CATALOGHI E LIBRI
MAGGIO 2017
CARAVAGGIO E MILANO
Da tempo Morandotti si occupa, fra gli altri temi, di natura morta lombarda. Esce ora sulla celebre Canestra di frutta di Caravaggio un suo bel saggio, arricchito da un’appendice di Paolo Plebani. Quest’ultima antologia testimonia la cospicua fortuna critica del dipinto in tempi moderni, a partire dagli studi su Caravaggio di Lionello Venturi (1910). Il dibattito verte su molti aspetti della splendida natura morta che raffigura una cesta con frutta di fine estate: una mela, due pere, una pesca, uva, fichi, su uno sfondo neutro. Dipinta a Roma, attorno al 1596, è «puro pezzo di bravura», o cela simboli legati a Federico Borromeo, che nel 1618, da arcivescovo di Milano, donò il dipinto alla neonata Accademia ambrosiana? Morandotti rintraccia, con molte prove, rilevanti precedenti nella pittura lombarda, in particolare in quella di Giovan Ambrogio Figino, la cui memoria il giovane Caravaggio dovette portar con sé a Roma.
MANGIARE CON GLI OCCHI
Grafica tradizionale, e molta sostanza, nel bel libro sulle iconografie del cibo nell’arte, che si apprezza anche per la doviziosa messe di illustrazioni e l’aggiornata bibliografia finale. La curatrice, Mariella Carossino, è fra le più accreditate studiose di storia dell’alimentazione legata all’arte, in altre parole del rapporto, oggi di gran moda, fra arte e cibo. Non esiste periodo, nella storia dell’arte di tutti i tempi e paesi, che non ci abbia raccontato in qualche misura la storia del cibo e degli alimenti. A ben pensare già nella preistoria le immagini di caccia sono legate, almeno in parte, al tema della sopravvivenza e dunque a quello dell’alimentazione. Il libro ripercorre temi ricorrenti, ma diversamente rappresentati, a seconda dell’epoca e del contesto artistico, che comprendono in larga parte l’idea sensoriale, quasi gustativa, se si può dire, del cibo come seduzione: dunque gli alimenti, i riti del ben mangiare, la condivisione sacrale del cibo, i simboli e spesso, come si sa, le numerose metafore del cibo legate al senso, al potere, all’allegoria sacra. In questa sua fatica editoriale Carossino ha scelto la collaborazione di altri studiosi genovesi. Piero Boccardo si è occupato dei ritratti in cucina: ovvero di quella schiera di cuochi che in passato si è preoccupata del palato di aristocratici, dignitari e ricchi borghesi. E anche dell’occhio. Matteo Fochessati dedica il suo inedito saggio sul contemporaneo alla cultura alimentare intesa come azione e metafora. Farida Simonetti ripercorre le immagini delle apparecchiature, dal banchetto barocco al pranzo borghese. Ilaria Di Paolo ci introduce nel mondo della Bibbia, denso di citazioni sul cibo. “Last but not least”, naturalmente, Mariella Carossino, che esamina, nel corso di diversi capitoli, i temi legati al gusto e alla gola, ai mercati e alle botteghe, alle macellerie (non solo quella notissima raffigurata da Annibale Carracci). Un libro che non scrive la parola fine, ma dal quale non si potrà prescindere nell’occuparsi ancora di questi temi.
art/tapes/22
Nel centro di Firenze, in via Ricasoli, al numero 22, c’è un palazzo che negli anni Settanta aveva una targa d’ottone oggi scomparsa. Si suonava il campanello un po’ sbilenco, e la porta si apriva sempre. Al piano terreno, in ampie stanze luminose, l ’intraprendente Maria Gloria Bicocchi aveva creato nel 1972 art/tapes/22, con un gruppo d’intellettuali e artisti suoi amici, provenienti da tutto il mondo, e con l ’affascinante marito, Giancarlo. Un giorno Gianni Melotti bussò alla porta di quel mondo fervido di idee, come lui stesso racconta in questo libro con le sue fotografie di quell ’appassionante avventura. Maria Gloria riferisce, nella prefazione, quanto la sua partecipazione in veste di “fotografo” diventò subito fondamentale: perché fu lui a testimoniare con i suoi fotogrammi, in gran parte in bianco e nero, l ’attività di art/tapes/22. Il libro rende noto finalmente anche in Italia ciò che all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, è stato oggetto di mostre e studi. Gli artisti di art/tapes/22 produssero i più innovativi esempi di videoarte, della quale nessuno (o quasi), nella Firenze allora solo in apparenza refrattaria al contemporaneo, sapeva cosa fosse. Giancarlo Bicocchi aveva disegnato gli arredi per l’archiviazione delle opere, per gli ingombranti macchinari da ripresa, il montaggio e postproduzione. Vi lavorarono, in vario modo, artisti come Chris Burden, Daniel Buren, Sandro Chia, Giuseppe Chiari, Douglas Davis, Terry Fox, Alvin Lucier, Urs Lüthi, Gérald Minkoff, Jean Otth, Nam June Paik, Charlemagne Palestine, Giulio Paolini, Arnulf Rainer, Bill Viola. Quasi tutti, all’epoca, tranne forse Nam June Paik, giovani e semisconosciuti. Quando l’attività terminava, non era raro che amici fiorentini e artisti si ritrovassero nell’appartamento dei Bicocchi al piano superiore, a discutere, parlare, lavorare ancora, in un’atmosfera underground irripetibile. Parte del prezioso archivio fotografico non a caso confluì nell ’Archivio storico delle arti contemporanee della Fondazione La Biennale di Venezia.
ART E DOSSIER N. 343
MAGGIO 2017
In questo numero: BIENNALE DI VENEZIA Tutto quel che c'è da vedere con un'intervista alla curatrice, Christine Macel. OTTOCENTO FELIX La Parigi domestica della borghesia. SAVE ITALY Bilancio di secoli di arte venduta. IN MOSTRA Mondrian all'Aja, Modigliani a Genova, Monet a Basilea, Boldini a Roma.Direttore: Philippe Daverio