MUSICA E SOCIETà
NELL'EPOCA DI BASCHENIS

èstato calcolato che al tempo di Baschenis, in una qualunque corte della penisola italica, «l’anno comprendeva tra 100 e i 140 giorni di festività, ovvero si saltava un giorno su tre; ed erano feste di ogni specie che rendevano possibile una vera impronta della musica sulla sensibilità pubblica»(1). La musica poteva avere un consumo pubblico (una festività religiosa nazionale) o privato (la cosiddetta “musica reservata”). Gli eventi si collocavano nella vita ufficiale delle città (matrimoni reali, esequie, caroselli, anniversari), in quella privata delle famiglie, del collegio e dell’università e poi ovviamente nella vita religiosa. I concerti, nell’accezione moderna di ritrovo pubblico di persone paganti per ascoltare un evento musicale, nel XVII secolo non esistevano ancora. Per quanto concerne la musica profana l’indagine sulle corti italiane porta alle stesse conclusioni: ripercorrendo il secolo ci si rende conto del rilievo straordinario del mecenatismo musicale, in particolare nell’Italia del Nord, e di quanto questo abbia inciso anche sulla produzione pittorica. A Bergamo la vita musicale religiosa si svolgeva principalmente attorno alla basilica cittadina di Santa Maria Maggiore. «Qui operavano musicisti stipendiati, con punte massime di undici-dodici unità, e uno o due cori e si ingaggiavano “musici forestieri”»(2). Si praticava musica strumentale e si manteneva una dotazione fissa di strumenti: oltre agli organi, posti sui lati sinistro e destro dell’altare, vi era una grande disponibilità di ottoni e di cornetti. La crisi economica del 1617 costrinse a operare una riforma della Cappella musicale e all’istituzione della Nuova Academia del venerando consortio della Misericordia maggiore di Bergamo. Gli elementi fissi stipendiati furono anch’essi ridotti a non più di sette e gli strumentisti ingaggiati, particolarmente gli archi, furono decisamente di numero minore ricorrendo sistematicamente a elementi operanti in Bergamo. Venti giovanissimi chierici erano mantenuti per cinque anni agli studi di canto, contrappunto, organo, violino, trombone e cornetto e in cambio erano tenuti a cantare senza compenso ogni volta che si faceva musica secondo le disposizioni del maestro di cappella. Se in questo modo si contenevano le spese per varie festività religiose, non si lesinavano però soldi per quella dell’Assunzione: «la solennità è troppo sentita dai Reggenti e dalla città, per non essere celebrata con pieno rispetto della tradizione»(3).

Sul versante della musica “profana”, l’attività quotidianamente sviluppata all’interno delle dimore private e nei pubblici consessi, è testimoniata sia da dipinti di Baschenis come il Trittico Agliardi sia dalla programmazione di istituzioni prestigiose come l’Accademia degli Eccitati, di cui erano membri esponenti della nobiltà, del mondo religioso, delle arti in genere. Un opuscolo del conte Bonifacio Agliardi, tra i fondatori dell’Accademia, contenente un discorso letto ai soci, è significativamente intitolato Se alla coltura dell’animo siano più giovevoli le lettere, o la musica (1642).


Autoritratto con Ottavio Agliardi e strumenti musicali (1665 circa), tela laterale sinistra del Trittico Agliardi.

Alessandro e Bonifacio Agliardi con strumenti musicali (1665 circa), tela laterale destra del Trittico Agliardi.

L’interesse per l’intreccio di musica e poesia è testimoniato da una variegata produzione letteraria di genere retorico di cui è esempio l’opera Due sorelle. Musica & Poesia, concertate in arie musicali, parti due (1640) scritta dal poligrafo Giovanni Pasta, che fu organista presso la chiesa di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo (la stessa cui faceva riferimento il sacerdote Baschenis). Il conte Francesco Moroni, committente del Prevarisco, che nel suo sontuoso Palazzo di Porta Dipinta affrescato da Barbelli conservava diversi strumenti musicali - tra cui «una spinetta da suonare» e «un ordigno che suona per se in modo di spinetta » - fu il mecenate che promosse e finanziò il primo melodramma mai allestito in città, l’Ercole effeminato di Almerico Passarelli con musiche di Maurizio Cazzati, andato in scena nel Palazzo della Ragione cittadino nel 1654. Massimo capolavoro di Baschenis, il Trittico Agliardi è in qualche modo un unicum nella produzione del pittore combinando - con formula davvero inconsueta - il peculiare tema della natura morta musicale con quello del concerto.
Al tempo stesso le due tele laterali comprendenti l’autoritratto del pittore alla spinetta e i ritratti dei tre fratelli (Ottavio, Alessandro, Bonifacio) membri della nobile famiglia Agliardi, costituiscono un importante documento della storia del ritratto di gruppo in Italia nonché la concreta testimonianza del legame affettivo e intellettuale tra i personaggi effigiati. Databile al 1665 circa, il trittico celebra un ideale sposalizio tra le diverse arti allineando sui piani d’appoggio, con vivido realismo, non solo gli strumenti musicali (ben dodici), ma anche libri di poesia (tra cui la raccolta di Rime di Aurelio Orsi romano), letteratura e giurisprudenza (Alessandro Agliardi, laureatosi a Padova, era dottore collegiato in diritto civile e canonico). Musica e poesia, forme emblematiche della distinzione sociale e dell’intrattenimento colto nell’“otium” aristocratico, qualificano il significato autocelebrativo della scena in cui i protagonisti stanno per eseguire una sonata strumentale per liuto, mandola e basso continuo. Alessandro Agliardi imbraccia una pregiata chitarra di manifattura veneziana, mentre il magnifico violone capovolto nella prima tela è il medesimo del quadro di Baschenis al museo di Bruxelles. Nel dipinto di destra i due fratelli, che ostentano un’espressione un po’ impettita, indossano abiti elegantissimi rigorosamente neri con ampi colli di pizzo, camicie bianche dalle maniche larghissime e bottoni d’oro.


Natura morta di strumenti musicali (1665 circa), tela centrale del Trittico Agliardi.

1) F. Lesure, Musica e società, Milano 1966, p. 19.
2) M. Padoan, O. Tajetti, A. Colzani, Studi sul primo Seicento, Como 1983, p.35
3) Ivi, p. 175.

BASCHENIS
BASCHENIS
Enrico De Pascale e Giorgio Ferraris
La presente pubblicazione è dedicata a Evaristo Baschenis (Bergamo 1617 - Bergamo 1677). In sommario: Il Prevarisco. Un pittore, sacerdote, musicista; Musica e società nell'epoca di Baschenis; Nell'atelier dell'artista; Baschenis nella critica del suo tempo; La cronologia delle opere. Ipotesi e indizi; La Maniera bergamasca; La riscoperta in età moderna. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.