Storie a strisce


CORTO NELLO SPECCHIODI HUGO

di Sergio Rossi

Rileggere la vita e l’opera di Pratt alla luce di Corto Maltese, a cinquant’anni dalla sua nascita, è il fulcro della mostra in corso a Palazzo Pepoli - Museo della storia di Bologna

La mostra Hugo Pratt e Corto Maltese. 50 anni di viaggi nel mito, organizzata da Genus Bononiae in collaborazione con CMS.Cultura e con la curatela di Patrizia Zanotti (fino al 19 marzo), pone la figura di Corto Maltese come il fulcro intorno al quale rileggere la vita e l’opera di Hugo Pratt. È come se tutte le opere realizzate prima fossero una preparazione alle storie del gentiluomo di fortuna, mentre quelle successive derivassero sia dalla fortuna editoriale di Corto, sia dalle ricadute (i viaggi, gli incontri) nella vita quotidiana di Pratt. È una tesi suggestiva che gli organizzatori e la curatrice della mostra cercano di dimostrare con oltre quattrocento opere tra acquerelli, schizzi, pubblicazioni e tavole originali che toccano tutte le storie del Maestro di Malamocco, sia quelle con Corto sia quelle con altri personaggi. Riscrivere la propria vita come fosse un romanzo è una tesi suggestiva, ma impossibile da realizzare. Ci aveva provato lo stesso Pratt negli anni Novanta quando cominciò a rimettere mano alla sua produzione passata, e ripubblicò le storie di Corto e degli altri personaggi in un nuovo formato di pagina, a cui dovette aggiungere nuove vignette. Il risultato, anche per i prattiani di stretta osservanza come chi scrive, fu disastroso: sia perché troppa era la diversità tra il tratto diventato sempre più essenziale e quasi schizzato che strideva vistosamente con lo stile precedente, sia perché il suo nuovo stile narrativo, più virato al dialogo filosofico che all’avventura, mal si sposava con quello di qualche decennio prima. Non per nulla i suoi editori si sono poi affrettati a ripubblicare quelle stesse storie nelle versioni originali. Allo stesso modo la mostra di Bologna ottiene un risultato a metà: è un’esposizione di tavole e disegni bellissimi, da vedere in ogni caso, che accosta materiali diversi ed eterogenei per stile, soggetto e finalità editoriale senza un qualsiasi filo conduttore (storico, critico, estetico, scegliete voi) che li leghi insieme. A chi scrive sembra che questa mostra voglia dimostrare che le opere di Pratt non siano tanto da leggere, funzione primaria per cui sono nate, quanto da guardare, meglio se in un museo o in una galleria. È questa una tendenza della critica e delle ultime mostre sul fumetto: scambiare i fini per i mezzi. Si punta sull’immagine, e non sulle storie che quelle immagini sono vincolate a raccontare. Come a dire: i veri fumettisti sono i disegnatori, quindi gli artisti, mentre gli sceneggiatori e le storie non contano. Non a caso alla mostra Fumetto italiano - cinquant’anni di graphic novel, tenuta a Roma la scorsa primavera, c’erano solo opere di autori completi, tra cui Pratt, ma nessuna in cui partecipasse uno sceneggiatore. Questo perché, secondo questa moda, i fumetti si guardano e non si leggono (infatti, i fumetti in edicola e libreria si leggono sempre meno). Allo stesso modo è assente una qualsiasi analisi dettagliata dei contesti storici ed editoriali che hanno generato quelle singole storie, contribuendo alle opere alle opere quanto i loro autori. È un metodo abbastanza improponibile, diciamo così, per qualunque autore e più di tutti per Hugo Pratt, la cui carriera copre quasi cinquant’anni, dal 1947 al 1995, e il cui segno grafico e lo stile narrativo sono sempre stati in continua evoluzione e subordinati alle storie da raccontare e alle condizioni editoriali in cui si è trovato a lavorare. È inoltre assente un qualsiasi accenno ai rapporti di Pratt con gli altri autori del suo tempo - a parte il suo maestro, l’americano Milton Caniff -, come per esempio Sergio Toppi, Attilio Micheluzzi, Guido Crepax e Dino Battaglia, con i quali aveva un continuo scambio artistico e narrativo. Si esce così dalla mostra senza cogliere la vera portata rivoluzionaria dell’opera del Maestro di Malamocco, ossia le storie che raccontava e lo stile con cui lo faceva, sia attraverso la figura di Corto, sia gli altri personaggi. Un po’ come se si cercasse di capire il successo di Star Wars limitandosi al merchandising ma senza vedere i film. Forse non a caso nel bookshop museale c’erano più gadget (tazze, quaderni, matite) che libri delle storie di Pratt. Può essere che, invertendo l’ordine dei fattori e mettendo il merchandising al posto delle storie, i conti economici tornino meglio, ma forse bisogna domandarsi come mai i produttori di Star Wars, sempre loro, tra un gadget e l’altro vogliano uscire con un nuovo film ogni anno, il cui ricavato è di certo inferiore a quello di qualunque prodotto derivato.


Le illustrazioni qui riprodotte sono tratte da opere di Hugo Pratt. Corto Maltese. La giovinezza (1985).


Le illustrazioni qui riprodotte sono tratte da opere di Hugo Pratt. copertina di Le Etiopiche (1978). Corto Maltese.


Tarao e Pandora da Una ballata del mare salato (1972).

Corto Maltese nelle isole Yap da Avevo un appuntamento (1994).


Corto Maltese, copertina di “Le Monde Voyages”, supplemento di “Le Monde” (1988).

Link ufficiale Hugo Pratt www.cortomaltese.com
Link wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Hugo_Pratt

Hugo Pratt e Corto Maltese. 50 anni di viaggi nel mito

Bologna, Palazzo Pepoli - Museo della storia di Bologna
fino al 19 marzo
www.mostrapratt.it

ART E DOSSIER N. 341
ART E DOSSIER N. 341
MARZO 2017
In questo numero: IMMAGINI FATTE DI LUCE Bill Viola: la videoarte; Ivana Franke: luce immateriale; Marinella Pirelli: light art; Vetrate: la luce ritrovata. IN MOSTRA Viola a Firenze, Mambor a Milano, De Stijl in Olanda, Bellini a Conegliano.Direttore: Philippe Daverio