Letture iconologiche
Il Triplice ritratto di orefice di Lorenzo Lotto

E SE NON
FOSSE
UN ORAFO?

Siamo certi dell’identità del personaggio raffigurato da Lotto nel Triplice ritratto?
I contenuti simbolici del dipinto ci offrono una possibile interpretazione alternativa.

Mauro Zanchi

Nel Triplice ritratto di Vienna, come nelle opere pensate secondo una narrazione in forma cinetica e a episodi(1), Lotto traduce visivamente la complessa «immagine mobile dell’eternità», evocata da Platone nel Timeo (37d) e ripresa dai neoplatonici rinascimentali. Il soggetto(2) - fatto a immagine di Dio trinitario - occupa tre punti diversi nello spazio, tutti contemporaneamente o come se si trovasse in una sovrapposizione di momenti distinti nel tempo e accorpati in un’unità narrativa. Le tre anime dell’uomo neoplatonico si guardano vicendevolmente, in un sottile viaggio contemplativo della mente: «Habbiamo tre anime: delle quali quella che è più verso Dio, è chiamata da Mercurio Trismegisto et da Platone mente»(3). Già sant’Agostino asserisce che, attraverso l’“intellectus”, si può conoscere e trovare la verità, per mezzo della “voluntas” si può educare il volere all’amore per la verità, e con la memoria si può ricordare la verità trovata(4). È ipotizzabile che il dipinto lottesco, più che un ritratto all’orafo trevisano Bartolomeo Carpan, sia un omaggio a uno degli uomini più famosi del XVI secolo(5), il “divino Camillo” (Giulio Camillo, detto Delminio), descritto realisticamente con qualche capello bianco, in un’età compresa tra i quarantacinque e i cinquant’anni(6).


Le opere illustrate in questo articolo, dove non diversamente indicato, sono di Lorenzo Lotto. Triplice ritratto di orefice (1529 circa), Vienna, Kunsthistorisches Museum.

(1) Si veda: M. Zanchi, Lotto. I simboli, Dossier di “Art e Dossier”, n. 275, marzo 2011.
(2) Vertova, riprendendo Barasch, pensa che la triplice rappresentazione del soggetto sia un contributo lottesco al dibattito sul “paragone” tra pittura e scultura, o che abbia una funzione pratica per guidare uno scultore nell’esecuzione di un busto. Ipotizza che lo scultore sia il fiorentino Jacopo Sansovino, arrivato a Venezia nel 1527, dopo il Sacco di Roma, e divenuto amico di Lotto. È però poco convincente l’idea che il ritratto sia servito a uno scultore del calibro di Sansovino per realizzare un busto di un orafo. Cfr. L. Vertova, Lorenzo Lotto: collaborazione o rivalità fra pittura e scultura?, in Lorenzo Lotto, atti del convegno internazionale di studi per il V centenario della nascita, a cura di P. Zampetti e V. Sgarbi, Treviso 1981, pp. 401-414. M. Barasch, Theories of Art from Plato to Winckelmann, New York 1985, pp. 164-174.
(3) G. Camillo, Tutte le opere, Venezia 1552, pp. 42-43.
(4) Secondo le definizioni delle tre facoltà dell’anima, riportate da Agostino nel suo De Trinitate.
(5) F. A. Yates, L’arte della memoria, Torino 1972, pp. 121 e 156.
(6) Lotto raffigura il suo soggetto forse anche con allusioni simboliche ai colori collegati alla grande opera alchemica: la chioma mora, la barba fulva, la camicia bianca, l’abito e la tenda verdi, con lo sfondo azzurro del cielo. Il dipinto è realizzato presumibilmente tra il 1528 e il 1530, prima che Camillo si recasse in Francia. Viglio Zwichem, nella lettera indirizzata a Erasmo da Rotterdam, scrive di aver incontrato Camillo a Venezia nel 1532, e che gli ha permesso di vedere il teatro. Il mago è a Parigi nel 1534, secondo quanto racconta la lettera di Jacques Bording, preso dalla costruzione della fantomatica struttura atta a rappresentare “divisioni di memoria”. Secondo Girolamo Muzio, Camillo è di nuovo in Italia nel 1543, e risiede nel ducato di Milano, protetto da Alfonso d’Avalos, governatore spagnolo (che era stato protettore dell’Ariosto). Camillo muore a Milano nel 1544. Cfr. F. A. Yates, op. cit., pp. 121-125.

Ha una corporatura massiccia, appesantita dalla propensione a eccedere con i cibi, con una «gravità del corpo, che lo rendeva un poco più tardo degli altri» nei movimenti, come racconta Betussi nei suoi dialoghi pubblicati nel 1544, in occasione della storia del leone accaduta a Parigi(7). Il “mago ermetico cristiano” nasce a Portogruaro (Venezia) attorno al 1480(8), e trascorre la maggior parte della vita a cimentarsi nella realizzazione di una “macchina mnemonica”(9), ovvero un teatro del mondo, in cui convergono le migliori suggestioni della filosofia neoplatonica, della magia naturale, dell’alchimia di Ermete Trismegisto, della mitologia greco-romana, dell’iconografia simbolica, della letteratura. È una sorta di costruzione ideale, in cui lo sguardo può percorrere tutto quello che è celato nelle profondità della mente(10). Lotto raffigura colui che ha mostrato la triplice arte della mutazione, un sistema che insegna a tramutare le parole attraverso la retorica, le cose naturali per mezzo dell’alchimia e l’interiorità dell’uomo tramite la deificazione. L’artista conosce personalmente Camillo a Venezia, tra il 1525 e il 1528, anno in cui compare come testimone nel testamento di Sebastiano Serlio(11), dove l’architetto bolognese decide di lasciare i suoi beni all’inventore del teatro della memoria(12). Il mago mnemonico è citato dai più famosi letterati del Cinquecento. Torquato Tasso(13) disserta sui segreti che Camillo rivela al re di Francia, e Ludovico Ariosto lo menziona persino nell’Orlando furioso: «Quel che per guidarci ai rivi ascrei/ mostra piano e più breve altro cammino»(14)

Anche Lotto rimane invaghito dal portato intellettuale e dalle idee di questo seducente personaggio, tanto che la complessa rete di simboli e imprese creata per il coro della basilica di Bergamo pare ricreare una macchina combinatoria di matrice mnemonica(15). Il Triplice ritratto sembrerebbe un omaggio a colui che ha tradotto, dal fiorentino al veneziano, il sistema di memoria per immagini talismaniche, astralizzate e mitologiche già presenti nelle visioni neoplatoniche e cabalistiche di Ficino e Pico. Il “divino Camillo”, a cui erano attribuiti immensi poteri e che era guardato con timore reverenziale dai suoi contemporanei, nel dipinto tiene in mano un astuccio contenente anelli, con pietre incastonate - tradizionalmente associate ai pianeti e alle loro influenze, intagliate a riprodurre simboli - o con corniole, simili a quelle gemme antiche e moderne collezionate da Lotto stesso, come risulta dal Libro di spese diverse(16)

C’è un’altra traccia che lega Lotto e Camillo, ovvero il commento che entrambi esprimono riguardo all’immagine di una gru che vola tenendo un giogo tra le zampe e un caduceo nel becco, figura che il pittore possedeva, incisa nella pietra incastonata in un suo anello, e che utilizzava come sigillo da apporre alle lettere spedite al Consorzio della misericordia di Bergamo, mentre lavorava all’ideazione delle immagini presenti nel coro bergamasco. La «belissima corniola antica, con una gruva che si leva a volo con un jugo ai piedi et in becho el segno de Mercurio» è interpretata da Lotto come un’immagine neoplatonica che simboleggia l’ascesi dell’anima per mezzo della meditazione spirituale, dove la gru si leva dalle cose terrene per entrare nella dimensione celeste e divina, mentre il giogo e il caduceo significano la vita attiva e quella contemplativa(17). L’uomo del ritratto regge l’astuccio contenente anelli che, verosimilmente, lasciavano immagini simboliche sulla ceralacca, come i sigilli utilizzati da Lotto nelle sue lettere, o con pietre incastonate nella montatura, legate anch’esse a influenze astrali. Il triplice Camillo, considerato dai suoi contemporanei il Trismegisto del Cinquecento, porta un anello sul mignolo, dito che, secondo i libri di chiromanzia dell’epoca, è associato all’influenza del pianeta Mercurio. E tiene la mano sinistra sul petto, all’altezza del cuore, in un gesto volutamente simbolico. Anche nel Ritratto di melanconico trentasettenne (sempre di Lotto), il soggetto tiene una mano sul petto e segnala gli anelli portati sul mignolo della mano sinistra. Un precedente della rappresentazione di tre vedute di una medesima testa è il disegno di Leonardo, il presunto ritratto di Cesare Borgia, conservato nella Biblioteca reale di Torino. L’Allegoria della Prudenza, dipinta da Tiziano attorno al 1550-1565, può essere interpretata anche come un ritratto di un individuo, colto in diversi momenti della vita. Nel movimento rotatorio del suo triplice soggetto, Lotto invece introduce anche la quarta presenza, ovvero quella dello spettatore che si pone di fronte all’opera. Il suo pensiero immagina la quarta dimensione in base ai suoi effetti nel corso del tempo e alle sue proiezioni nello spazio tridimensionale. Il ritratto è concepito come fosse una visualizzazione frammentaria, tre momenti e tre punti di vista di una stessa persona uno accanto all’altro, lasciando che sia l’immaginazione del fruitore a dinamizzare la sequenza narrativa e a cogliere il mistero di tutto ciò che è trinitario. Questa è la sua maniera di rappresentare quella dimensione in più della realtà sul palcoscenico dell’anima e della mente, con un’apertura sia alla descrizione essoterica sia alla visione esoterica.


Le pietre degli anelli erano
tradizionalmente associate ai pianeti
e alle loro influenze


Triplice ritratto di orefice (1529 circa), particolare, Vienna, Kunsthistorisches Museum.


Ritratto di melanconico trentasettenne (1540-1546 circa), Roma, Galleria Doria Pamphilj.


Leonardo, Tre vedute della medesima testa barbuta, presunto ritratto di Cesare Borgia (1502), Torino, Biblioteca reale;


Tiziano, Allegoria della Prudenza (1550-1565 circa), Londra, National Gallery.

(7) A Parigi, Camillo va a vedere animali selvatici in un serraglio con Luigi Alamanni, che è il cardinale di Lorena, e altri gentiluomini. Un leone scappa e si dirige verso gli astanti: «I quali spaventati subito fuggirono, chi qua e chi là, salvo messer Giulio Camillo, il quale, non già per far prova di sé, ma per gravità del corpo, che lo rendeva un poco più tardo degli altri, ivi rimase, ché non puoté fuggire e si fermò senza punto muoversi. Il re degli animali incominciò andargli d’intorno e fargli carezze, senza molestarlo altrimenti; onde fu poi cacciato al suo loco. Che direte di questo, perché non fosse morto? Non per altro fu stimato che restasse sano, se non per essere sotto il pianeta del sole» (G. Betussi, Il Raverta, Venezia 1544, ed. a cura di G. Zonta, Bari 1912, p. 133).
(8) Nello stesso anno in cui nasce Lotto.
(9) Camillo vuole rappresentare, per mezzo di luoghi mentali e materiali al contempo, un alfabeto universale comprensivo di tutte le arti e le scienze. L’edificio della memoria rappresenta la quintessenza armonica dell’universo, in una visione unitaria, per mezzo di simboli e di cartigli distribuiti in sette ordini o gradi. Al fruitore viene fornita la chiave universale per accedere allo scibile della tradizione, attraverso la retorica classica, la memoria artificiale, e per mezzo di ogni linguaggio e di ogni scienza.
(10) Erasmus, Epistolae (1530-1532), IX, a cura di P. S. Allen et al., Oxford 1938, p. 479; F. A. Yates, L’arte della memoria, Torino 1972, p. 122.
(11) Nel testamento del 1528, Lotto è citato come testimone assieme ad Alessandro Citolini da Serravalle, mentre Giulio Camillo Delminio è nominato come erede universale dei beni dell’architetto bolognese. Cfr. L. Olivato, Per Serlio a Venezia. Documenti nuovi e documenti rivistati, in “Arte Veneta”, XXV, 1971, pp. 284-291.
(12) Cfr. Erasmus, Epistolae, X, cit., pp. 29-30.
(13) T. Tasso, La Cavaletta, overo della poesia Toscana, in Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze 1958, II, pp. 661-63.
(14) L. Ariosto, Orlando furioso, XLVI, 12.
(15) Cfr. M. Zanchi, Quasi un teatro della memoria, in “Art e Dossier”, n. 253, marzo 2009, pp. 64-69; In principio sarà il Sole. Il coro simbolico di Lorenzo Lotto, Firenze 2016.
(16) L. Lotto, Libro di spese diverse, a cura di P. Zampetti, Firenze 1969, pp. 18, 19, 68, 69, 112, 188, 190, 304; F. Cortesi Bosco, Il coro intarsiato di Lotto e Capoferri per Santa Maria Maggiore in Bergamo, Milano 1987, p. 137.
(17) «Significato la vita activa e la contemplativa con meditatione spirituale levarsi da le cose terrene», «significata la vita activa e contemplativa per haver ne li piedi un jugo et nel rostro il segno caduceo» (L. Lotto, op. cit., pp. 188, 190).

IN MOSTRA

All’Accademia Carrara di Bergamo è in corso fino al 26 febbraio Un Lotto riscoperto (piazza Giacomo Carrara 82, orario 10-19, chiuso martedì, www.lacarrara.it), un progetto espositivo a cura di Emanuela Daffra e Paolo Plebani che presenta due inediti, ora attribuiti con certezza all’artista veneto: una tarsia lignea raffigurante la Creazione (Bergamo, Luogo Pio Colleoni) e un disegno, Due apostoli (Milano, Pinacoteca di Brera). Inoltre opere provenienti da istituzioni nazionali e internazionali come le Sposalizio mistico di santa Caterina e santi della Galleria nazionale di arte antica - palazzo Barberini a Roma o l’Autoritratto (?) del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid in dialogo con la raccolta dell’autore conservata all’Accademia Carrara. Un’occasione per approfondire l’ultima fase della carriera del pittore trascorsa a Bergamo anche grazie a itinerari in città e nelle zone limitrofe volti a scoprire le testimonianze della sua attività. Tra i luoghi coinvolti la chiesa di San Bartolomeo, il Museo Bernareggi, la basilica di Santa Maria Maggiore. Catalogo Officina Libraria.


Sposalizio mistico di santa Caterina e santi (1524), Roma, Galleria nazionale di arte antica - palazzo Barberini. Santa Caterina ha sulla veste una spilla con una immagine di Amore che si regge sulla bilancia, simile a quella che compare nel Ritratto di melanconico trentasettenne (p. 68).

ART E DOSSIER N. 339
ART E DOSSIER N. 339
GENNAIO 2017
In questo numero: ARTE, PASSIONE, POTERE Kokoschka e Alma Mahler: una relazione tormentata. I Gentileschi: un rapporto spezzato. Gesmar e le dive Belle Epoque. IN MOSTRA Fabre a San Pietroburgo, Liberty a Reggio Emilia, Ottocento italiano a Viareggio, Scrittura mesopotamica a Venezia.Direttore: Philippe Daverio