Arte e letteratura
I riferimenti iconografici in William Somerset Maugham

DIPINGERE
CON LE
PAROLE

Lo scrittore e drammaturgo William Somerset Maugham ci ha lasciato pagine chiaramente riconducibili a citazioni figurative che vedono soprattutto in Claude Lorrain e William Turner due principali fonti di ispirazione.

Luigi Senise

William Somerset Maugham (1874-1965) morì all’età di novantuno anni, durante la sua vita scrisse vari romanzi, nonché numerosi drammi teatrali. Divenne celebre con Schiavo d’amore(1), in cui narra la storia di Philip Carey, un giovane che è afflitto da un carattere timido e remissivo, a causa di un piede malfermo. Rimasto orfano, Philip viene adottato dallo zio, un anziano e severo vicario, così gramo d’affetto che il giovane, dalla fredda canonica londinese che lo ospita, viaggia alla volta di Heildeberg, Parigi (ove tenta invano la carriera di pittore) e infine torna a Londra, dove incontra Mildred, una triviale ragazza, dalla malìa della quale non riesce a liberarsi, se non quando diviene medico, allorché trova la forza di lasciarla, per volger infine il proprio amore verso la florida bellezza di Sally.


Claude Lorrain, Porto con l’imbarco della regina Saba (1648), Londra, National Gallery.

(1) Il titolo originale del libro, The Human Bondage, è tratto da un capitolo dell’Etica di Spinoza: De servitute humana, tradotto in Italia con Schiavo d’amore, Milano 2007, p. 11. Dal libro è stato tratto un film, in italiano tradotto con il medesimo titolo, realizzato da John Cromwell, nel 1934, con Leslie Howard e Bette Davis. William Somerset Maugham scrisse inoltre la biografia romanzata di Paul Gauguin, La luna e sei soldi, Milano 2002; nonché il notevole Il filo del rasoio, Milano 2005.

Nel corso del romanzo, Maugham conferisce al paesaggio una connotazione drammaturgica: «Qua e là, un lucicchio nitido era il Reno, ampio, solenne, soffuso di una luce dorata. Philip pensò a come il Tentatore dall’alto del monte aveva mostrato a Gesù i regni della terra. Inebriato dalla bellezza dello scenario, gli sembrava che dinanzi a lui si stendesse il mondo intero, ed egli bramava di scenderne e di goderne». 

In seguito, il paesaggio, attraverso il febbrile sguardo del pittore candiota, El Greco, gli suggerisce la visione abbagliante di una segreta realtà ultraterrena. Philip è incantato dalla riproduzione della Veduta e mappa di Toledo, dipinta appunto da El Greco: 

«C’era qualcosa di soprannaturale in quella città grigio pallida. Sorgeva su un colle verdeggiante, ma di un verde non di questo mondo, ed era circondata da mura massicce e bastioni non espugnabili con macchine d’invenzione umana [...]. 


«C’era qualcosa di soprannaturale in quella città grigio pallida. Sorgeva su un colle verdeggiante, ma di un verde non di questo mondo»


In quel cielo azzurro, con la nuvolaglia sospinta da strane brezze simili a grida e sospiri, vedevi la Vergine con una veste rosa e un manto azzurro, circondata da angeli alati». 

La visione del paesaggio riflette dunque l’esistenza di Philip: da voluttuoso giardino delle delizie, la natura diviene (grazie anche alla scoperta delle pittura di El Greco) riflesso di una realtà trascendente. E appare curioso, che sia un libro di spionaggio, Ashenden l’inglese, il testo in cui l’autore ci confessa quanto un paesaggio ben dipinto sia del tutto complementare a un racconto scritto: «Fu compito degli impressionisti dipingere la bellezza fuggente della natura; si accontentavano di rendere la radiosità della luce del sole, il colore delle ombre o la trasparenza dell’aria. Miravano alla realtà. Volevano che il pittore fosse occhi e mani. Disprezzavano l’intelligenza. È strano come ora appaiano vuoti i loro dipinti se li paragonate ai maestosi quadri di Claude [Lorrain]. Il metodo di Claude è il metodo del maestro dei racconti di Guy de Maupassant»(2). Maugham visse buona parte della sua vita a Londra (ma era nato nell’ambasciata britannica di Parigi, da genitori inglesi), prima di trasferirisi nella principesca villa di Cap-Ferrat, sulla Costa Azzurra: e doveva ben conoscere dunque la sala numero 15 della National Gallery, nella quale erano affiancate - e sono lì, tuttora - due coppie di dipinti, eseguite da Claude Lorrain e da William Turner.

Fu lo stesso Turner che inserì una clausola nel proprio testamento, secondo la quale avrebbe lasciato alla Gran Bretagna un consistente numero di opere, a condizione che i propri dipinti Didone ordina la costruzione di Cartagine e Sole nascente nella foschia fossero affiancati da The Mill (Paesaggio con il matrimonio tra Isacco e Rebecca) e Porto con l’imbarco della regina di Saba, capolavori di Claude Lorrain(3). Con tale richiesta, Turner innescava un “certamen” permanente con il proprio maestro: era studiando Claude Lorrain che aveva infatti appreso la resa dell’iridescenza della luce naturale sulla tela - quello scintillìo calibrato, che scardina la geometria euclidea e che allude a un cielo infinito. 

Sulla città di Londra, l’alba conclude una notte dolente: il giovane medico è ora esausto, dopo aver accolto tra le sue mani un bimbo che egli ha appena fatto nascere, la madre del quale, tuttavia, durante il travaglio, è spirata. Philip, tornando a casa, si ferma, per contemplare la città, sul far dell’alba: «Ma ormai era sorto il giorno, tenero e pallido, e una nebbiolina tenue soffondeva ogni cosa di una morbida luminosità; il Tamigi era grigio, roseo, verde come il cuore di una rosa gialla. Le banchine e i magazzini in lontananza formavano una massa leggiadramente disordinata». Ciò che vede Philip, avvolto nella pallida luce dell’aurora, potrebbe quindi sovrapporsi al dipinto Il porto di Brest: la banchina e il castello di William Turner. Nel testo, così come nel dipinto, è tratteggiata l’evanescente visione di un paesaggio, colta nel bagliore indistinto dell’aurora.


El Greco, Veduta e mappa di Toledo (1610-1614), Toledo, Museo del Greco.


William Turner, Sole sorgente nella foschia (prima del 1807), Londra, National Gallery.


Graham Sutherland, Somerset Maugham (1949), Londra, Tate.

(2) W. S. Maugham, Ashenden l’inglese, Milano 1977.
(3) Turner Inspired: In the Light of Claude, catalogo della mostra (Londra, National Gallery, 14 marzo - 5 giugno 2012), a cura di P. Simpson, A. Crookham, N. Moorby, Londra 2012, pp. 51- 53.Vedi anche: I. Warrell, Turner; dossier di “Art e Dossier”, n. 203, settembre 2004, pp. 20-21.

«Il mattino avanzò e la bruma toccata dal sole brillò del niveo biancore di un astro morente»


Nel romanzo Il velo dipinto(4), Kitty è una scaltra ragazza, che per puro interesse sposa il probo e timido medico Walter Fane: lo tradisce con il governatore di Tchin Yen (che sarebbe in realtà Hong Kong), dove la coppia vive; Fane, scoperta la relazione, le intima di seguirlo nell’entroterra, per curare la popolazione di un villagio decimato dal colera, altrimenti la denuncerà per l’adulterio. Quando giungono nel villaggio, Fane si reca sulle colline, curando i nativi affetti dal colera, morbo che sarà per lui fatale, mentre Kitty rimane nel tedio del proprio bungalow. Ed è Il castello incantato (Paesaggio con Psiche fuori al palazzo di Amore) di Claude Lorrain, che lo scrittore doveva aver visto nella città di Londra, nella quale il dipinto era ubicato dal 1850, ad avergli forse suggerito la descrizione di Kitty, colta nel momento in cui scorge la sagoma d’un maniero, che ospita delle intrepide suore, dedite alla cura degli infermi. Maestosa visione che cambia il corso della sua esistenza. Qui, oltretutto, Maugham unisce la limpida visione di Lorrain con quella più velata e allusiva dell’ultima maniera di Turner, così come avrebbe potuto ammirarla nel dipinto Norham Castle, alba, eseguito dall’anziano maestro nel 1845 circa e lasciato dall’artista alla Gran Bretagna, con il suo testamento. 

«Il mattino avanzò e la bruma toccata dal sole brillò del niveo biancore di un astro morente. Sul fiume la luce lasciava discernere debolmente le file di giunchi assiepate e la fitta foresta, ma là di fronte c’era ancora una muraglia luminosa che l’occhio non poteva penetrare. A un tratto da quella nube candida emerse, poderoso, un alto bastione [...]. Era troppo aereo, fantastico, e immateriale per essere opera di mani umane; era il tessuto di un sogno». 

Il nipote di William Somerset Maugham, Robin (anch’egli scrittore), racconta che né la celebrità né gli ottanta milioni di libri venduti poterono alleggerire Maugham dal peso dell’imminente trapasso: «Sai, quando sarò morto», confidò una mattina lo scrittore al nipote, «tutto questo me lo toglieranno ... tutta la proprietà, ogni metro quadrato, tutti i quadri, non potrò portar con me nemmeno un tavolino. Prenderanno tutto e a me non resterà nulla!»(5)

Seguendo le sue ultime volontà, Maugham riposa nel cimitero cristiano della scuola in cui studiò, la King’s School di Canterbury e al nipote chiese di pregare per la sua anima, e chissà ch’egli non disse, come Turner, prima di spirare: 

«La luce è Dio».


William Turner, Il porto di Brest: la banchina e il castello (1826-1828 circa), Londra, Tate.


Claude Lorrain, Il castello incantato (Paesaggio con Psiche fuori al palazzo di Amore) (1664), Londra, National Gallery.


William Turner, Norham Castle, alba (1845 circa), Londra, Tate.

(4) W. S. Maugham, Il velo dipinto, Milano 2011. Anche da questo libro è stato tratto un film del 2006 Il velo dipinto (The Painted Veil), diretto da John Curran.
(5) R. Maugham, Conversazioni con zio Willie, Milano 1984, pp. 163-164. Robin Maugham fu anch’egli scrittore; senza dubbio, la sua opera più celebre è Il servo, Roma 2000 (ma uscì in Inghilterra nel 1948), da cui Joseph Losey vi trasse l’omonimo film, nel 1963.

ART E DOSSIER N. 341
ART E DOSSIER N. 341
MARZO 2017
In questo numero: IMMAGINI FATTE DI LUCE Bill Viola: la videoarte; Ivana Franke: luce immateriale; Marinella Pirelli: light art; Vetrate: la luce ritrovata. IN MOSTRA Viola a Firenze, Mambor a Milano, De Stijl in Olanda, Bellini a Conegliano.Direttore: Philippe Daverio