Studi e riscoperte. 2
La figura di Eva nel Liber Scivias di Ildegarda di Bingen

LE VISIONI DELLA SIBILLADEL RENO

Tra le opere composte dalla religiosa tedesca Ildegarda di Bingen, fin da piccola protagonista di fenomeni visionari, c’è il Liber Scivias, manoscritto miniato di carattere mistico.
Sebbene l’originale si sia perduto, in una delle riproduzioni, qui illustrata, risalente al Novecento, troviamo una rappresentazione di Eva molto lontana dalla sua immagine tradizionale.

Sara Mastromatteo

Nel Liber Scivias (1141-1151), opera prima della trilogia mistica di santa Ildegarda di Bingen (1098-1179) - autrice anche di volumi scientifici, nominata dottore della Chiesa da papa Ratzinger - s’introduce l’idea del peccato originale come primigenia fonte di malattia e si analizzano le specifiche sue ripercussioni sulla salute umana. Considerando la malattia come uno squilibrio tra anima e corpo causata dalla cacciata dal paradiso, la Sibilla del Reno indica le vie da seguire per ripristinare quell’atavico stato di beatitudine: rettitudine morale in seno alla Chiesa e pratica delle virtù nelle sue opere mistiche, rimedi naturali e ricerca delle qualità nascoste degli elementi indicati nelle sue opere scientifiche. 

Al peccato e alla conseguente Caduta dei progenitori è dedicata la seconda visione della prima parte del testo. Nel Liber Scivias (da “sci vias”, conosci le vie), conservato nella Biblioteca di Stato di Wiesbaden, si sono perse le tracce nel 1945 alla fine della seconda guerra mondiale. Prima della perdita, il manoscritto venne sia fotografato (ne esistono due copie in bianco e nero), sia riprodotto a mano dalle monache dell’abbazia di Santa Ildegarda a Eibingen (dove sono custodite le riproduzioni fotografiche e la copia manoscritta). Nel testo perduto, dove a ogni descrizione delle visioni corrispondono una o più miniature, è presente una raffigurazione di Eva più unica che rara. L’ iconografia adottata rende subito evidenti le distanze prese dalla santa dalla concezione corrente concernente la prima nata. Abituati all’immagine di Eva come espressione della lussuria e del peccato, l’idea proposta risulta davvero innovativa così come la sua resa iconografica. La trasposizione per immagini della seconda visione della prima parte è compresa in un campo rettangolare di cui la porzione superiore è la raffigurazione del paradiso, ove gli angeli buoni ardono come stelle; i quattro elementi degli angoli ne confermano il luogo. Separato dal muro invalicabile con cui venne cinto il paradiso dopo la Cacciata, il settore inferiore illustra la Caduta dei progenitori nel pozzo dell’inferno, come scrive Ildegarda «largo quanto i vizi e profondo come la perdizione ». Adamo precipita. Ed Eva? Qui contemporaneamente creata, tentata e condannata, Eva è raffigurata come una nuvola colma di stelle, nascente dal costato di Adamo, già toccata dalle lingue del serpente Lucifero. 

Secondo la concezione ildegardiana la prima donna venne prescelta da Satana poiché ignara del male, ingenua, pura e innocente; se la tentazione avesse sopraffatto Adamo, il peccato sarebbe stato più grave poiché, in quanto uomo, più forte e consapevole. Se ciò fosse accaduto, le pene e la via verso la redenzione sarebbero state sicuramente maggiori.


Miniatura della copia manoscritta (1927-1933), seconda visione prima parte, c. 4 r, Eibingen, Biblioteca dell’abbazia di Santa Ildegarda, dell’originale Liber Scivias (1141-1151) di Ildegarda di Bingen, di cui si sono perse le tracce nel 1945.

Conseguente a questa idea è il completo ribaltamento della considerazione corrente della donna come “instrumentum diaboli”. Ricordando inoltre che Eva non nacque dal vile fango ma da carne già formata, la santa ne mise ulteriormente in rilievo la purezza. 

La sua funzione venne poi anche associata a quella di “Anima Mundi” poiché genitrice del genere umano, e a quella, più ovvia, di madre, funzione estesa anche alla cura del proprio marito. Se poi il colore verde prescelto per rappresentarla si caricasse del significato associatogli da Ildegarda, e non fosse casuale, sarebbe davvero un ulteriore accrescimento dell’importanza della figura femminile. Il verde ildegardiano è infatti allusivo alla “viriditas”, concetto legato alla linfa vitale, a ciò che germoglia e che produce i frutti; è il nutrimento della parola di Dio vivificatrice dell’umanità cui si fa cenno nel secondo libro dello Scivias

L’improbabilità dell’accidente casuale è avvalorata dal fatto che il codice si ritiene miniato sotto la diretta supervisione della santa che così niente lasciò al caso; si è addirittura proposto di vedere in Ildegarda stessa l’esecutrice dei prototipi delle miniature. Curiosamente, e forse da imputare proprio a un’esecuzione diretta dei prototipi o alla stretta collaborazione coi miniatori, la maggior parte delle figure del testo hanno sembianze femminili, quasi che Ildegarda stessa abbia preso a modello ciò che la circondava più da vicino, ovvero le consorelle. Comunque sia, dubbia rimane l’esecuzione definitiva nel monastero di Rupertsberg in cui risiedeva la santa. Generalmente considerato opera dello “scriptorium” dell’abbazia sopra citata, riteniamo poco convincente quest’ipotesi data l’assenza di citazioni in fonti coeve dell’esistenza qui di un laboratorio. Un manoscritto così ricco, difatti, doveva necessariamente uscire da un atelier importante e, di conseguenza, molto noto. L’ipotesi più verosimile è quella di un’esecuzione all’interno di un grande convento, ricco e vicino ai due monasteri fondati dalla santa(1) che così poteva direttamente collaborare con i miniaturisti. 

L’originalità di tale iconografia è dunque da imputare alla diretta collaborazione di Ildegarda. Tesi avvalorata anche dal confronto con le miniature dell’unica redazione miniata più antica pervenutaci del Liber Scivias, quello di Heidelberg(2). Ritenuto di esecuzione successiva alla morte della santa(3), presenta miniature molto distanti da quelle di Wiesbaden poiché spesso slegate dal testo o di difficile collegamento con questo. Per quel che concerne la tematica qui affrontata, si torna all’iconografia tradizionale di Eva e degli episodi legati alla Cacciata, nonché alla sequenzialità degli avvenimenti in luogo della simultaneità dei fatti che contraddistingueva lo Scivias di Wiesbaden. L’iconografia tradizionale del tempo infatti prevedeva una distinzione degli eventi tra loro in successione, ma soprattutto i progenitori comparivano già in forma umana. Peraltro la miniatura di Heidelberg, probabilmente prodotta nel monastero di Salem, non è altro che una copia di un’immagine presente negli Annales(4) conservati a Stoccarda. A ulteriore conferma della predilezione dei contemporanei teutonici per la tradizionale iconografia, ricordiamo gli esempi dall’Hortus Deliciarum di Herrad von Hohenbourg(5) e dalle Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio(6). Il pensiero innovativo si accompagna dunque a un’iconografia tutt’altro che usuale. A conferma della quasi assoluzione della progenitrice nella dinamica del peccato originale è d’altronde la sua totale assenza dalla miniatura della prima visione della seconda parte. Nella stessa tavola sono disposte immagini riferibili a Creazione, Caduta dell’uomo e Redenzione. Il primo nato compare in alto nell’atto di annusare il fiore bianco dell’obbedienza cui poi verrà meno; già investito dalle fiamme dell’inferno, Adamo precipita in assenza di Eva. 

Considerata la natura profetica dei testi, la visione della nuova Eva acquista maggior autorità in quanto i testi sono espressione diretta del pensiero di Dio. Le continue ammissioni d’ignoranza, conseguenza di un’educazione tradizionalmente riservata alle donne, se da un lato ammettono l’inferiorità della condizione femminile, dall’altro accrescono la veridicità del messaggio e la sua portata profetica. Come sarebbe stato possibile d’altronde far accettare ai contemporanei una competenza femminile così approfondita della questione teologica se non per mezzo di rivelazione divina? Schermo di una profondissima conoscenza in innumerevoli campi, l’ignoranza la rese libera nell’affermazione di un pensiero così incontrovertibile.


Un’altra miniatura della copia manoscritta (1927-1933) dell’originale Liber Scivias, prima visione prima parte, c. 41v, Eibingen, Biblioteca dell’abbazia di Santa Ildegarda.


Liber Scivias, Creazione, Caduta e Peccato originale, quarta visione prima parte (?), ms. Sal. X 16, c. 2r, Heidelberg, Biblioteca dell’Università. Presumibilmente il manoscritto è stato eseguito dopo la morte di Ildegarda di Bingen nel monastero di Salem tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo;


Annales, Creazione, Caduta e Peccato originale, cod. hist. fol. 415, c. 17 r, Stoccarda, Biblioteca di Stato del Württemberg. Manoscritto presumibilmente eseguito nel monastero di Zwiefalten attorno al 1162.

(1) Rupertsberg ed Eibingen.
(2) Heidelberg, Biblioteca dell’Università, ms. Sal. X 16.
(3) Generalmente collocato tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, la datazione è ancora campo di controversie.
(4) Stoccarda, Biblioteca di Stato di Württemberg, cod. Hist. 2°415.
(5) Strasburgo, Bibliothèque du Grand Séminaire. Copia dell’originale della seconda metà del XII secolo.
(6) Berlino, Biblioteca di Stato, ms Lat. fol. 226. Il manoscritto fu eseguito nel monastero Werden nella Ruhr nel 1159.

ART E DOSSIER N. 343
ART E DOSSIER N. 343
MAGGIO 2017
In questo numero: BIENNALE DI VENEZIA Tutto quel che c'è da vedere con un'intervista alla curatrice, Christine Macel. OTTOCENTO FELIX La Parigi domestica della borghesia. SAVE ITALY Bilancio di secoli di arte venduta. IN MOSTRA Mondrian all'Aja, Modigliani a Genova, Monet a Basilea, Boldini a Roma.Direttore: Philippe Daverio