viva arte viva

Intervista a Christine Macel, curatrice della 57.
Esposizione internazionale d’arte,

Ludovico Pratesi

La 57. Esposizione internazionale d’arte, diretta da Christine Macel, capo curatrice del Centre Pompidou di Parigi, si intitola Viva arte viva ed è divisa in nove “trans-padiglioni”, secondo un itinerario espositivo e narrativo che comincia ai Giardini (Padiglioni degli artisti e dei libri e quello delle gioie e delle paure) per proseguire all’Arsenale. 


Nella definizione del progetto curatoriale è partita dagli artisti o dai padiglioni? 

Sono partita dagli artisti, che ho poi riunito nei diversi padiglioni. Davanti alle loro opere ho cominciato a immaginare come organizzare il percorso. 


Tra i centoventi artisti invitati ce ne sono alcuni scomparsi, altri “mid-career” e molti giovani, che rientrano nel progetto di questa Biennale, che prende le mosse dalla figura dell’artista come umanista. I titoli dei capitoli le sono stati suggeriti dalle opere stesse? 

Il lavoro del curatore è la definizione di un progetto che integra le opere in un dialogo tra di loro, rivolto al pubblico. Questo aspetto è molto importante per una Biennale: il mio scopo è quello di creare un concetto per ogni artista, in modo da sviluppare un discorso unico basato su un dialogo dinamico e consapevole tra le opere, simile a un cubo di Rubik mentale. 


Come ha immaginato questi padiglioni? 

Ognuno è un universo, un mondo a sé, ma questi diversi mondi sono permeabili. È il caso di Anna Halprin, che è presente nel Padiglione degli artisti ma avrebbe benissimo potuto essere in quello degli sciamani per la natura del lavoro presentato in Biennale, che le è stato suggerito appunto da uno sciamano. Ho pensato molto alla creazione dei legami tra le opere che nel loro insieme costruiscono una narrazione continua. 


Ha pensato a dei possibili referenti intellettuali per i padiglioni? 

Sicuramente un possibile referente per lo sciamanesimo è Harald Szeemann, che ho conosciuto e apprezzato come curatore, anche se il tema mi è stato suggerito dalle opere degli artisti. Inoltre mi interessa in particolare la posizione di Joseph Beuys: Duchamp diceva che il silenzio di Beuys era stato sovrastimato ma credo che in questo caso avesse torto. Nel confronto tra Warhol e Beuys ritengo che sia venuto il momento di riscoprire la posizione di Beuys attraverso le opere degli artisti, in un’epoca di consumismo tale che agli artisti non rimane che rifugiarsi nello sciamanesimo. 


Non c’è un padiglione dedicato alla politica. Perché? 

Per me la politica è dappertutto. Concepisco il mio mestiere come un’azione politica e credo che oggi anche la posizione dell’artista sia politica sul piano sociale, basato sulla relazione tra lavoro e denaro che sfugge ai meccanismi della produzione. Ci sono dei progetti specificamente politici come il lavoro di Olafur Eliasson con i migranti, fondato sulla responsabilità sociale dell’artista. Del resto ho invitato un uomo politico nel senso stretto del termine, il premier albanese Edi Rama, qui presente come artista. 


Nella scelta degli artisti ha considerato le loro aree geografiche di provenienza? 

Ci sono zone del mondo che conosco meglio, anche perché in sei mesi - il tempo che ho avuto per lavorare a questo progetto - non pretendo di conoscere il mondo intero. Oltre all’Europa dell’Est, mi sono concentrata sul Medio Oriente, l’Asia (soprattutto Cina e Giappone) e il Sud America, che era stato un po’ ignorato nelle ultime Biennali. Sono meno a mio agio sul continente af r icano, che Okwui Enwezor, curatore dell’edizione precedente, conosceva invece molto bene. 


A questo proposito, nella definizione della sua Biennale ha tenuto conto delle edizioni precedenti? 

Direi di no. Dovevo fare un progetto sul presente e non sul passato. Quando sono arrivata qui a Venezia, dopo la nomina, sono andata in archivio e ho cominciato a guardare i cataloghi delle ultime Biennali, ma poi mi sono detta che non aveva senso. Come storica dell’arte mi interessa il passato, ma nella struttura di una Biennale devo restare nel presente. 


Ha invitato cinque artisti italiani: Salvatore Arancio, Michele Ciacciofera, Riccardo Guarneri, Giorgio Griffa e Maria Lai. Come li ha scelti? 

Sono sei se si considera Irma Blank, che è tedesca ma vive a Milano da vent’anni. Conosco molti artisti italiani ma ho deciso di invitare figure poco note o dimenticate come Maria Lai, Giorgio Griffa o Riccardo Guarneri, mentre Salvatore Arancio è una figura interessante ma un po’ defilata, che vive a Londra e non è stato molto visto in Italia. Mi interesso soprattutto delle personalità singole, perché credo che non saremo salvati da nuove ideologie collettive. Sono le persone singole che possono cambiare il mondo. 


Ha avuto consiglieri o suggeritori per il progetto? 

No. 


Lei viene dal mondo dei musei, che è diverso rispetto a quello della critica militante. Come si è trovata in questo ruolo? 

Ho sempre avuto una doppia vita, fin dai miei esordi. Ricordo di essere venuta a visitare la Biennale di Jean Clair nel 1995, e l’anno successivo ho curato la mia prima mostra come “free lance”: era in Slovenia alla Triennale di Maribor, dedicata quell’anno ad Arte e ambiente. Ho scritto d’arte su riviste come “Artpress” o “Artforum”, e questa attività ha sempre accompagnato il mio lavoro istituzionale. 


Con che spirito ha affrontato questa nuova sfida? 

Con una nuova apertura. È stata una sfida importante perché mi ha dato la possibilità di allargare lo sguardo al di là dei confini istituzionali legati al mio lavoro nei musei.


«Il mio scopo è quello di creare un concetto per ogni artista in modo da sviluppare un discorso unico basato su un dialogo dinamico e consapevole tra le opere»



Olafur Eliasson, Green light - An artistic workshop, veduta dell’installazione al TBA21 - Augarten - Thyssen-Bornemisza Art Contemporary di Vienna (12 marzo - 29 luglio 2016);


Maria Lai, Autism (2013);


Rachel Rose, Lake Valley (2016), frame da video.

57. Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia

Viva arte viva
13 maggio - 26 novembre
Venezia, Padiglione centrale ai Giardini della Biennale
Partecipazioni nazionali:
Giardini della Biennale, Arsenale, sedi varie nella città di Venezia
orario 10-18; Arsenale 10-20 venerdì e sabato fino al 26 settembre
chiuso il lunedì (escluso 11 maggio, 1° giugno e 16 novembre)
info e prenotazioni 041-5218828
Catalogo La Biennale di Venezia
www.labiennale.org

ALTRE MOSTRE A VENEZIA

Nei mesi della Biennale Arte 2017, sono moltissime le mostre importanti, alcune inserite nel l’elenco degli eventi collaterali della Biennale. Tra queste ultime, Jan Fabre Glass and Bone Sculptures 1977-2017 (13 maggio - 26 novembre), a cura di Giacinto di Pietrantonio, Katerina Koskina e Dimitri Ozerkov, nell’abbazia di San Gregorio, con opere in vetro e ossa realizzate dall’artista belga nell’arco di tutta la sua carriera: una riflessione incentrata sulla loro matericità, reale e metaforica, e sulla loro capacità di metamorfosi. 

Philip Guston and the Poets alle Gallerie dell’Accademia (10 maggio - 3 settembre), a cura di Kosme de Barañano, mette a confronto dipinti e disegni dell’artista americano con le sue fonti letterarie. 

Del circuito MuVe, da non perdere a Palazzo ducale, Jheronimus Bosch: cinquanta opere a confronto con i tre capolavori veneziani del maestro fiammingo da poco restaurati (fino al 4 giugno). 

Al Museo Correr sono diversi gli appuntamenti in quest i mesi : Da Poussin a Cézanne. Capolavori del disegno francese dalla Collezione Prat (fino al 4 giugno), a cura di Pierre Rosenberg, con una raccolta di disegni da un’importante collezione privata francese; Shirin Neshat, The Home of my eyes (13 maggio - 24 novembre), che presenta un ciclo di ritratti fotografici realizzati nel 2015 dall’artista iraniana; Roger de Montebello. Ritratti di Venezia e altri ritratti (13 maggio - 10 settembre) a cura di Jean Clair, con vedute veneziane al limite tra astrazione e figurazione. 

Al Museo Fortuny torna un altro affascinante episodio della serie di mostre curata da Axel Vervoordt, Intuition (13 maggio - 24 novembre), sul tema della rivelazione, sogno, estasi mistica e sciamanesimo, con opere dal romanticismo all’astrattismo, dal cubismo al surrealismo fino a Gutai, Zero, spazialismo e gli sviluppi dagli anni Sessanta a oggi. 

A Ca’ Pesaro, la grande retrospettiva William Merritt Chase. Un pittore tra New York e Venezia (fino al 28 maggio) lascerà il posto, per MuVe Contemporaneo, a David Hockney. Ottantadue ritratti e una natura morta (24 giugno - 22 ottobre), opere realizzate tra il 2013 e il 2016. 

Ca’ Rezzonico presenta un progetto site-specific di Marzia Migliora (13 maggio - 24 settembre), a cura di Beatrice Merz, in dialogo con alcune opere della collezione permanente del palazzo. 

Il Museo del vetro ospita Gaetano Pesce. Cinque tecniche col vetro (13 maggio - 17 settembre) insieme a Dino Martens, pittore e designer, dedicata a uno fra i maestri dell’arte vetraria della prima metà del Novecento. 

Il Museo di palazzo Mocenigo propone Cabinet Of Curiosities. La Collezione Drom, una raccolta di flaconi di profumi tra Sette e Novecento (fino al 1° ottobre), e Transformation. Sei artisti svedesi (13 maggio - 1° ottobre) con opere di orafi dei nostri giorni nei nuovi spazi dedicati alle mostre temporanee. 

Al Museo del merletto sono esposte le opere di merletto a fuselli di Maria Bissacco, trasformati in espressione artistica (13 maggio - 7 gennaio). 

Sono due le mostre alla Collezione Peggy Guggenheim: Rita Kernn-Larsen. Dipinti surrealisti, con le opere del periodo surrealista della pittrice danese che espose alla Guggenheim Jeune a Londra nel 1938 (fino al 26 giugno); dal 6 maggio al 10 settembre la retrospettiva Mark Tobey. Luce filante, con dipinti che spaziano dagli anni Venti fino agli anni Settanta. 

A Palazzo Grassi e Punta della Dogana, in due sedi, c’è Damien Hirst. Treasures of the Wreck of the Unbelievable, lavoro durato dieci anni a cura di Elena Geuna (fino al 3 dicembre). 

Alla Fondazione Prada, nella sede di Ca’ Corner della Regina, The Boat is Leaking. The Captain Lied, a cura di Udo Kittelman, presenta, in un progetto collettivo, le produzioni di Alexander Kluge, Thomas Demand, Anna Viebrock (13 maggio - 26 novembre). 

Fra gli eventi proposti dalla Fondazione Cini, continua fino al 24 luglio (www.cini.it) a palazzo Cini Vik Muñiz. Afterglow: pictures of ruins, mentre Le Stanze del vetro presentano (fino al 30 luglio) Ettore Sottsass: il vetro, a cura di Luca Massimo Barbero. 

Alla Fondazione Querini Stampalia sono state organizzate due mostre a cura di Chiara Bertola, Giovanni Anselmo. Senza titolo, invisibile ed Elisabetta di Maggio, Natura quasi trasparente (9 maggio - 24 settembre). 

Al Centro Candiani di Mestre, dopo il successo della mostra sulla Giuditta II di Klimt, è ora il momento di Attorno a Tiziano. L’annuncio, la linea e la materia verso Fontana (fino al 2 luglio), a cura di Luca Massimo Barbero, con capolavori come l’Annunciazione della Scuola grande di San Rocco a confronto con opere contemporanee. Dal 15 luglio al 2 novembre si prosegue con Attorno alla Pop Art . Da Warhol a Lichtenstein, da Johns a Rauschenberg. La Collezione Sonnabend, con quarantaquattro opere della raccolta americana insieme a lavori di artisti come Arman, Christo e Schifano.


Philip Guston, Madre e figlio (1930 circa);


David Hockney, Rufus Hale (2015).


Anna Viebrock, una scenografia per Tessa Blomstedt gibt nicht auf, di Christoph Marthalers, alla Volksbühne di Berlino (2014).


Jan Fabre, The future merciful heart for men and women (2008), particolare.

ART E DOSSIER N. 343
ART E DOSSIER N. 343
MAGGIO 2017
In questo numero: BIENNALE DI VENEZIA Tutto quel che c'è da vedere con un'intervista alla curatrice, Christine Macel. OTTOCENTO FELIX La Parigi domestica della borghesia. SAVE ITALY Bilancio di secoli di arte venduta. IN MOSTRA Mondrian all'Aja, Modigliani a Genova, Monet a Basilea, Boldini a Roma.Direttore: Philippe Daverio