Bill resta a Firenze diciotto mesi al servizio degli artisti venuti a realizzare le proprie opere ad art/tapes/22, ma crea anche lavori propri, come Eclipse (The Moon Setting through an Open Window. Winter Solstice) (1974), video in cui la luna, attraversando il cielo, incrocia la fiamma di una candela posta sul davanzale; le due fonti di luce diventano una cosa sola, in un viaggio celeste accompagnato dai rumori ambientali della città.
La sua prima mostra europea è la videoinstallazione Il Vapore, presentata nel giugno 1975 allo spazio Zona di Firenze, un collettivo di artisti attivo dal 1974 al 1985 in Oltrarno, in via San Niccolò 119 rosso. Una proiezione video trasmessa da un monitor mostra una performance di Viola che riempie un recipiente d’acqua con la bocca mentre si diffonde il suono registrato in precedenza. Il video viene mixato con le immagini dei visitatori ripresi in diretta da una videocamera, rendendo il pubblico parte attiva e riflettendo così sul suo ruolo in una coesistenza di passato e presente. La multisensorialità dell’opera è accentuata dal profumo di eucalipto diffuso dal vapore.
Anche Olfaction (1974) è basato sui meccanismi del senso, una modalità collegata alla memoria e in grado di integrare le informazioni sugli eventi passati con il momento presente. Con Cycles (1973) Viola vuole invece dimostrare la natura illusoria dell’immagine come fascio di luce in costante aggiornamento.
La stessa Maria Gloria Conti Bicocchi ricorda con viva emozione la gioiosa vita fiorentina di Bill, le sue eccentricità e le sue performance estemporanee, in quel periodo fervido di novità. «Per Billi, l’impatto con la Firenze degli anni Settanta, da giovane ragazzo americano, nonostante le sue origini italiane, è decisivo: gira per le strade, si mescola alle persone entrando all’improvviso nelle foto che i turisti si fanno a vicenda, un volto sconosciuto che sarebbe apparso dopo lo sviluppo dei negativi, una presenza improvvisa nei ricordi altrui. Le visite agli Uffizi e agli altri musei, il Pontormo della chiesa di Santa Felicita, di là d’Arno, visto da vicino, “respirato”, sono per lui una rivelazione, torna a casa la sera sempre luminoso, incredulo, pieno di energia da incanalare poi nelle sue lunghe meditazioni, nella stanza più nascosta del nostro grande studio di produzione, due mezze palline da ping pong sugli occhi tenute su con un elastico nero, le cuffie agli orecchi contro ogni possibile rumore, la posizione rilassata del loto. E sempre un sorriso sulle labbra»(7).