la cronologia delle opere.
ipotesi e indizi

Stante l’assoluta mancanza di date sui dipinti e nei documenti, uno dei principali problemi per gli studiosi del pittore è tuttora quello della scansione cronologica delle opere e dell’evoluzione stilistica verificatasi nell’arco di circa trent’anni, dal 1643 al 1677.

M

arco Rosci ha avanzato la condivisibile ipotesi che le opere più precoci debbano considerarsi quelle con punto di vista rialzato, inquadrature ravvicinate e composizioni più semplici (indizi di una cultura arcaizzante) assegnando alla fase matura e tarda quelle con allestimenti più monumentali e complessi, inquadrature ampie, ritmi solenni e punto di vista ribassato.
In qualche caso un sicuro appiglio per la cronologia (oltre che una spia sul background culturale dell’artista e dei suoi committenti) è costituito dalla presenza in scena di edizioni coeve di romanzi, manuali, saggi, raccolte di poesie. Nella Natura morta musicale dell’Accademia Carrara di Bergamo, per esempio, è visibile in primissimo piano il Manuale de’ Giardinieri del padre francescano Agostino Mandirola stampato a Vicenza nel 1652, che costituisce un sicuro “terminus post quem” per la datazione dell’opera oltre che una conferma della passione dell’artista per il giardinaggio (nella sua dimora c’erano piante di aranci e gelsomino). Nella tela di collezione privata accanto ai volumi genericamente intitolati Platone e Plutarco ne figura uno con sul dorso la scritta «IL MERCURIO», identificabile con il saggio storico Il Mercurio overo Historia de’ correnti tempi di Vittorio Siri, edito a Casale nel 1644. Nella tela al Museo della Scala di Milano compare il romanzo avventuroso L’Isola overo successi favolosi del conte Maiolino Bisaccioni (Venezia 1648).
Nella Natura morta musicale del Barber Institute of Fine Art di Birmingham, sotto lo stipo fa capolino il romanzo La Rosalinda dello scrittore genovese Bernardo Morando, pubblicato a Piacenza nel 1650, che ai tempi conobbe una certa notorietà. La storia narra le peripezie di due giovani innamorati, Lealdo e Rosalinda (quest’ultima in possesso di eccezionali qualità di cantante e musicista) che dopo svariate disavventure decidono di voltare le spalle alla corrotta realtà mondana per ritirarsi nell’appartata quiete di un convento. Non è escluso che Baschenis (approdato anch’egli, come il Morando e i due protagonisti del romanzo, alla vita religiosa) abbia inteso tematizzare il contrasto tra la vita secolare e quella spirituale attribuendo agli strumenti in proscenio il compito di evocare la musica delle sfere, l’armonia eterna del mondo celeste.


Natura morta di strumenti musicali con tendaggio rosso-oro (1660 circa), particolare; Bergamo, Accademia Carrara.

Natura morta di strumenti musicali, (1665 circa); Birmingham, The Barber Institute of Fine Arts.


Frontespizio di Il Mercurio overo Historia de’ correnti tempi di Vittorio Siri, edito a Casale nel 1644. La presenza di libri nelle tele di Baschenis, oltre a rappresentare gli interessi culturali del committente, costituisce, talvolta, un utile punto di riferimento cronologico. Nel catalogo del pittore, che non ha mai datato una suo dipinto, la data di pubblicazione di un libro costituisce infatti un preziosissimo “terminus post quem”.


Frontespizio del Manuale de’ Giardinieri di Fra Agostino Mandirola.

Le Cucine.
Vita attiva e contemplativa
Considerati per molto tempo un prodotto di minore impegno creativo rispetto alle più nobili composizioni musicali, gli interni di cucina sono l’altra faccia della “medaglia” poetica di Baschenis. Marco Rosci per primo ha dimostrato che il metodo operativo del maestro bergamasco, finalizzato alla costruzione di architetture compositive di impeccabile rigore formale e prospettico, si adattava tanto agli strumenti da musica che alle cibarie e alle suppellettili da cucina. Negli esempi migliori, come la Natura morta con cesta di mele, meloni, pere e prugne riferibile alla metà degli anni Quaranta, la perspicuità con cui il pittore restituisce i dati ottico-visivi e i valori tattili della merce esposta, è figlia tanto della tradizione realistica lombarda (Moretto, Romanino, Moroni, Cavagna) quanto di quella caravaggesca assimilata al cospetto della Fiscella milanese. La scena è quella tipica della dispensa di cucina, con la frutta affastellata sulla mensa di pietra, sullo sfondo di un interno buio, senza notazioni di arredo. Un fascio di luce radente di rara potenza investigativa irrompe da sinistra sulla scena sfiorando i frutti, la cesta e il piatto di peltro, esaltandone le qualità plastiche e le caratteristiche materiali: dalla scorza rugosa del melone a quella liscia e “toccata” delle mele, dal calore della cesta di vimini alla buccia bluastra e semiopaca delle prugne. La violenza drammatica delle ombre, specie di quelle portate, trasfigura e quasi spiritualizza l’umile soggetto proiettandolo in una dimensione di metafisica immobilità, forse non priva di implicazioni moraleggianti. Il punto di vista ravvicinato e “rialzato” - quasi un unicum nella produzione del maestro --, chiama in causa, oltre alla Canestra del Merisi e ai “bodegones” iberici (Juan van der Hamen, Alexandro de Loarte) certo presenti nelle collezioni della Lombardia spagnola, le nature morte arcaizzanti di inizio Seicento, da Fede Galizia a Panfilo Nuvolone, che al tempo dominavano il mercato. La perduta tela già in Collezione Treccani di Milano raffigurante una complessa e ricca scena di mercato, con il cliente nell’atto di contrattare con l’ortolana, conferma la varietà dei riferimenti culturali (romani, fiamminghi e spagnoli) del pittore, specie dopo il documentato soggiorno a Roma (1650).
Assodato che alcune Cucine del Prevarisco furono concepite come pendant delle nature morte musicali, Alberto Veca ne ha indagato i significati in un’ottica nuova che ha restituito loro la dignità estetica perduta. In particolare lo studioso ha ipotizzato una sorta di complementarità tra le due tipologie individuando nella Composizione di strumenti il tema della vita contemplativa, dedita al ristoro spirituale tramite la pratica musicale che «eleva e nutre l’anima», e nella Cucina la vita attiva, dedita all’alimentazione e al ristoro del corpo. Un’ipotesi assai suggestiva, con radici in una solida tradizione iconografica, che lo studioso ha compendiato nel noto episodio evangelico di Cristo che visita la casa di Marta e Maria (celebre la versione di Velázquez, 1620 circa, National Gallery, Londra) in cui l’impegno di Marta (vita attiva) nel cucinare il pasto per l’illustre ospite è messo in contrapposizione con la concentrata attenzione di Maria in ascolto di Cristo (vita contemplativa).
Nella Natura morta di cucina con la piuma, autentico capolavoro del genere e noto in più versioni, le cibarie sono disposte su più livelli sfruttando sia la mensa di pietra fessurata posta parallelamente alla tela, sia i diversi recipienti: piatti metallici, taglieri cassette di legno, bacili di rame. Congelata in una dimensione di sospesa immobilità, la composizione è impaginata in una compatta «struttura a quadranti» (Rosci) e con una duplice scansione in altezza e in profondità, come in alcuni celebri “bodegones”. In primissimo piano il cadavere illividito di un tacchino spennato con le zampe e il becco sporgenti verso l’osservatore è attorniato da altro uccellame privo di vita, da un tagliere di pesci imperlati di sangue, cipolle, lumache, materie prime della cucina lombarda.
La luce violenta e radente che descrive le figure con «forte e quasi brutale immanenza naturalistica» (F. Frangi) trasforma la scena in un impressionante e drammatico teatro della crudeltà, il cui apice è rappresentato dalle zampe irrigidite del pollo implume al vertice della composizione. Un’analisi dell’opera come variante del tema della “Vanitas”, nel dialogo muto tra l’uccellame privo di vita e la piuma bianca in precario equilibrio sulla parete, simbolo di aleatorietà e caducità, è stata avanzata e approfondita in più riprese da Alberto Veca. Tra i dipinti più apprezzati e commentati del pittore il Ragazzo con canestra di pane e dolciumi è un fotogramma di eccezionale verità espressiva che celebra la bellezza della vita quotidiana, i suoi doni fragranti, i suoi umili protagonisti. Il dipinto presenta non uno ma due ritratti: quello vigile e lievemente preoccupato del giovinetto colto di tre quarti e con lo sguardo fisso sull’osservatore, quello della cesta di vimini, al centro della scena, ricolma di svariate fogge di pane e dolciumi, alcuni dei quali in precario equilibrio. Il ragazzo ha capelli lunghi fino alle spalle e un incarnato pallido che contrasta col buio dello sfondo. È una delle testimonianze più convincenti del Baschenis ritrattista, qui in evidente sintonia con il concittadino Carlo Ceresa sin nel trattamento degli abiti, modulati sulle varianti del grigio, impreziositi dal candore della camicia e dal rosso corallo delle finiture. Significative tangenze di ordine stilistico ed espressivo sono state recentemente individuate nel Piccolo mendicante con focaccia ripiena attribuito all’ancora misterioso Maestro della tela jeans. La cesta di vimini, inequivocabilmente lombarda, è superbamente rilevata e minutamente descritta dal fascio di luce che spiove dall’alto denotando da un lato la profonda investigazione compiuta da Baschenis sul prototipo caravaggesco della Pinacoteca ambrosiana, dall’altro la presa di distanza dai coevi modelli dei vari Nuvolone o Vincenzino (Vincenzo Volò).


Evaristo Baschenis e Salomon Adler, Natura morta di strumenti musicali (1670 circa); Milano, Accademia di belle arti di Brera.

Evaristo Baschenis e anonimo, Natura morta di cucina con figure (1670 circa); Milano, Accademia di belle arti di Brera.

Natura morta di polli spennati, anatra e frattaglie (1660 circa). Nelle Cucine, non meno che nelle nature morte musicali, la luce è protagonista assoluta, sia in termini costruttivi che sul piano squisitamente espressivo. Il lume di qualità caravaggesca che spiove dall’alto, non soltanto conferisce risalto plastico alle figure in proscenio, ma ne indaga con spietatezza le superfici, accentuando in modo impressionante le ombre e trasformando un semplice angolo di cucina in una scena drammatica e carica di pathos.

Cucina con rami e fantesca (1660 circa).


Natura morta di cucina con la piuma (1665 circa).


Ragazzo con canestra di pane e dolciumi (1660 circa).

«Al di là della superba condotta pittorica, basata ancora una volta sul rapporto non clamoroso, ma diretto ed esplicito, tra valori caldi e freddi, turba, nella sua sottigliezza da allegoria seicentesca calata in un reale “pensato” altrettanto che “visto”, da un lato la cosificazione integrale dell’umano […] dall’altro il fatto che il “caldo” è attribuito alla natura morta del cesto e il “freddo” al fanciullo vivo» (M. Rosci).

BASCHENIS
BASCHENIS
Enrico De Pascale e Giorgio Ferraris
La presente pubblicazione è dedicata a Evaristo Baschenis (Bergamo 1617 - Bergamo 1677). In sommario: Il Prevarisco. Un pittore, sacerdote, musicista; Musica e società nell'epoca di Baschenis; Nell'atelier dell'artista; Baschenis nella critica del suo tempo; La cronologia delle opere. Ipotesi e indizi; La Maniera bergamasca; La riscoperta in età moderna. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.