La caduta del vecchio regime fu l’alba della società comunista e della dittatura del proletariato. Fra 1917 e 1918 tutto sembrava possibile: la rivoluzione avrebbe potuto estendersi all’intero pianeta Terra, perfino su Marte, il pianeta rosso, e da lì espandersi nell’universo. Quindici anni più tardi, nel 1932, s’inaugurò a Leningrado un’immensa mostra celebrativa sull’arte russa della Rivoluzione, con artisti d’ogni genere e convinzione. L’idea era quella di creare una cultura collettiva nella produzione, politica nel messaggio, pubblica nella distribuzione. Ogni gruppo o tendenza entrò in competizione per conquistare l’unico sponsor collettivo: lo Stato. Gli artisti delle avanguardie russe (i cosiddetti artisti di sinistra) - Majakovskij, Tatlin, Malevič, Rodčenko, Popova, Exter - risposero con tempismo, ma in questo contesto pluralista e nel mercato interno c’era concorrenza accanita tra individui e gruppi. L’opera del pittore accademico Isaak Brodskij, per esempio, rimase in voga nel corso di tutti i mutamenti radicali della rivoluzione. Brodskij rispondeva bene alle esigenze dello Stato, e la sua carriera prosperò. Nei ritratti di Lenin a Smolny o di Stalin, oppure nella figura eroica di un lavoratore, Brodskij garantiva una somiglianza impressionante e poteva comunicare un messaggio altamente drammatico, come richiesto dalla propaganda. Un artista esperto come lui poteva sempre trovare il modo di fare arte collettiva, politica e pubblica, tramite mostre e manifesti per i dirigenti sovietici. Un pittore figurativo di formazione accademica poteva dunque soddisfare i requisiti rivoluzionari in modo altrettanto efficace e almeno altrettanto rapido di quanto lo fossero gli artisti di sinistra. Il governo bolscevico aveva bisogno d’immagini riconoscibili dei suoi eroi e leader per consolidare il mito sul quale era stato costruito lo stato sovietico. Molti pittori figurativi impegnati politicamente si trovarono a dipingere opere in cui i cittadini potevano riconoscersi come rivoluzionari, lavoratori eroici, minatori, costruttori, atleti o pionieri. Tuttavia, furono i membri delle avanguardie russe ad affrettarsi ad abbracciare la rivoluzione. Con instancabile inventiva produssero esperimenti visivi grazie a nuovi, dinamici linguaggi che erodevano le convenzioni dell’arte imperiale. Tatlin, Rodčenko, Brodskij, Ejzenštejn, Deineka, si riconoscevano tutti nella medesima ideologia. Il governo bolscevico aveva invitato pittori, scultori, grafici, poeti, critici e teorici, drammaturghi, fotografi e cineasti a impegnarsi con le masse nelle strade, e quando ogni campo della creatività fu intriso d’un significato pubblico, la pittura diventò solo un mezzo fra i tanti. La potenza visiva della grafica e del materiale documentario divennero fondamentali.