XX secolo
Marinella Pirelli

VOLEVOCATTURARE
LA LUCE

Ha sperimentato diverse forme d’arte con l’obiettivo, fin dall’inizio, di misurarsi con la luce. Marinella Pirelli, sposata con l’intellettuale Giovanni Pirelli, ha dato prova del suo talento in particolare con una serie di installazioni dove la presenza di fonti luminose apre il varco a esplorazioni inaspettate.

Jean Blanchaert

Ha creato la sua grande opera d’arte giocando con la luce, dandole corpo e rendendola solida, come se si potesse, oltre che vedere, anche toccare. La luce, che di solito è un complemento, nel lavoro di Marinella Pirelli diventa, infatti, soggetto, protagonista assoluta dell’opera, con una fisicità e un volume ben precisi e concreti. Pioniera della Light Art, così si raccontava: «Quando da ragazza dipingevo, era la luce che volevo catturare. Per me la luce è vita, ci circonda ma noi non ce ne accorgiamo nemmeno. La luce trasforma, modifica le cose e si modifica attraverso gli oggetti». 

Nelle opere di arte cinetica (termine che lei non amava) o nei filmati in 16 millimetri, Marinella Pirelli usa la luce come un pennello. Il suo cinema non è uno strumento per raccontare, quanto uno strumento che può creare immagini. «Con la 16 millimetri mi sono resa conto che la vera protagonista del film è la luce, lo diceva anche Fellini». La sua pittura figurativa che ha preceduto e che è succeduta al lavoro sperimentale sulla luce, è anch’essa, sempre, lavoro sperimentale sulla luce. Nei dipinti degli anni Cinquanta, fase preparatoria per quelle successive, c’è un’attenzione per la natura e il paesaggio che col tempo, inesorabilmente, si rivolge alla luce, agli effetti luministici. 

Le sue installazioni non sono soltanto da guardare, bisogna anche entrarci per poter partecipare al suo viaggio nello spazio e nel tempo, un viaggio a volte racchiuso in un cubo nel quale le troppe cose caotiche e colorate dell’universo diventano ordinate.


Marinella Pirelli allestisce i fili di rame per una sua proiezione/installazione in occasione della mostra personale alla Galleria Artepensiero di Milano nel 2008.

«Per me la luce è vita, ci circonda ma noi non ce ne accorgiamo nemmeno»


Nel Film Ambiente, nelle Meteore, nei Pulsar, la tecnologia è utilizzata come se fosse un pennello con cui dipingere lo spazio, tingere il movimento. Film Ambiente (Environmental Screen) è una scultura, una “stanza di luce”, un’installazione abitabile dal pubblico che vi può penetrare e la può percorrere. 

Nata a Verona nel 1925, cresciuta a Belluno, dov’era di stanza il padre Alfredo Marinelli, tenente colonnello dell’esercito, nel 1948, a ventitre anni, grazie a proventi ricavati dall’illustrazione di un libro di botanica, si trasferisce a Milano e lavora come figurinista, illustratrice, costumista e attrice con la compagnia di teatro Il Carrozzone di Fantasio Piccoli. Due anni dopo, la troviamo a Roma presso la Filmeco, casa di film d’animazione dove disegna cartoni animati e impara a usare la cinepresa. 

Alla trattoria Menghi, punto d’incontro di molti artisti della capitale, conosce Pietro Consagra, Giulio Turcato e Pietro Cascella, che l’accolgono a braccia aperte e la incoraggiano nella sua produzione artistica. Frequenta i corsi liberi dell’Accademia dove insegna, fra gli altri, Renato Guttuso che, qualche anno dopo, così scriverà: «Tra gli allievi del corso, Marinella era la più scontrosa e la più scontenta. L’ho vista spesso cominciare una tela con entusiasmo e cancellare tutto alla fine della seduta. Ho avuto poi modo di vedere spesso i suoi quadri e di seguire l’enuclearsi del suo talento in un mare di esperienze, di contraddizioni, di confusioni, di scoraggiamenti». In quel periodo frequenta Giuseppe Migneco, Gianni Dova, Achille Bonito Oliva e Carla Lonzi, critica d’arte, femminista e teorica dell’autocoscienza.


Film Ambiente (Environmental Screen) (1968), struttura in acciaio, teli serigrafati, proiezioni luminose.

Nel 1952, sempre alla trattoria Menghi, incontra Giovanni Pirelli, che sposa l’anno successivo in Campidoglio. «Giovanni Pirelli sposa una comunista! Impensabile per troppi; inaccettabile per la sua famiglia», ricordava Marinella. 

Avranno due figli, Francesco e Pietro. 

Giovanni era il primogenito di Alberto ed era destinato a guidare l’impero degli pneumatici. Durante il secondo conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra aveva aderito agli ideali del socialismo, decidendo di non prendere le redini dello stabilimento. Il gravoso compito sarebbe toccato, anni dopo, all’amato fratello Leopoldo. Diventato scrittore, dopo anni di lavoro, Giovanni Pirelli pubblicò da Einaudi insieme a Piero Malvezzi, Lettere dei condannati a morte della resistenza italiana (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945) e Lettere dei condannati a morte della resistenza europea, due opere che ebbero un clamoroso successo. Giovanni Pirelli era una grande personalità, un intellettuale eclettico che ha alternato l’attività di storico a quella di scrittore e di editore musicale. È autore di una notevole quantità di scritti, romanzi, soggetti cinematografici e libri per ragazzi. 

Giovanni e Marinella vivono coi figli a Varese. C’è una grande interazione artistica fra i due coniugi che si consigliano reciprocamente. Negli anni del matrimonio, Marinella si dedica, dal 1960 al 1973, agli esperimenti sulla luce. Spesso torna a Roma dove aveva uno studio. «Fino al Sessanta sono stata pittrice figurativa poi ho scoperto la possibilità di lavorare con la luce. Avevo una stanza con le pareti e il soffitto dipinti di nero e al buio provavo, provavo».


Proiezione di filmati su fili di rame, pellicola 16 mm, in occasione della personale dell’artista alla Galleria Artepensiero di Milano nel 2008.


Meteora Doppio Tramonto (1970), acciaio, lastre in metacrilato, motorino, sorgente luminosa.

Lì si confronta con altri amici artisti come Enrico Castellani, Mario Ceroli, Mario Merz, Jannis Kounellis, Piero Dorazio, solo per fare alcuni nomi. Dopo la morte del marito, in un incidente automobilistico, nel 1973, si ritira col figlio Francesco per qualche anno in un’azienda frutticola nella Bassa veronese. Poi tornerà nella casa di famiglia a Varese dove riprende il disegno e la pittura ma, soprattutto, si occuperà di organizzare mostre riassuntive del suo lavoro: nel 1999, un’antologica al chiostro di Voltorre di Gavirate (Varese) curata da Tommaso Trini e Paolo Biscottini, nel 2003 a villa Panza a Varese e al Mam - Museu de Arte Moderna di San Paolo in Brasile, nel 2004 alla Permanente di Milano e nel 2008, una grande retrospettiva curata da Achille Bonito Oliva presso la Fondazione Mudima di Gino Di Maggio. 


La luce per esprimersi ha bisogno del buio e Marinella Pirelli lo va a cercare, lo crea


Per la mostra Ombra Luce, voluta da Giuseppe Panza di Biumo e allestita a Villa Panza - luogo che avvicina le opere di Marinella Pirelli ai lavori di luce di Douglas Wheeler, James Turrell, Dan Flavin, Maria Nordman, commissionati e raccolti dal collezionista milanese -, Pietro Pirelli, figlio di Marinella, musicista e artista visivo, compose le musiche che accompagnavano il lavoro della madre. Marinella Pirelli è una ricercatrice pura, non è mai sdolcinata. La luce per esprimersi ha bisogno del buio e lei lo va a cercare, lo crea, riuscendo a generare paesaggi di luce e di ombra che non hanno nulla di architettonico, nei quali la materia viene trafitta dai colori di una luce quasi impalpabile. 

Anche Ettore Sottsass diceva che i cieli più belli sono quelli contrastati. Come certi cieli metafisici di de Chirico sotto i quali le ombre sono dipinte al contrario. Lea Vergine in L’ultima avanguardia. Arte cinetica e programmata parla di «seduzione della metafisica». Marinella diventa metafisica quando, con le sue installazioni di luce, ci porta in un’altra realtà, in emisferi diversi dal nostro. 

Le Meteore sono una serie di opere create all’inizio degli anni Settanta: grosse scatole dalle superfici trasparenti, nelle quali una fonte di luce proveniente dall’interno scorre su strati sovrapposti di metacrilato, facendo emergere immagini simili a corpi celesti. 

Le opere Meteore e Pulsar sembrano invitarci ad abbandonare gli schemi visivi predeterminati, ci ricordano una realtà perduta, qualcosa come una vita anteriore. La definizione stessa di meteore fa venire in mente la loro transitorietà, l’impossibilità di fissarle in un’impronta definitiva nella memoria così come sulla superficie in cui appaiono. 

Franco Toselli che curò la personale di Marinella Pirelli nella sua Galleria de Nieubourg, nel 1969, a Milano, ci racconta: «Marinella era dolcissima, ma molto determinata. Ascoltava gli altri, ma manteneva sempre la sua intenzione creativa originaria. Cercava di incontrare persone che avessero una forte identità artistica, come Trini, Boetti, Gilardi e altri Poveristi». 

La vita intensa e luminosa di Marinella Pirelli, definita così da Flaminio Gualdoni, autore del libro a lei dedicato (Marinella Pirelli, Milano 1997) termina il 29 giugno 2009. 

Una vita artistica non facile quella di Marinella. Era donna ed era una Pirelli. Eppure, sempre, con grande eleganza ha saputo mantenere intatto il suo sogno, ha saputo proteggerlo con quell’ingenuità senza la quale, a volte, almeno in campo artistico, non si può combinare nulla di buono. Non ha mai lavorato su commissione, tutto ciò che ha fatto è frutto di un’ispirazione che andava assecondata. Marinella Pirelli ha lavorato per più di cinquant’anni, trenta dei quali lontana dal rumore mondano che accompagna il mondo dell’arte. L’Archivio Marinella Pirelli, presieduto dalla curatrice Vittoria Broggini, ha già censito ben milleduecento lavori fra pittorici, filmici e installativi. 

Fra cento anni, in quello che sarà Internet, alla voce Pirelli, potremo leggere: Meteora Doppio Tramonto, Meteora Doppio Arcobaleno, Pulsar. Lavori di luce dell’artista Marinella Pirelli (1925-2009). Ci saranno anche le altre voci con gli altri illustri membri della famiglia, ma Meteora e Pulsar verranno prima di Cinturato, pneumatico radiale degli anni Cinquanta del XX secolo.


Là dove sorge il sole, là dove tramonta il sole (2006), stampa (da disegno) su alluminio.


Laguna (1964).


Ortensia (1986).

ART E DOSSIER N. 341
ART E DOSSIER N. 341
MARZO 2017
In questo numero: IMMAGINI FATTE DI LUCE Bill Viola: la videoarte; Ivana Franke: luce immateriale; Marinella Pirelli: light art; Vetrate: la luce ritrovata. IN MOSTRA Viola a Firenze, Mambor a Milano, De Stijl in Olanda, Bellini a Conegliano.Direttore: Philippe Daverio