la riscoperta
in età moderna

La fama conseguita in vita da Evaristo Baschenis si dimostrò alla prova del tempo un fenomeno transitorio. Forse perché oscurata dalla massa imponente di imitatori e copisti, spesso di modesta qualità, forse perché la maggior parte delle sue tele era inaccessibile ai più, conservandosi nel chiuso delle dimore aristocratiche, il suo nome finì per essere dimenticato, condividendo la sorte di molti artisti dell’epoca barocca.

È

 un fatto che quando nel 1908 il direttore dei Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles, A. J. Wauters, scoprì la firma «EVARISTUS BASCHENIS F» sulla strepitosa Natura morta musicale donata da un collezionista come opera di anonimo olandese, dovette constatare che quel nome era pressoché sconosciuto alla letteratura storico-artistica (la stessa Accademia Carrara di Bergamo a quella data non possedeva alcuna tela del pittore). Con l’intervento di Wauters ha inizio, di fatto, la riscoperta moderna di Baschenis. Nel 1912 una serie di eventi contribuisce al suo definitivo rilancio critico e mercantile, in un momento storico, peraltro, di rinnovato apprezzamento per la natura morta, come testimoniano le coeve “still life” cubiste a soggetto musicale di Picasso e Braque. Michele Biancale pubblica sulla rivista “L’Arte” un corposo saggio sul pittore che è anche un primo tentativo di ricostruirne il catalogo distinguendo le opere autografe da quelle degli imitatori.


Natura morta di strumenti musicali con mela (1665 circa).

Natura morta di strumenti musicali (1670 circa), particolare; Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique.

Natura morta di strumenti musicali con tendaggio verde (1665 circa), Bergamo, Accademia Carrara.

Brera, promuove l’acquisto di tre tele di soggetto musicale: per il suo museo, per quello teatrale della Scala, per un amico collezionista. Negli stessi mesi lo storico dell’arte Corrado Ricci, impegnato nel riallestimento della Pinacoteca Carrara di Bergamo, ne acquisisce a sua volta due, entrambe di tema musicale. La consacrazione definitiva si deve tuttavia a Roberto Longhi, che nella sua ricognizione sulla cultura figurativa lombarda, culminata con la summenzionata mostra del 1953 su I pittori della realtà in Lombardia (Moroni, Cavagna, Ceresa, Cifrondi, Ceruti, Fra Galgario), riservò a Baschenis un posto di tutto rilievo, coniando per lui la celebre definizione di «ritrattista» di strumenti musicali che lo includeva a pieno titolo nella gloriosa tradizione della pittura di ritratto bergamasco-bresciana.
Nel catalogo della mostra milanese, che comprendeva ben undici, scelti dipinti, tutti di tema musicale con la sola eccezione del Ragazzo con canestra di pane e dolciumi, il celebre storico dell’arte individuava per primo nei dipinti di Caravaggio, quali il Suonatore di liuto di San Pietroburgo, l’Amor vincitore di Berlino (entrambi già a Roma in palazzo Giustiniani) e la Fiscella dell’Ambrosiana, i modelli normativi per il Prevarisco.
Baschenis «un sacerdote che aveva evidentemente molto tempo disponibile - colloca le sue “miscellanee” di oggetti al traguardo dell’immobilità, sotto la luce protratta dei pomeriggi estivi; e prima cosparge, poi ritoglie a ditate (per maggiore “inganno”), la polvere sui dorsi, e dai dorsi, dei famosi liuti cremonesi. […]

Nei momenti di malumore questi sembra prepararsi poco più che dei complicati “solitari” da cartomante disoccupato; mentre poi, improvvisamente, ai giorni buoni, ci dà capolavori come il silente dipinto della galleria di Bergamo, come quello di Bruxelles, da parer quasi un frammento marginale di qualche ignota tragedia sacra caravaggesca (l’angolo di un Martirio di Santa Cecilia accanto agli strumenti amati); o come il Ragazzo con cesta di dolciumi (coll. Suardi), dove diresti che, rivisitata la canestra del Caravaggio a Milano, il Baschenis si provi a rassomigliare a un Vermeer (e forse non gli riesce che uno Sweerts) sacrificatosi in provincia cattolica». Nei decenni successivi i contributi più importanti alla conoscenza dell’artista sono venuti da Charles Sterling, tra i più importanti studiosi della natura morta europea, Marco Rosci e Alberto Veca. Il secondo in particolare, con una ricerca protrattasi per quasi un ventennio (1971- 1985), applicando i metodi della teoria della Gestalt, ha chiarito i procedimenti operativi del pittore e le peculiarità del suo linguaggio compositivo, effettuato una significativa scrematura del catalogo e avviata una prima ricostruzione della figura e dell’opera di Bartolomeo Bettera, il più talentuoso tra i suoi seguaci. Nel contesto di una più ampia ricognizione sul genere della natura morta, Veca ha invece indagato gli aspetti iconografici e semiologici della pittura del maestro, offrendo suggestive chiavi di lettura, nuove interpretazioni e utili raffronti con i colleghi italiani ed europei. L’esito finale di questo recupero critico è stata la grande mostra monografica allestita nel 1996 all’Accademia Carrara di Bergamo, viatico per la consacrazione internazionale dell’artista, quattro anni più tardi, al Metropolitan Museum di New York, con la monografica The Music of Silence a cura di K. Christiansen e A. Bayer. L’esposizione bergamasca ha infatti consentito da un lato di risolvere molti problemi di carattere attributivo grazie al confronto tra originali, repliche e imitazioni, dall’altro di portare alla luce nuovi documenti relativi alla formazione del pittore, alle sue frequentazioni, ai suoi rapporti con la committenza.


Dopo la grande mostra antologica (1996) all’Accademia Carrara di Bergamo, una significativa selezione dei dipinti di Baschenis è stata presentata al Metropolitan Museum of Art di New York (The Still Lifes of Evaristo Baschenis. The Music of Silence, 2000), in un suggestivo dialogo con gli strumenti musicali antichi conservati nella prestigiosa collezione del museo americano.

BASCHENIS
BASCHENIS
Enrico De Pascale e Giorgio Ferraris
La presente pubblicazione è dedicata a Evaristo Baschenis (Bergamo 1617 - Bergamo 1677). In sommario: Il Prevarisco. Un pittore, sacerdote, musicista; Musica e società nell'epoca di Baschenis; Nell'atelier dell'artista; Baschenis nella critica del suo tempo; La cronologia delle opere. Ipotesi e indizi; La Maniera bergamasca; La riscoperta in età moderna. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.