DUE TEMATICHEFONDAMENTALI

L’isola di Citera fra sogno e malinconia
Nel 1709 Watteau partecipa a un concorso di pittura indetto dall’Accademia, il Prix de Rome,

nel quale tuttavia si aggiudica solo il secondo posto perdendo così l’ambita opportunità di compiere un viaggio in Italia (al vincitore era infatti data la possibilità di soggiornare per un periodo di studio a Roma, all’Accademia di Francia di Villa Medici). Scoraggiato dal risultato, il pittore decide di tornare nella città natale ma proprio in questo momento di insuccesso dipinge L’isola di Citera oggi a Francoforte, incunabolo dell’enigmatico soggetto del pellegrinaggio nell’isola d’amore - dal cui mare il mito vuole sia nata Venere - assicurato in seguito al successo dalle due più famose versioni, oggi rispettivamente a Parigi e a Berlino. Presso una riva lacustre, in un’atmosfera sospesa, densa di amoroso languore, gentiluomini e gentildonne attendono di salire su un’imbarcazione brulicante di amorini. Piccoli dettagli come un cuore, una punta di freccia, un Cupido alato posti a coronamento decorativo dei bastoni chiariscono gli intenti di quei nobili pellegrini dell’amore. Da dove scaturisce questo nuovo soggetto ove fantasia e realtà sembrano fondersi? La critica ha ipotizzato che possa trattarsi della trascrizione pittorica di un testo teatrale: Les Trois Cousines di Dancourt, e tuttavia, dacché sia a teatro che in letteratura il pellegrinaggio era un tema assai frequente agli inizi del XVIII secolo, è altrettanto verosimile che l’opera non sia tanto la versione dipinta di un testo letterario quanto la risposta autonoma e personale dell’artista agli stimoli culturali del suo tempo.


L’isola di Citera (1709-1710); intero; Francoforte, Städelsches Kunstinstitut.


L’isola di Citera (1709-1710); particolare; Francoforte, Städelsches Kunstinstitut.

Sacra a Venere, l’isola di Citera aveva suggerito l’appellativo di «giochi citeriani» alle rappresentazioni teatrali del pellegrinaggio verso l’isola d’amore, assai in voga nel secondo decennio del Settecento, ed era chiamata «viaggio per Citera» la gita lungo la Senna verso i villaggi della “banlieue” cittadina dove gentiluomini e gentildonne potevano godersi indisturbati il piacere di amori illeciti. Saint Cloud era uno dei luoghi prescelti per questo genere di svago, talché l’espressione “partir pour Saint Cloud” significava: recarsi a un appuntamento d’amore. Sullo sfondo del dipinto, una balaustra marmorea dichiaratamente ispirata a quella della cascata del castello di Saint Cloud rappresenta un eloquente riferimento a tale pratica. 

La composizione è siglata dal pittore con una citazione dal Giardino d'Amore di Rubens rintracciabile nella pellegrina del gruppo di destra sospinta verso l’imbarcazione da un amorino, un omaggio all’opera del maestro fiammingo nonché un esplicito riferimento al suo tema. Cipressi, pini marittimi e l’architettura stessa del parco richiamano invece l’Italia dei baccanali di Tiziano dai quali Watteau sembra attingere, con l’atmosfera bucolica, quella caratteristica “gravitas” poetica e psicologica che gli consente di prendere le distanze dalle allegre brigate, talora un po’ sguaiate, della scena di genere fiamminga.


Pellegrinaggio all'isola di Citera (1717 circa); Parigi, Musée du Louvre.


Pieter Paul Rubens, Giardino d’Amore (1632-1633), particolare; Madrid, Museo Nacional del Prado.

Dopo la breve pausa di Valenciennes, richiamato dalla vivacità culturale ed economica della capitale, il pittore è di nuovo a Parigi ove, incoraggiato dagli amici-committenti Pierre Sirois, mercante d’arte e suo primo cliente, e Pierre Crozat, banchiere e facoltoso collezionista, si presenta all’Académie Royale. Per l’ammissione ufficiale gli viene commissionata un’opera il cui soggetto è eccezionalmente lasciato alla sua libera iniziativa ma che sarà in grado di presentare solo nell’agosto del 1717, dopo numerosi richiami e proroghe. Si tratta del Pellegrinaggio all'isola di Citera oggi al Louvre ove il tema citeriano dell’opera precedente, pur rielaborato, è avvolto dalla stessa atmosfera densa di languore amoroso. Molte sono le ambiguità; per esempio non è affatto chiaro se i pellegrini stiano lasciando l’isola o siano appena arrivati e i gesti accennati e le espressioni enigmatiche non consentono di sciogliere questo nodo sebbene i colori del tramonto inducano a pensare a un imminente rientro dalla scampagnata. Speranza, sogno, desiderio e forse malinconia, il dipinto offre a chi guarda una ricca gamma di sfumature sentimentali. Qualificando il luogo, l’erma di Venere, simulacro mutilo e silente, sorveglia sorniona i personaggi la cui azione sembra mimare le fasi dell’amore. Leggendo da destra a sinistra: una prima coppia esprime l’innamoramento, metaforicamente reso da Cupido che tira la gentildonna per l’abito, la seconda rimanda al potere esaltante dell’amore, evocato dall’uomo che solleva la donna, la terza all’amore consolidato e alla nostalgia di quelle emozioni impersonata dalla pellegrina in piedi girata verso la seconda coppia. La felice composizione delle figure e dei gesti, quasi un balletto dalla raffinata coreografia, riscuote un evidente successo, tanto che, oltre a spalancare al pittore la porta della prestigiosa istituzione, gli vale anche la commissione - forse a opera dell’amico collezionista Jean de Jullienne - di una replica, riconoscibile nella versione di Berlino. Il confronto fra i due dipinti, analoghi per colori e dimensioni, rivela tuttavia svariate differenze: le coppie protagoniste in primo piano sulla destra da tre sono diventate cinque, gli amorini appaiono moltiplicati ma soprattutto le montagne della precedente sono state sostituite qui da un cielo azzurro, a suggerire, con la desiderabile condizione meteorologica, l’atmosfera perfetta della scampagnata. A sinistra la navicella ha perduto i suoi marinai ricevendo in cambio dei passeggeri e una grande vela rosa, uno stendardo e un albero. Che si tratti di partenza o di arrivo, le differenze sembrano tradire una sostanziale mutazione di intenti di cui è emblematico segnale il passaggio del simulacro di Venere da erma a scultura compiuta. L’allusione ha ceduto il passo alla narrazione. Leggendo da destra a sinistra, ai piedi e alle spalle della coppia raffigurante l’innamoramento, le due aggiunte sembrano declinare al maschile e al femminile le aspettative amorose. 

Lo scudo e l’elmo di Marte, accanto alla coppia in basso, sembrano indicare come per l’uomo l’amore rappresenti la resa, la fine delle ostilità, mentre esprime il tenero romanticismo femminile la fanciulla che sotto l’albero accoglie nella veste i fiori donati dal cavaliere: rose sacre a Venere che, offerte e accettate, simboleggiano l’amore condiviso nel personale lessico galante di Watteau. Non più mutila la statua di Venere, sensuale come un personaggio in carne e ossa, nel sottrarre a Cupido arco e frecce, segnala che, come il suo aiutante, è vigile e attiva. L’amore, che nella versione del Louvre assisteva impotente al suo effetto sull’umanità, nell’opera di Berlino è integro e pronto a cogliere il momento propizio per colpire. Una testa di satiro dal basamento della statua ricorda come senza l’istintivo desiderio l’amore non possa esistere. Considerate nell’insieme, le due opere si mostrano come una sorta di traduzione “moderna” del topos platonico della Venere Urania, idolo dell’amore spirituale, e della Venere Pandemia, icona dell’amore terreno, ma la chiave di lettura filosofica non esclude sfumature sovversive, segnali di reazione alla monarchia assolutista. La critica ha ravvisato infatti un collegamento fra i Pellegrinaggi e il balletto Les Amours déguisés creato da Louis Fuzelier nel 1713 in dichiarata polemica con l’opera danzata dall’analogo titolo di Ballet des Amours déguisés composto circa cinquant’anni prima da Jean-Baptiste Lully. Entrambi ambientati nell’isola di Venere, i due balletti si distinguevano per epoca e contenuti dacché se l’opera di Lully, ben inserita nella propaganda assolutista di Luigi XIV, presentava coreografie incentrate sulla figura del re, quella di Fuzelier, composta per l’Opéra di Parigi, era invece modulata sull’interazione fra le coppie e, grazie alla maggiore libertà corporea, si proponeva come antitesi al modello di riferimento. Costruiti su coppie dialoganti varie per atteggiamenti e abbigliamento, i Pellegrinaggi di Watteau richiamano, con i passi del minuetto, la Citera del balletto di Fuzelier e i suoi mascherati valori trasgressivi graditi al pubblico parigino ormai quantomeno lontano dalla corte di Versailles per stile di vita e ideali. 

Inizialmente registrato nei verbali dell’Académie Royale, il titolo attuale venne poi corretto in Fête galante (Festa galante) una definizione generica che, rivelando tutta l’incertezza degli accademici nel riconoscere nell’opera il tema mitologico, attesta di fatto la nascita di una declinazione tutta francese della scena di genere consacrando Watteau a suo inventore.


L’imbarco per Citera (1718-1719); Berlino, castello di Charlottenburg.

La festa galante

Alla voce “galant” del Dictionnaire Universel di Antoine Furetière (1690) la festa galante è definita «une réjouissance d’honnêtes gens» (una spensierata riunione di gente proba) laddove “galant” è «un homme qui a l’air de la cour les manières agréables, qui tache à plaire» (un uomo con l’aria di chi è vissuto a corte, modi gradevoli, che cerca di piacere) e al femminile: «une personne qui sait vivre qui sait bien choisir et recevoir son monde» (una persona che sa vivere, che sa scegliere bene e ricevere i suoi amici). Traslata dunque dalla vita sociale, la formula “fête galante” si riferisce a eventi mondani ai quali prendevano parte uomini e donne dai modi raffinati che potevano essere anche amanti, dacché “galant”, nello stesso dizionario, è anche sinonimo di “amant”. 

Nelle prime due decadi del Settecento la vita degli aristocratici parigini è tornata urbana e vivere nobilmente non implica più risiedere a corte ma conservare ovunque le maniere e le abitudini consone al proprio lignaggio. Morto Luigi XIV, a Parigi il futuro reggente Filippo, duca di Riunione presso la fontana di Nettuno (1710-1716); Madrid, Museo Nacional del Prado. Chartres e in seguito d’Orléans, amante di spettacoli e concerti, alimenta una nuova ondata di edonismo cittadino ma è nella “banlieue” - nei sobborghi - che si svolge la parte più piacevole della vita dell’élite: una miscela di passeggiate, conversazioni, pasti e intrattenimenti musicali che escludono la frenesia del mondo urbano. 

Sebbene Watteau raffiguri queste pratiche reali, si distacca da ogni intento realistico preferendo evocare, di quei nobili incontri, l’atmosfera sensuale modulata sulla lezione veneziana. Nel mettere in scena la ricchezza e i divertimenti della nobiltà, l’artista eleva la pittura di genere a un piano socialmente superiore assicurandola al successo presso il pubblico che a quel piano apparteneva. Ha tutto il sapore della “fête galante” la Riunione presso la fontana di Nettuno ove coppie di gentiluomini e gentildonne passeggiano in un parco verdeggiante e ornato di sculture. Il precedente titolo - I giardini di Saint Cloud - ci indica con chiarezza il suo collegamento con il tema citeriano, mentre la fontana ornata da una monumentale statua di Nettuno richiama la decadente “grandeur” della Versailles degli ultimi anni del regno di Luigi XIV. Il fascino di La conversazione, ove la critica ha invano sperato di riconoscere i volti di alcuni amici del pittore, risiede nell’ambiguità delle pose e dei gesti dei personaggi. Un gentiluomo invita una gentildonna a seguirlo per una passeggiata alla ricerca, forse, di un luogo appartato mentre il mantello abbandonato a terra avverte che già è caduta ogni formalità. Un cane, emblema dell’istinto nell’iconografia fiamminga e nel lessico di Watteau, sta per farne una cuccia e pare proprio che la lussuria avrà la meglio sulle buone maniere. Lo guarda incuriosito l’unico personaggio non in coppia che, accucciato sulla destra, si lava le mani ostentando forse, con quel gesto evangelico, un disinteresse solo apparente per gli sviluppi dell’intrigante situazione. 

Ascritta al 1714 circa, La prospettiva è un rarissimo caso di “fête galante” nella quale la critica abbia riconosciuto il paesaggio reale del parco del di Montmorency, proprietà di Pierre Crozat, amico del pittore e possibile committente dell’opera. Il dipinto documenta il momento in cui Watteau entra a far parte dell’entourage del raffinato collezionista, consigliere artistico del duca d’Orléans, il futuro reggente di Francia.


Riunione presso la fontana di Nettuno (1710-1716); Madrid, Museo Nacional del Prado.


La conversazione (1710 circa); Toledo (Ohio), Museum of Art. Nella Conversazione l’ipotesi che l’uomo a sinistra, proteso verso la compagna, possa essere Jean de Jullienne o Pierre Crozat è rimasta nel tempo priva di argomenti a sostegno. Per contro, il confronto fra i lineamenti dell’uomo in piedi al centro e le fattezze di Watteau, a noi note dal ritratto di Rosalba Carriera, sembra confortare la possibilità di un autoritratto.


La prospettiva (1714 circa); Boston, Museum of Fine Arts.

Da Crozat Watteau viene ospitato più volte; sia nel castello che nella residenza cittadina, per la quale dipinge le allegorie delle stagioni (della quali resta solo L'estate oggi a Washington) e dove ha modo di studiare da vicino la ricca collezione di capolavori della pittura veneziana del Cinquecento, più tardi acquistata da Caterina di Russia. Nel dipinto, gentildonne in eleganti abiti moderni e gentiluomini dai costumi un po’ rétro movimentano la composizione intrecciando conversazioni, passeggiate e serenate la cui innocenza è sottolineata dalla presenza di due bambine intente a giocare. 

La vivacità delle pose, il realismo delle espressioni e la varietà degli atteggiamenti rivelano, tuttavia, come l’obiettivo di Watteau non sia tanto la descrizione degli svaghi aristocratici, pur accurata e convincente, quanto piuttosto la dettagliata raffigurazione delle emozioni umane. Più che la festa galante è la stessa galanteria il tema centrale, da intendersi come codificazione formale di un’attrazione amorosa che, pur riconosciuta come moto spontaneo dell’animo, necessita di essere espressa con modi eleganti e controllati. Frivola affettazione solo all’apparenza, essa scaturisce in realtà da una nuova concezione tutta settecentesca dell’amore come sentimento tenero, come pulsione psicofisica inscindibilmente connessa alla simpatia e all’empatia, capace di regolare i comportamenti degli spiriti evoluti e la loro società. Per Watteu l’amore e i suoi sentimenti corollari come il desiderio, la passione, la gelosia non sono solo svaghi di un’aristocrazia annoiata e narcisista, ma propulsori di relazioni umane socialmente positive e gradevoli da osservare con divertita curiosità protoilluminista oltre che con garbato rispetto. Il suo tocco delicato scevro da ogni giudizio e da ogni esplicita volgarità emerge assai chiaramente nelle composizioni a ristretto numero di personaggi come La proposta imbarazzante, incentrata sul muto dialogo della coppia al centro, o La lezione di canto, L’amante timido, Il passo falso e L’imbronciata. Nella Lezione di canto il chitarrista, abbigliato in modo un po’ teatrale, seduto su un muretto, sta forse dando la tonalità alla cantante. Gli sguardi intensi e l’inclinazione delle teste segnalano come la metafora musicale veli la ricerca di un’armonia sentimentale di cui tuttavia solo la donna (e il dato non è casuale) possiede la partitura. 

Nell’Amante timido la fanciulla, chiuso il ventaglio, ha smesso di nascondersi per sporgersi incoraggiante verso il cavaliere intento a comporle un omaggio floreale, l’amante timido appunto, dallo sguardo abbassato e dal viso soffuso di rossore. Il contrasto fra la tenuta un po’ campagnola dell’uomo e l’abito serico con pizzi e “ruches” della gentildonna conferisce alla situazione il sapore piccante della “mesalliance”, della disparità sociale tra i due protagonisti, sottolineando, con la diversità dell’abbigliamento, la differente strategia amorosa dei due personaggi. La luce fredda dell’alba, nella prima opera, indica lo stadio iniziale dell’amore mentre il tramonto, nella seconda, sembra segnalare, con l’avvicinarsi delle tenebre, il momento della dichiarazione.


L’estate (1715-1716); Washington, National Gallery of Art.


La proposta imbarazzante (1712 circa); San Pietroburgo, Ermitage.

La lezione di canto (1716 circa); Madrid, Palacio Real.


L’amante timido (1716 circa); Madrid, Palacio Real.

La felice fusione di pudore e passione che caratterizza i primi approcci è felicemente effigiata nella coppia protagonista di Il passo falso. Il titolo originario, La caduta fortunata, descrive meglio dell’attuale la situazione nella quale l’improvviso e goffo abbraccio e la non troppo convinta reazione della dama mostrano tutta l’incertezza degli approcci iniziali. L’imbarazzo sul volto dell’uomo e il colore acceso del mantello ribadiscono l’intensità dell’emozione. Sono due anche i protagonisti di L’imbronciata ove una gentildonna volge la schiena a un corteggiatore un po’ troppo a suo agio. L’accenno a raccogliere la gonna per alzarsi segnala il timore che l’uomo possa abusare di quella eccessiva intimità, ma il volto rosato, lievemente ruotato, tradisce la curiosità per le intenzioni del pretendente, nascoste come la sua mano sinistra. Due particolari: il cappello maschile e l’abito nero di foggia secentesca conferiscono alla scena una sfumatura teatrale a indicare, forse, come ogni schermaglia amorosa, pur spontanea all’apparenza, appartenga all’immortale copione del gioco delle parti.


Il passo falso (1716-1719); Parigi, Musée du Louvre.

L’imbronciata (1717-1718); San Pietroburgo, Ermitage.


Festa d’amore (1716-1719), particolare; Dresda, Gemäldegalerie.

Lo stesso abito nero dell’Imbronciata compare nei Piaceri del ballo indossato da una dama assisa collocata sotto l’arco. Watteau elabora in quest’opera una scenografia complicata da un’architettura grigia ispirata alle colonne manieriste di Salomon de Brosse al Palais du Luxembourg, ma che molto deve a Paolo Veronese. La casualità con la quale il pittore mescola qui musicisti, commedianti, bambini, servitori e coppie di amanti, personaggi in abiti anacronistici, come i due uomini sulla destra con il colletto plissettato alla Van Dyck, e gentildonne in eleganti vesti contemporanee, con l’apparente proposito di narrare una festa aristocratica, in realtà sottrae la scena a un inquadramento temporale, laddove l’architettura fantastica le toglie anche quello spaziale. Ne risulta esaltata l’universalità del tema e la sua libertà da ogni contingenza. 

I due danzatori al centro non sono i soli protagonisti della scena, ché contendono loro le luci della ribalta le quattro coppie sulla destra palesemente impegnate in intime conversazioni. L’atmosfera galante è sottolineata dalla presenza di due piccoli cani, l’uno ai piedi della donna in nero e l’altro in corrispondenza dell’uomo in giallo, che a distanza si scrutano. Nella confusione fra attori e spettatori, fra passato e presente, fra esterno e interno la coppia al centro marca i passi del minuetto, la danza amorosa per eccellenza, leggera ma studiata come il gioco della seduzione. Una coppia di danzatori compare anche nel contemporaneo dipinto Feste veneziane ove Watteau rielabora il tema della riunione presso la fontana, ornamento del giardino d’amore e tradizionale simbolo di giovinezza. La festa galante si svolge qui alla presenza di un simulacro di Venere resa sensuale e viva dalla posa non convenzionale. Fra il ballerino, dal volto di Nicolas Vleughels, amico e collega dell’artista, e la sua dama si intravede una coppia impegnata in approcci irruenti. Nel contrasto fra le pose manierate dei danzatori e la spontanea intraprendenza degli amanti in secondo piano si ravvisano i diversi stadi del dialogo amoroso. Il musicista di cornamusa, un autoritratto del pittore, nel dare festoso colore alla scena bucolica, rimanda con lo strumento al suo suono, romanticamente definito sospiro degli amanti.


I piaceri del ballo (1716-1717); Dulwich (Londra), Dulwich Picture Gallery.

Che Watteau sia un conoscitore profondo degli strumenti musicali si evince dalla frequenza con cui li raffigura, dal realismo con cui li associa e dall’esattezza con cui ne descrive l’aspetto e la tecnica. I primi due decenni del Settecento sono di grandi innovazioni prima fra tutte la genesi della musica da camera che, prodotta da pochi elementi per un pubblico ristretto, sposta l’attenzione del bel mondo dall’Opéra agli ambienti dei palazzi parigini. La frequentazione del salotto all’avanguardia, ove Pierre Crozat intratteneva i suoi ospiti con musica da camera, accresce la familiarità dell’artista con gli strumenti facendone presenze quasi irrinunciabili nelle sue feste galanti. Associata alla danza, la musica non è per il pittore solo un richiamo realistico e un po’ cortigiano ai divertimenti dei suoi committenti, ma una metafora di armonia dei sensi e dello spirito, cercata o raggiunta. Ne è un esempio il Preludio al concerto (o La lezione di musica) da taluni considerato pendant di Gli incanti della vita per il ripetersi di alcuni personaggi fra i quali il maldestro suonatore di un arciliuto dal manico smisurato. In questa seconda opera un colonnato prende il posto delle fronde. Sparita l’erma del dio Termine, vi compare un moro inserviente intento a mettere tre bottiglie in fresco, un tocco di pittoresco veronesiano per un’atmosfera da festa gentilizia. Il riferimento al vino, piacere del gusto, sembra suggerire come l’opera, “mutatis mutandis”, possa essere la risposta di Watteau al tradizionale topos fiammingo dei cinque sensi. Il godimento dell’udito sarebbe espresso dagli strumenti musicali: un arciliuto, un violoncello e una chitarra mentre il senso dell’olfatto potrebbe essere indicato dallo spaniel che in primo piano annusa un biscotto offertogli da una delle bambine, innocenti presenze di questo amoroso concerto. Meno innocenti sono le coppie sullo sfondo, la cui prossimità fisica sembra rimandare inequivocabilmente al piacere del tatto. Il violoncello, strumento un po’ antico dalle note basse e sonore, è stato abbandonato, il trio è diventato un duo formato dal musicista di arciliuto e dalla bionda chitarrista: eliminato il terzo incomodo, la musica si fa più semplice e intima. L’escluso pretendente è lo stesso Nicolas Vleughels delle Feste veneziane ritratto nel personaggio in piedi che, con la mano al fianco, lancia occhiate di sfida al suonatore. Ancora una volta la metafora è chiara: sconfitto il rivale (antiquato come un violoncello), il musicista di arciliuto sta mettendo a punto la sua tattica seduttiva mentre l’avvenente chitarrista è già pronta a suonare. Alle spalle del maldestro musicista, a disagio come il cane che dietro a lui combatte la sua battaglia contro le pulci, la fanciulla, suonando, gioca - lo stesso verbo: “jouer” è usato in francese per suonare e per giocare - con quel pretendente in difficoltà e lo rende palese guardando la bambina che accanto a lei, con analogo inconsapevole sadismo, usa un biscotto per ingolosire il cane.


Preludio al concerto (o La lezione di musica) (1716 circa); Berlino, castello di Charlottenburg.


Feste veneziane (1717), particolare; Edimburgo, National Gallery of Scotland.


Feste veneziane (1717), intero; Edimburgo, National Gallery of Scotland.

Gli incanti della vita (1717-1718); Londra, Wallace Collection.


Rosalba Carriera, Ritratto di Watteau (1721 circa); Treviso, Musei civici.

Sono ambientati in una radura boscosa I divertimenti campestri e Gli Champs- Elysées, le cui composizioni simili differiscono tuttavia nella scelta della scultura: una ninfa dai lunghi capelli nella prima e una Venere (o Antiope) nella seconda. Presenze non solo ornamentali, le sculture a soggetto mitologico, evocando i simulacri marmorei dei giardini di Luxembourg, sono spesso impiegate da Watteau con intenti simbolici affinché con la loro muta ma eloquente presenza permettano a chi guarda di mettere a fuoco con immediatezza l’atmosfera della scena. Sul piano ideale, nel giardino ove la natura è in perenne trasformazione, la statua rappresenta l’immutabile e, in senso traslato, il messaggio universale. Nel dipinto I divertimenti campestri, ai piedi della scultura raffigurante una ninfa dai lunghi capelli, forse l’Occasione, due gentildonne si ornano di rose, i fiori di Venere, a indicarne lo stato di improvviso innamoramento, mentre a poca distanza, su un piano arretrato, una coppia danza per un pubblico ristretto. Accompagnano l’esibizione una ghironda e un oboe. La prima era abitualmente usata per la danza mentre il secondo, strumento del protagonista del Savoiardo e la marmotta (Ermitage), opera dalle riconosciute implicazioni erotiche, esprime con la sua forma lo stato di eccitazione della platea. 

In Gli Champs-Elysées, al posto della statua su basamento di pietra vi è una fontana coronata da una versione lapidea dell’Antiope dormiente dipinta dallo stesso Watteau nel Giove e Antiope del Louvre. L’ingenua ninfa sedotta e ingravidata da Zeus, camuffato da satiro, sembra scelta per mettere in guardia le spensierate fanciulle intente a ornarsi di fiori, ovvero pronte a innamorarsi, sui rischi dell’eccessiva confidenza concessa ai dissimulatori senza scrupoli.


Lezione d’amore (1716-1717); Stoccolma, Nationalmuseum.


I divertimenti campestri (1718 circa); Londra, Wallace Collection.


I divertimenti campestri (1718 circa), particolare; Londra, Wallace Collection.

Gli Champs-Elysées (1717-1718); particolare; Londra, Wallace Collection.


Gli Champs-Elysées (1717-1718); intero; Londra, Wallace Collection.


(1712-1718); Parigi, Musée du Louvre. Ninfa e satiro (o Giove e Antiope)

Lo stesso gruppo scultoreo di Venere e Cupido presente nella versione di Berlino del Pellegrinaggio a Citera si riconosce nella Festa d’amore ove un’animata compagnia di coppie illustra le fasi della seduzione: dai primi sguardi alla ricerca di un luogo per l’intimità. Presenze marmoree ma tutt’altro che statiche, Venere e Cupido, nel contendersi la faretra con le frecce, fanno eco alle vivaci schermaglie amorose degli amanti in carne e ossa. È una riunione “en plein air” anche I pastori (oggi a Berlino) ove una coppia danza al suono della zampogna, una amoreggia, un’altra ascolta la musica e una quarta si diverte sull’altalena. Illuminata dalla calda luce del tramonto, la fanciulla in altalena chiosa la scena rimandando alla volubilità dei sentimenti femminili laddove le mani intrecciate della coppia danzante mimano, con la raggiunta armonia dei corpi, l’amore condiviso. Isolato in primo piano, un giovane guarda la coppia con la stessa curiosità del suo cane accucciato, improvvisamente risvegliato dall’atmosfera eccitante di quel raduno campestre.


L’imbarco per Citera (1718-1719), particolare; Berlino, castello di Charlottenburg.

Festa d’amore (1716-1719); Dresda, Gemäldegalerie.


I pastori (1716-1717); Berlino, castello di Charlottenburg.

Il tono si fa più alto nella Riunione in un parco del Louvre ove l’azione amorosa si svolge come su un palcoscenico alla luce del crepuscolo. A destra sotto gli occhi di due astanti un uomo è respinto dalla sua dama, ma il gesto e i costumi teatrali della coppia con i due bambini poco distanti sembrano indicare come non vi sia nulla di serio né di definitivo in quel rifiuto. Sulla sinistra, una coppia si avvia a braccetto verso lo specchio d’acqua al di là del quale un uomo passeggia, lontano da quella compagine nella quale non ha trovato corrispondenza se non, forse, nella bambina che lo guarda a distanza, troppo giovane per l’amore. La gentildonna in commiato, raffigurata di spalle, indossa una veste rossa di cui colpisce la foggia elegantissima. L’inizio del XVIII secolo è il momento in cui Parigi si conferma capitale europea della moda. Qui la nobiltà usa l’eleganza e i gusti raffinati per ridefinirsi come casta urbana superiore offrendosi alla borghesia in ascesa come modello da imitare. Occasioni come gli spettacoli teatrali, i concerti, i balletti e le feste, favorendo i contatti fra le classi sociali più facoltose, ne incoraggiano di fatto la fusione in una nuova élite urbana, il cui comune denominatore non è la nascita, ma le abitudini raffinate e l’abbigliamento. Watteau non manca di registrare attentamente l’affermarsi della moda come ingrediente cruciale della vita sociale. Possediamo una raccolta di sette disegni tradotti in acquaforte dallo stesso pittore e raccolti in un volume intitolato Les Figures de modes (alla Bibliothèque Nationale di Parigi) i cui protagonisti non sono tanto personaggi dell’aristocrazia ritratti dal vero quanto piuttosto pretesti per valorizzare dei bei costumi. L’artista ha il merito di aver eternato l’“andrienne”, un abito in seta in uso dal 1705 al 1715, con ampie pieghe sul dorso riunite dietro alla nuca, appoggiate al “panier”, la gabbia che allarga la gonna sui fianchi.


Riunione in un parco (1716-1717); Parigi, Musée du Louvre.

Definita per tale ragione anche “robe watteau”, questa serica veste è spesso indossata dai personaggi femminili delle feste galanti come la gentildonna in piedi di L’amore tranquillo (oggi a Berlino). L’opera la presenta, sullo sfondo della campagna, mentre con il suo cavaliere si accommiata da una riunione galante. La musica è sospesa e il chitarrista, girato verso il riguardante, sembra voler annunciare che la melodia ha già svolto la sua galeotta funzione. Il gustoso dettaglio della collana di perle di una giovane di spalle, con il contrasto del nero fiocco e delle perle, candidi simboli di purezza, rimanda ad una virtù stemperata da femminile malizia. Il cane addormentato in primo piano, emblema dei sensi sopiti, si riferisce alla coppia in piedi la cui relazione ormai spenta risulta sia dall’atteggiamento confidenziale che dal nostalgico sguardo rivolto dalla dama alle coppie in effusioni sull’erba. Un cane addormentato compare anche in La danza nota anche come Iris è di buonora dipinta da Watteau fra il 1719 e il 1720, forse durante il soggiorno in Inghilterra, come sembra indicare la seta inglese della piccola protagonista, stampata intorno al 1718. Non sappiamo chi abbia attribuito il secondo titolo all’opera, desunto da una stampa tratta dal dipinto, ma è certo calzante dacché la piccola, intenta ad accennare un passo di danza per i tre giovanissimi compagni, mostra, con la grazia del sorriso sul volto caratterizzato, una precoce consapevolezza del suo fascino. Ai piedi dell’albero lo scudo con un cuore e una freccia tolgono ogni dubbio sugli intenti di quella seduttrice in erba mentre il cane, in vigile riposo, ne simboleggia l’imminente risveglio dei sensi. Ha un’espressione invitante la Giovane dama con arciliuto nota anche con l’intrigante titolo francese di La Finette. Nella sua lucente veste serica dai toni freddi del ghiaccio la fanciulla suona un arciliuto, uno strumento musicale complesso quasi mai solista e impiegato prevalentemente nella musica da camera. 

Il titolo Finette, femminile di “finet” che in francese sta per astuto sembra indicare nell’ammicante musicista un’esperta nelle malizie femminili, seducenti come le note di un arciliuto. Fa pendant con quest’opera L’indifferente il cui protagonista è un ballerino il cui aspetto ambiguo risulta accentuato dal “dégagé croisé en avant” e dall’elegante “port de bras”, riferimenti puntuali alla danza. Il titolo ha indotto la critica a collegare il dipinto con l’ordine degli Indifferenti, una stravagante associazione fondata da Marie Sallé, danzatrice e coreografa presso la Comédie Française, animata dal bizzarro proposito di combattere l’amore e sottrarsi al suo imperio. 

La musicista e il ballerino in pendant rimandano ai due volti della seduzione settecentesca: quella femminile che opera con ammaliante astuzia e quella maschile che per meglio raggiungere l’obiettivo assume le forme effeminate di una grazia eccessivamente manierata.


L’amore tranquillo (1718 circa), intero e particolare; Berlino, castello di Charlottenburg.


L’amore tranquillo (1718 circa), particolare; Berlino, castello di Charlottenburg.

La danza (o Iris è di buonora) (1719-1720); Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie.


Giovane dama con arciliuto (o La Finette) (1717 circa); Parigi, Musée du Louvre.


Giovane in atto di danzare (o L’indifferente) (1717 circa); Parigi, Musée du Louvre.

Libertino di spirito ma saggio di costumi, come lo definisce Edme Gersaint, amico e mercante d’arte, Watteau è anche autore di dipinti esplicitamente erotici di cui egli stesso, a detta del conte di Caylus, uno dei suoi biografi, decise di disfarsi prima di morire. Pur contenute nelle allusioni salaci, tradiscono il gusto dell’epoca per i soggetti lascivi opere come La toilette, Il bagno di Diana, Il giudizio di Paride e il ricordato Giove e Antiope nelle quali il riferimento mitologico giustifica solo in parte il compiacimento voyeuristico nell’offrire al riguardante la nudità femminile in pose sensuali.


Il bagno di Diana (1715-1716); Parigi, Musée du Louvre.

La toilette (1717-1719); Londra, Wallace Collection.


Il giudizio di Paride (1717-1721); Parigi, Musée du Louvre.


Il bagno di Diana (1716 circa); Vienna, Albertina, Graphische Sammlung.

Capolavori del “double intendre” - del doppio senso - sono La filatrice e il suonatore di flauto, il cui titolo francese di L’Indiscret sottolinea efficacemente il riprovevole tentativo del musicista di sbirciare le parti intime della filatrice, e il già citato Il savoiardo e la marmotta dell’Ermitage. Protagonista di questa seconda opera è un musicista savoiardo di quelli che nel XVIII secolo portavano in giro una marmotta addomesticata da far danzare al suono dell’oboe. Questa figura folkloristica un po’ goffa avrebbe un sottinteso licenzioso, dacché in francese la parola “marmotte” era utilizzata per l’organo genitale femminile mentre la forma oblunga dell’oboe richiamava visivamente quello maschile. Non diversamente si prestano a una lettura metaforica il fuso e la conocchia della Filatrice. Assai lontane dalle feste galanti con le loro languide atmosfere, queste opere, dirette agli amici collezionisti più libertini del suo variegato entourage, risaltano nella produzione di Watteau come espressioni di una genuina ironia nella quale una vena dissacrante di ascendenza fiamminga e l’arguzia francese, protoilluminista, si fondono.


Savoiardo in piedi con la sua marmotta (1708-1712); Parigi, Petit Palais, Musée des Beaux-Arts.

La filatrice e il suonatore di flauto (o L’Indiscret) (1713-1715); Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen.


Il savoiardo e la marmotta (1713-1715); San Pietroburgo, Ermitage.

WATTEAU
WATTEAU
Silvia Malaguzzi
La presente pubblicazione è dedicata a Antoine Watteau (Valenciennes 1684 - Nogent-sur-Marne 1721). In sommario: Un fiammingo a Parigi; Due tematiche fondamentali; Il rapporto con la commedia dell'arte; L'Insegna di Gersaint; I disegni. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.