Studi e riscoperte. 1
La vocazione narrativa nell’Ottocento parigino

LA QUIETEPRIMA DELLE
AVANGUARDIE

Nell’Ottocento Parigi, città simbolo del fermento culturale dell’epoca, richiama pittori –anche italiani – a raccontare la vita di tutti i giorni. Vita che sarebbe stata messa a dura prova dagli stravolgimenti politici e sociali del Novecento.
Secolo di tragedie, invenzioni e radicali cambiamenti nell’arte.

Cristina Beltrami



Dell’Ottocento francese si conoscono i protagonisti della storia, le convenzioni sociali, le dinamiche del quotidiano, la vita nei caffè e nei salotti, l’avvento del can-can, la scelta licenziosa di Nanà, la noia che attanaglia Emma Bovary, l’arrivismo di Georges Duroy, personaggio principale di Bel Ami… Una conoscenza capillare che si deve sia a una straordinaria fioritura del romanzo che alla vocazione narrativa della pittura. A Parigi, città paradigmatica delle dinamiche europee poiché, come scrive Victor Hugo, è «centro stesso dell’umanità», la borghesia, in inarrestabile ascesa, ama riconoscersi in una pittura che registra fedelmente ogni aspetto della vita. 

Tutta una generazione di artisti, formati al rigore della pittura accademica, si trova ora a confrontarsi con soggetti del quotidiano, distanti dall’esemplarità della storia o della mitologia. Charles-Léon Vinit (1806-1862), allievo dell’Ecole des Beaux-Arts, ritrae i suoi stessi maestri immersi in una luce primaverile nel cortile della scuola. Si riconosce un ormai anziano Ingres, storico direttore dell’istituzione, accanto a Félix Duban, progettista dell’edificio. Paul Delaroche è ritratto poco distante dallo scultore David d’Angers la cui lunga barba testimonia la sua fede repubblicana. 

Bazzica le stesse aule anche Jacques-Joseph, detto James, Tissot (1836-1902) che, celebre per i suoi bouquet - straordinari al punto che le signore parigine seguono i suoi corsi di pittura proprio per apprendere come sistemare i fiori nel vaso -, diventa il cronista di una scintillante vita mondana tra Parigi e Londra. 


La borghesia, in inarrestabile ascesa,
ama riconoscersi in una pittura
che registra ogni aspetto della vita


Tissot frequenta gli impressionisti, apprende da loro a rompere gli schemi compositivi ma alla pittura di tocco preferisce il disegno. Sono infatti puntualmente descritti gli undici giovanotti ritratti sotto il porticato dell’Hôtel de Coislin, in Il Circolo di rue Royale, un club maschile fondato nel 1852. Ogni soggetto pagò mille franchi per essere presente nel dipinto che fu infine tirato a sorte e assegnato al barone Rodolphe Hottinguer, appoggiato alla balaustra alla sinistra del sofà. Tissot, con grande attenzione all’abbigliamento, immortala quell’élite parigina destinata a decidere le sorti politiche e culturali della città. Ogni giovane risponde a un nome e a una reputazione: mollemente disteso sulla poltrona di destra è il principe Edmond-Melchior de Polignac, compositore e cofondatore del Cercle de l’Union artistique mentre, addossato alla colonna, si riconosce il marchese Gaston de Galliffet che nel 1871 sarebbe diventato uno dei maggiori oppositori della Comune di Parigi. Charles Haas, in piedi sulla porta, è un giovane affascinante e mondano che, anni più tardi, avrebbe ispirato il personaggio di Swann nella Ricerca del tempo perduto di Proust. Nessuno però sta interagendo con gli altri, sono immortalati in un tempo sospeso di silenzio e riflessione. Sullo sfondo si riconosce il Palais de l’Industrie) che aveva accolto l’Esposizione universale del 1867 a celebrare la fede nel progresso e nella scienza. Le nuove strumentazioni trovano applicazione anche nella medicina, così Jean-Martin Charcot, neurologo francese, mette a punto una strumentazione per l’elettroterapia. L’Ottocento è il secolo in cui la psicologia si allontana dalla speculazione filosofica e diviene una disciplina che adotta il metodo sperimentale e André Brouillet (1857- 1914) racconta degli esperimenti di Charcot sull’isteria in uno dei più celebri dipinti di storia della medicina: Una lezione a La Salpêtrière. Dopo un attento studio individuale Brouillet compone una scena più che credibile, nella quale ogni medico è ritratto, pressoché a dimensioni reali, durante la dimostrazione della terapia su una donna afflitta da disturbi nervosi.


Charles-Léon Vinit, La seconda corte dell’Ecole des Beaux-Arts nel 1850 (1850), Parigi, Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts.


James Tissot, Il Circolo di rue Royal (1868), Parigi, Musée d’Orsay.

Il progresso è tema nevralgico; la rivoluzione industriale si riflette inevitabilmente in un profondo mutamento sociale e culturale. Nasce il capitalismo e l’impresa familiare cede il passo alla grande azienda con ramificazioni internazionali e quotazioni in borsa. Il frenetico mondo degli affari, che dalla metà del secolo si ritrovava nell’imponente edificio di Palais Brongniart, affascina Degas che ritrae Ernest May, banchiere e collezionista, nel pieno della sua attività imprenditoriale. In Ritratti alla Borsa il volto del protagonista è l’unico riconoscibile in una situazione concitata, in cui le trattative vanno veloci quanto la pennellata che sfuma alcune porzioni del dipinto e alza il punto di vista in una prospettiva vertiginosamente innaturale. La scena lascia intendere il giudizio dell’artista verso un mondo di speculatori che avevano causato anche la rovina del padre dell’artista, anch’egli banchiere.


André Brouillet, Una lezione a La Salpêtrière (1887), Parigi, Université Paris Descartes.


Edgar Degas, Ritratti alla Borsa (1878-1879), Parigi, Musée d’Orsay.

Foglie gialle cadute a terra
e luce fredda dell’autunno
alle porte


Nel 1863 Charles Baudelaire pubblica Il pittore della vita moderna, una raccolta di pensieri sull’opera di Constantin Guys, nel quale elogia la capacità di narrare con naturalezza «gli avvenimenti dello sport, delle corse, delle cacce, delle passeggiate nei boschi, delle “ladies” orgogliose e delle fragili “misses” che conducono con mano sicura corsieri dalle linee prodigiosamente pure». Quelle stesse signore che frequentano la pasticceria Gloppe, situata al numero 6 degli Champs-Elysées, e che Jean-Georges Béraud (1849- 1935) immortala in ogni loro gesto e “mise”. Il piccolo olio restituisce con vivacità fotografica l’ambiente svagato del locale, decorato a tinte lievi, in cui gli avventori sono immersi in una luce soffusa di quotidiana gaiezza. Le preoccupazioni sono lontane e persino il bambino indisciplinato arrampicato al bancone non sembra rappresentare un problema. 

È la stessa Parigi vissuta da “les Italiens”, artisti come Vittorio Corcos (1859-1933) che nel 1892 mostra due istitutrici assorte in chiacchierare, plausibilmente private, al punto da ignorare la bambina che hanno il compito di sorvegliare e che gioca con la sabbia ai loro piedi. Sembrano incuranti anche delle foglie gialle cadute a terra e della luce fredda dell’autunno alle porte, metafora di una società che alla fine dell’Ottocento è ancora ignara degli eventi che l’avrebbero stravolta, frantumando l’assetto sociale, i confini degli imperi e, inevitabilmente, le figure sulla tela.


Jean-Georges Béraud, La pasticceria Gloppe sugli Champs-Elysées (1889), Parigi, Musée Carnavalet.


Vittorio Corcos, Conversazione al Jardin du Luxembourg (1892).

ART E DOSSIER N. 343
ART E DOSSIER N. 343
MAGGIO 2017
In questo numero: BIENNALE DI VENEZIA Tutto quel che c'è da vedere con un'intervista alla curatrice, Christine Macel. OTTOCENTO FELIX La Parigi domestica della borghesia. SAVE ITALY Bilancio di secoli di arte venduta. IN MOSTRA Mondrian all'Aja, Modigliani a Genova, Monet a Basilea, Boldini a Roma.Direttore: Philippe Daverio