ha?

A cimentarsi sul tema - vasto, complesso e difficile - è una grande mostra aperta sino al 23 luglio a Torino in due sedi (Castello di Rivoli e GAM-Galleria civica d’arte moderna e contemporanea), L’emozione dei colori nell’arte: quattrocento opere realizzate da centotrenta artisti internazionali tra la metà dell’Ottocento e oggi, con l’intento di ripercorrere la storia dell’uso del colore nell’arte nel periodo considerato. Un approccio da diversi punti di vista, filosofico, biologico, antropologico e neuroscientifico. Al contrario di quello che è avvenuto nel secolo scorso, sostiene Carolyn Christov-Bakargiev, una delle curatrici, quando «sono state organizzate numerose mostre sull’argomento a partire dalle teorie della percezione divenute popolari negli anni Sessanta. Un approccio che discendeva da una nozione universalistica della percezione e da una sua pretesa valenza oggettiva, molto distante dalla consapevolezza odierna della complessità di significati racchiusa nel colore».

La mostra indaga sull’uso del colore nell’arte suggerendo significati che tendono a ridisegnare una nuova storia del colore e dell’arte astratta «attraverso una molteplicità di narrazioni intessute di memorie, spiritualità e suggestioni sinestetiche», continua la curatrice, in grado queste ultime di coinvolgere anche tutti gli altri sensi. Così, tra le prime novità, quella di aver individuato i precedenti dell’arte astratta occidentale nelle opere realizzate nel XVIII secolo dai seguaci dell’Hindu Tantra, un insieme di testi e di insegnamenti spirituali legati a tradizioni esoteriche indiane e in genere orientali.

La mostra indaga sull’uso del colore nell’arte suggerendo significati che tendono a ridisegnare una nuova storia del colore


Nel Settecento le indagini scientifiche sul colore di Isaac Newton e un secolo dopo le teorie di Johann Wolfgang Goethe, pur con le loro visioni opposte, hanno influenzato gli artisti. Per esempio, la fascinosa Alba, forse a Margate, di Turner (1840-1845), intrisa di luce, è ispirata alla Teoria dei colori del 1810 di Goethe, il cui pensiero è affidato ad alcune pagine del libro riprodotte nel catalogo della mostra insieme a scritti di Newton e Schopenhauer.


Edouard Manet, Il limone (1880), Parigi, Musée d’Orsay;

Tra scienza, filosofia, sociologia si snodano le opere esposte in un tripudio di tinte e forme, disparate nelle tematiche, nel linguaggio, nella concezione e negli intenti, unite dall’attenzione al colore, usato in modo diverso da ciascun artista. Una piccolissima tela di Manet, Il limone, giunta dal Musée d’Orsay, vede il frutto spiccare giallo e polposo su un fondo scuro. Con il suo colore intriso di luce, elemento fondamentale, attira il nostro sguardo elevando l’umile soggetto a valore assoluto. Dipinto nel 1880, era stato donato dalla moglie del pittore, morto a soli cinquantuno anni, all’amico giornalista e uomo politico Antonin Proust.

Sfilano le opere di artisti famosi. Munch, dopo il suo ricovero in una clinica di Copenaghen nel 1908- 1909, affida a un’inquieta cromia le sue condizioni psicologiche. Il ritratto dell’amica Ingeborg con le braccia dietro la schiena del 1912-1913 è costruito da linee inquiete di solo colore, pennellate fluide, dai forti contrasti, come in attesa di un’imminente tempesta.

Piet Mondrian, l’artista olandese inventore di un radicale astrattismo, affida al colore il ruolo dell’emancipazione della pittura dalle forme tradizionali. Autore di testi teorici sul rapporto tra realtà e astrazione (Realtà naturale e realtà astratta, 1919) esce dalle sue rigidità geometriche attraverso il colore, che riflette il suo percorso spirituale. Nella sua tela giovanile con Fila di undici pioppi in rosso, giallo, blu e verde, del 1908, alberi metafisici rosso fuoco si specchiano tremolanti in un lago contornato da un prato verde sotto un cielo blu.


Edvard Munch, Ingeborg con le mani dietro la schiena (1912-1913), Oslo, Munchmuseet.

Vasilij Kandinskij, uno dei primi maestri dell’astrattismo e fondatore del Blaue Reiter, nel 1911- 1912 pubblica Lo spirituale nell’arte e nel 1926 Punto, linea, superficie. Nei suoi scritti il colore, insieme alla forma, con la sua «forza psichica» ha il potere di fare «emozionare l’anima». È quello che succede con Impressione VI. Domenica, del 1911, una ridda di colori che potrebbero essere suoni. Stretto è infatti per l’artista il rapporto tra pittura e musica, come denotano i titoli delle sue opere: impressioni, composizioni, improvvisazioni.


Tra scienza, filosofia, sociologia si snodano le opere esposte, in un tripudio di tinte e forme


Seguono altri artisti, ciascuno con la sua opera fortemente cromatica, da Gabriele Münter a Marianne Verefkin, da Matisse a Kupka, da Klee a Balla a Russolo. E ancora Depero, Hans Richter. Quest’ultimo, artista molto interessante, entrato nel movimento Dada il 15 settembre 1916, lavora in quegli anni a una serie di undici ritratti fra i quali Anima locomotrice. Ritratto visionario, del 1916, in cui sperimenta un uso del colore più libero, precedente alla rielaborazione dell’occhio e ai consueti schemi compositivi.
Pinot Gallizio «archeologo, botanico, aromatario, chimico, partigiano delle Langhe», come si presentava nel 1958 nel catalogo della prima mostra alla Galleria Notizie di Torino, nel 1955 aveva creato ad Alba un “Laboratorio sperimentale per una Bauhaus immaginista”, dove elaborò un utilizzo di colori di origine vegetale. Nella sua “pittura industriale” la tela veniva cosparsa di colori ed esposta alle intemperie, e in seguito venduta un tanto al metro. Una rivoluzione e una sfida al mercato dell’arte. Tra le sue riflessioni intorno al concetto di materia-colore, ecco un suo appunto su un quaderno di schizzi: «Segni e dodecafonia dei colori. Colori profumati. Teoria calda dei colori equipollenti e atonali». Il risultato? Un esempio, l’intrigante Senza titolo, del 1958. Le storie del colore moderno sono tante, una per ogni artista. Curiosamente, tra i molti presenti, manca Seurat, uno che col colore ha avuto davvero molto a che fare.


Vasilij Kandinskij, Impressione VI. Domenica (1911), Monaco, Städtische Galerie im Lenbachhaus und Kunstbau München.

Hans Richter, Anima locomotrice. Ritratto visionario (1916), Lugano, Museo d’arte della Svizzera italiana.


Victor Vasarely, Vega 222 (1969-1970), Høvikodden (Norvegia), Henie Onstad Kunstsenter (in deposito).


Luigi Russolo, Profumo (1910), Rovereto, Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

L’emozione dei colori nell’arte

a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, Marcella Beccaria,
Elena Volpato ed Elif Kamisli
Rivoli, Castello di Rivoli Museo d’arte contemporanea
Torino, Gam-Galleria civica d’arte moderna e contemporanea
fino al 23 luglio
orari Gam 10-18, lunedì chiuso; Castello di Rivoli 10-17,
sabato e domenica 10-19, lunedì chiuso
www.gamtorino.it e www.castellodirivoli.org

ART E DOSSIER N. 344
ART E DOSSIER N. 344
GIUGNO 2017
In questo numero: MOSTRE PER L'ESTATE Hirst a Venezia, Indiana a Lugano, Documenta ad Atene, Giacomelli a Bergamo, Il colore a Rivoli e a Torino. Picasso a Parigi e a Napoli, Sassoferrato a Perugia, Il Colosseo a Roma. Bergamo celebra Baschenis. In ricordo di Kounellis. Direttore: Philippe Daverio