CATALOGHI E LIBRI

MAGGIO 2017

PASSIONI E ANATEMI

Octave Mirbeau (Trévières 1848 - Parigi 1917) fu scrittore raffinato, amico di artisti e critico d’arte, ardito fustigatore della pittura accademica, denigratore dei benpensanti. Finanziò Zola, quando l’amico scrittore difese Dreyfus col noto J’accuse nello scandaloso processo all’ufficiale ebreo. Mirbeau fu poi dimenticato, complice l’accusa infamante di nazionalista divulgata dalla vedova con un falso testamento. Dalla fine del secolo scorso è tornato in auge per i romanzi, fra i quali Diario di una cameriera (nel 1964 sceneggiato nel film di Buñuel) e da qualche anno anche per la sua difesa di artisti in un primo tempo bistrattati (come Puvis de Chavannes, Renoir, Degas, Monet e altri di cui fu anche amico) a fronte di nullità di cui oggi si rammenta appena il nome. In questo numero di “Art e Dossier” si è accennato a lui per l’amicizia con Claude Monet (pp. 48- 53), fin da quando il pittore, poi famosissimo, era stato criticato alla prima mostra degli impressionisti nel 1874; nel numero 326 (novembre 2015) abbiamo invece recensito Nel cielo (Skira, Milano-Ginevra 2015): visionario romanzo, ispirato in parte a Van Gogh e Cézanne, Dans le ciel uscì a puntate sull’“Echo de Paris” fra 1892 e 1893 ma fu ripubblicato in Francia solo nel 1989. Che Mirbeau sia stato implacabile giustiziere e critico della pseudo-cultura capitalista, ben si vede nei diciannove articoli pubblicati su “Le France” fra 1884 e 1885, qui nella traduzione di Massimo De Pascale dalla silloge uscita nel primo volume di Combats esthétiques (Parigi 1993). A proposito di un monumento a Watteau eretto nel 1884 a Valenciennes, città natale del già ammirato pittore rococò, Mirbeau consiglia piuttosto di volare al Louvre, per ammirarne la «poesia velata e languida che parla a bassa voce allo spirito incantato». Del giovane Monet, Mirbeau rammenta che veniva trattato «da emerito imbrattatele», e che per fortuna non si scoraggiò. Di Degas, ignorato allora dal grande pubblico, difende i dipinti rispetto «all’enorme bazar di mediocrità da quattro soldi» degli artisti più ammirati ai Salon. E rispetto ai Salon, esalta le mostre indipendenti dei pittori più innovativi. Il tempo gli ha dato ragione.

Octave Mirbeau Castelvecchi, Roma 2017 96 pp. € 12,50

CARAVAGGIO E MILANO

Da tempo Morandotti si occupa, fra gli altri temi, di natura morta lombarda. Esce ora sulla celebre Canestra di frutta di Caravaggio un suo bel saggio, arricchito da un’appendice di Paolo Plebani. Quest’ultima antologia testimonia la cospicua fortuna critica del dipinto in tempi moderni, a partire dagli studi su Caravaggio di Lionello Venturi (1910). Il dibattito verte su molti aspetti della splendida natura morta che raffigura una cesta con frutta di fine estate: una mela, due pere, una pesca, uva, fichi, su uno sfondo neutro. Dipinta a Roma, attorno al 1596, è «puro pezzo di bravura», o cela simboli legati a Federico Borromeo, che nel 1618, da arcivescovo di Milano, donò il dipinto alla neonata Accademia ambrosiana? Morandotti rintraccia, con molte prove, rilevanti precedenti nella pittura lombarda, in particolare in quella di Giovan Ambrogio Figino, la cui memoria il giovane Caravaggio dovette portar con sé a Roma.


Alessandro Morandotti Scalpendi, Milano 2017 81 pp., 13 ill. colore € 15

MANGIARE CON GLI OCCHI

Grafica tradizionale, e molta sostanza, nel bel libro sulle iconografie del cibo nell’arte, che si apprezza anche per la doviziosa messe di illustrazioni e l’aggiornata bibliografia finale. La curatrice, Mariella Carossino, è fra le più accreditate studiose di storia dell’alimentazione legata all’arte, in altre parole del rapporto, oggi di gran moda, fra arte e cibo. Non esiste periodo, nella storia dell’arte di tutti i tempi e paesi, che non ci abbia raccontato in qualche misura la storia del cibo e degli alimenti. A ben pensare già nella preistoria le immagini di caccia sono legate, almeno in parte, al tema della sopravvivenza e dunque a quello dell’alimentazione. Il libro ripercorre temi ricorrenti, ma diversamente rappresentati, a seconda dell’epoca e del contesto artistico, che comprendono in larga parte l’idea sensoriale, quasi gustativa, se si può dire, del cibo come seduzione: dunque gli alimenti, i riti del ben mangiare, la condivisione sacrale del cibo, i simboli e spesso, come si sa, le numerose metafore del cibo legate al senso, al potere, all’allegoria sacra. In questa sua fatica editoriale Carossino ha scelto la collaborazione di altri studiosi genovesi. Piero Boccardo si è occupato dei ritratti in cucina: ovvero di quella schiera di cuochi che in passato si è preoccupata del palato di aristocratici, dignitari e ricchi borghesi. E anche dell’occhio. Matteo Fochessati dedica il suo inedito saggio sul contemporaneo alla cultura alimentare intesa come azione e metafora. Farida Simonetti ripercorre le immagini delle apparecchiature, dal banchetto barocco al pranzo borghese. Ilaria Di Paolo ci introduce nel mondo della Bibbia, denso di citazioni sul cibo. “Last but not least”, naturalmente, Mariella Carossino, che esamina, nel corso di diversi capitoli, i temi legati al gusto e alla gola, ai mercati e alle botteghe, alle macellerie (non solo quella notissima raffigurata da Annibale Carracci). Un libro che non scrive la parola fine, ma dal quale non si potrà prescindere nell’occuparsi ancora di questi temi.


Mariella Carossino Sagep, Genova 2016 320 pp., 217 ill. colore € 60

art/tapes/22

Nel centro di Firenze, in via Ricasoli, al numero 22, c’è un palazzo che negli anni Settanta aveva una targa d’ottone oggi scomparsa. Si suonava il campanello un po’ sbilenco, e la porta si apriva sempre. Al piano terreno, in ampie stanze luminose, l ’intraprendente Maria Gloria Bicocchi aveva creato nel 1972 art/tapes/22, con un gruppo d’intellettuali e artisti suoi amici, provenienti da tutto il mondo, e con l ’affascinante marito, Giancarlo. Un giorno Gianni Melotti bussò alla porta di quel mondo fervido di idee, come lui stesso racconta in questo libro con le sue fotografie di quell ’appassionante avventura. Maria Gloria riferisce, nella prefazione, quanto la sua partecipazione in veste di “fotografo” diventò subito fondamentale: perché fu lui a testimoniare con i suoi fotogrammi, in gran parte in bianco e nero, l ’attività di art/tapes/22. Il libro rende noto finalmente anche in Italia ciò che all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, è stato oggetto di mostre e studi. Gli artisti di art/tapes/22 produssero i più innovativi esempi di videoarte, della quale nessuno (o quasi), nella Firenze allora solo in apparenza refrattaria al contemporaneo, sapeva cosa fosse. Giancarlo Bicocchi aveva disegnato gli arredi per l’archiviazione delle opere, per gli ingombranti macchinari da ripresa, il montaggio e postproduzione. Vi lavorarono, in vario modo, artisti come Chris Burden, Daniel Buren, Sandro Chia, Giuseppe Chiari, Douglas Davis, Terry Fox, Alvin Lucier, Urs Lüthi, Gérald Minkoff, Jean Otth, Nam June Paik, Charlemagne Palestine, Giulio Paolini, Arnulf Rainer, Bill Viola. Quasi tutti, all’epoca, tranne forse Nam June Paik, giovani e semisconosciuti. Quando l’attività terminava, non era raro che amici fiorentini e artisti si ritrovassero nell’appartamento dei Bicocchi al piano superiore, a discutere, parlare, lavorare ancora, in un’atmosfera underground irripetibile. Parte del prezioso archivio fotografico non a caso confluì nell ’Archivio storico delle arti contemporanee della Fondazione La Biennale di Venezia.


Gianni Melotti, a cura di Maurizio Marco Tozzi, prefazione di Maria Gloria Bicocchi Giunti, Firenze 2017 192 pp., 260 ill. colore e b.n. € 25

ART E DOSSIER N. 343
ART E DOSSIER N. 343
MAGGIO 2017
In questo numero: BIENNALE DI VENEZIA Tutto quel che c'è da vedere con un'intervista alla curatrice, Christine Macel. OTTOCENTO FELIX La Parigi domestica della borghesia. SAVE ITALY Bilancio di secoli di arte venduta. IN MOSTRA Mondrian all'Aja, Modigliani a Genova, Monet a Basilea, Boldini a Roma.Direttore: Philippe Daverio