UN FIAMMINGO A PARIGI

Come eterei pizzi della natale Valenciennes, le suggestive composizioni di Antoine Watteau propongono allo spettatore feste, serenate e intrighi amorosi

immersi in un’atmosfera poetica di parchi verdeggianti. Queste aristocratiche divagazioni, lontane dai toni popolareschi della scena di genere fiamminga, marcano la sua breve ma intensa carriera di un’indiscutibile originalità destinata a influenzare profondamente l’evoluzione della pittura francese. Il tema amoroso, l’attenzione alla moda, al teatro, alla danza e alla musica hanno spinto molta critica a considerare questo pittore fiammingo parigino di adozione come il frutto tardivo del regno di Luigi XIV e dell’atmosfera frivola e ovattata di Versailles e, tuttavia, le sue numerose biografie, pur lacunose e talora contraddittorie, sono concordi nel tratteggiare la personalità di un artista libero, ben lontano dal modello del pittore di corte e svincolato dalle logiche propagandistiche dell’arte ufficiale. 

Watteau nasce nel 1684. Sebbene dei primi anni della sua vita non resti altro documento che il certificato di battesimo, i biografi ipotizzano l’esordio del pittore nel 1694-1695, nella città natale, presso l’atelier di Jacques Albert Gérin, un artista locale che lavorava nella tradizione fiamminga. Valenciennes, appartenuta fino al 1677 alla Fiandra cosmopolita e fiorente di commerci, era passata da pochi anni sotto il dominio francese e, come luogo di frontiera, viveva in un costante clima bellico. Una serie di dipinti ascritti allo scadere del primo decennio del XVIII secolo documenta l’atmosfera degli anni della formazione. Si tratta di opere come La sfilata, La sosta e il Campo volante ove, in un linguaggio dichiaratamente fiammingo, Watteau narra, dei soldati, non già i trionfi e le parate, ma la vita quotidiana negli accampamenti, con un tono dimesso e personale assai lontano dall’eloquenza eroica cara al regno del re Sole. 

Alla morte del maestro, nel 1702, Watteau sente la necessità di lasciare la pur amata città natale forse per la difficoltà di conformarsi allo stile della produzione locale che i rigidi statuti corporativi e la posizione geografica periferica avevano cristallizzato.


La sosta (1709 circa); Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.


La sfilata (1706-1707); York, York Art Gallery.

In quegli anni, Parigi stava tornando a essere la capitale intellettuale d’Europa. Dopo il lungo periodo di decentramento della vita sociale alla corte di Versailles, l’aristocrazia, annoiata dalla rigida etichetta e dai suoi complessi rituali, intravede nella città sulla Senna un’alternativa più libera e stimolante. Il pensiero è in fermento, l’arte è prospera e le classi sociali vanno vieppiù mescolandosi; ciò che conta è la moda e chi ne detta le leggi non è necessariamente blasonato. Se ancora la nascita dei salotti letterari è un fenomeno modesto, è invece in crescita lo sviluppo dei caffè dove circolano mode e idee i cui limiti non sono più dettati dal lignaggio, ma dal buon gusto. La società femminile esclusa dai maschili caffè si ritrova nelle bische ove, con il gioco d’azzardo, si offrono agli avventori concerti, balli e sontuosi banchetti. Le nobildonne si confondono con le “demi-mondaines”, l’illustre gioventù della capitale con l’élite della corte, gli artisti e i letterati. A Parigi Watteau è accolto da questa variegata società di cui ben presto diventerà l’interprete. Dapprima impiegato come copista di immagini devozionali presso una bottega di Pont Notre-Dame, diviene in seguito assistente di Claude Gillot, un affermato illustratore e decoratore di scenografie che lo inizia all’affascinante mondo del teatro. La critica ascrive a questo momento Arlecchino imperatore sulla luna la cui autografia, per taluni incerta, sembra trovare conferma nella figura di Mezzettino, assai simile al protagonista della famosissima opera del Metropolitan Museum. In questo lavoro già si delinea chiaramente la risposta modernista di Watteau alla “querelle des anciens et des modernes”: è evidente come l’Italia non sia più il luogo dei “grandes modèles” della storia romana celebrato da Poussin ma quello dei comici, dei buffoni e delle maschere della Commedia dell’arte, lontano da ogni retorica dell’eroismo e della santità. 

Verso il 1708 è lo stesso Gillot a presentarlo al suo secondo datore di lavoro: Claude Audran III, erede di un’illustre dinastia artistica e titolare di uno studio specializzato in decorazioni rococò da interni. Audran era a quel tempo conservatore del Palais du Luxembourg, cosicché, come suo assistente, a Watteau si offre la possibilità di studiare da vicino il ciclo dei dipinti di Rubens sulla vita di Maria de’ Medici (oggi al Louvre), un’esperienza estetica cruciale per gli sviluppi del suo gusto pittorico.


Campo volante (1709 circa); Mosca, Museo Puškin.


Arlecchino imperatore sulla luna (1707 circa); Nantes, Musée des Beaux-Arts.

WATTEAU
WATTEAU
Silvia Malaguzzi
La presente pubblicazione è dedicata a Antoine Watteau (Valenciennes 1684 - Nogent-sur-Marne 1721). In sommario: Un fiammingo a Parigi; Due tematiche fondamentali; Il rapporto con la commedia dell'arte; L'Insegna di Gersaint; I disegni. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.