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FUORI DAL TUNNEL?

di Daniele Liberanome

Le quotazioni di Tancredi sono rimaste ancorate ai fasti del 2007-2008 ma con le opere del 1954-1959 la rivalutazione potrebbe essere a portata di mano

Attento e originale rielaboratore di stimoli artistici provenienti da mezzo mondo, Tancredi Parmeggiani (1927-1964) può costituire oggi un investimento proficuo.

Le sue quotazioni sono rimaste ancorate a lungo ai fasti del 2007-2008, ma ora può convenire seguire le sue opere a maggior potenzialità di rivalutazione, ossia quelle del quinquennio 1954-1959. Allora, Tancredi che non era più un talento emergente, aveva già incontrato e affascinato Peggy Guggenheim e grazie a lei il suo Primavera era ormai appeso al MoMA di New York. Nelle tele di quegli anni si ritrovano richiami all’Action Painting americano, in particolare ai lavori di Jackson Pollock, ma senza copiare la tecnica del “dripping” o creare con altri metodi sovrapposizioni di colori e materia.

In Natura e contemplatività del 1957, tutte le aree della tela hanno pari importanza e ricevono la stessa attenzione, secondo una concezione tipica degli americani, ma l’organizzazione spaziale è precisa, secondo la tradizione europea.

Le veloci pennellate di colori puri, più minute al centro, che si ampliano alle periferie e si irradiano quasi fossero cerchi, paiono ballare come Pollock ballava intorno alle sue tele dipingendole, ma in modo meno erratico e più composto. Tancredi aveva selezionato l’opera per la sua mostra alla Hanover Gallery di Londra, una delle più importanti della sua breve carriera ed evento quanto mai insolito per un giovane artista italiano, sconosciuto fuori dall’Italia fino a poco prima. Ma Peggy Guggenheim, pur nella tempestosità dei loro rapporti, molto poteva, e fu lei stessa a comprare per prima Natura e contemplatività. L’opera passò poi a un collezionista lombardo, e quando la volle rivendere da Christie’s, la Soprintendenza lombarda decise di avviare i procedimenti per impedirne l’esportazione.

Di solito queste notizie ammazzano il mercato, ma quel 26 maggio 2008 i collezionisti in sala a Milano non si lasciarono fuorviare e Natura e contemplatività passò di mano per 540mila euro, tre volte la stima. Un successo che resta tuttora ineguagliato. Del resto, le opere con la parola “natura” nel titolo, create quasi tutte nel 1957, compaiono di rado in asta e non vanno mai invendute. Piacciono non solo per i riferimenti ai grandi americani, ma anche per la tavolozza ricca di colori, che ne fanno un’esplosione di luminosità. Si sono rivalutate notevolmente nel tempo, considerato che nel 1994 si vendevano per un equivalente di poco più di 20mila euro (come A proposito di natura, Finarte, Milano, 21 giugno 1994). È però altrettanto vero che quelle opere hanno perso molto valore dal 2007, visto che l’ultimo aggiudicato della serie è un bel Natura-tempo, passato però di mano da Farsetti (Prato, 30 novembre - 1° dicembre 2012) per soli 70mila euro e perdipiù a fronte di aspettative ancora minori.


Natura-tempo (1957).

Un percorso di mercato simile hanno seguito anche i Senza titolo del 1958-1959. Richiamano da vicino le tele sulla natura, ma le pennellate si sovrappongono e diventano talmente brevi che diventano evidenti i richiami a Jackson Pollock (e le similarità con i carissimi Tutto di Boetti del 1988, trent’anni dopo). Nel fatidico 2008, Farsetti ne aggiudicò uno per 240mila euro (Prato, 31 maggio) e diversi altri vennero scambiati intorno a quella cifra. Ma da allora, i prezzi sono spesso risultati ben minori. Stessa storia racconta un Senza titolo del 1954, con piccoli rettangoli di colori tenui, che in parte si sovrappongono fino a creare un movimento quasi alla Mondrian. Ebbene, venne aggiudicato una prima volta da Farsetti a Prato nel 2011 (28 maggio) per 120mila euro, scendendo sotto la stima minima. Appena due anni dopo, il 1° giugno 2013, la stessa casa d’asta la offrì nuovamente fatturando 110mila euro, con una flessione minima, considerato il poco tempo passato dall’acquisto precedente. Ma anche il nuovo collezionista l’ha voluto presto rivendere, e sempre Farsetti l’ha aggiudicato il 27 novembre 2015 e stavolta il prezzo è piombato a 95mila euro. Evidentemente nessuno pare difendere il mercato di Tancredi e i bei pezzi, che nei felici anni 2007- 2008 passavano da Finarte per finire da chi li apprezzava, transitano adesso per mani meno attente. Il mercato di Tancredi richiederebbe più pazienza che per Boetti o Fontana e chi lo apprezza davvero non lo mette in vendita ai prezzi attuali.
Eppure ci sono indicazioni che il tunnel potrebbe essere prossimo alla fine. Se con la crisi di Finarte, nel 2009 sono passati per le sale d’asta solo tre Tancredi di cui uno solo di buona qualità; se nel 2010 si sono registrati oltre cinquanta per cento di dipinti invenduti, di cui uno (Hiroshima 3) presentato inutilmente all’Italian Sale di Christie’s e poi rivenduto l’anno dopo a meno di metà della stima iniziale; se nel 2012 gli invenduti erano ancora il cinquanta per cento con un solo pezzo interessante - oggi la situazione è migliorata. L’anno scorso sono passati tre pezzi per le aste internazionali e tutti aggiudicati oltre la stima, incluso un Senza titolo del 1956 aggiudicato per 127mila euro triplicando la stima (Christie’s, Milano, 28-29 aprile). La prima metà del 2016 ha segnato la scomparsa degli invenduti, anche se le opere non erano eccezionali. Tutto indica che potrebbe essere il tempo giusto per comprare un bel Tancredi e aspettare la ripresa del mercato.

ART E DOSSIER N. 338
ART E DOSSIER N. 338
DICEMBRE 2016
In questo numero: PHILIPPE DAVERIO: la volta che mostrai a Warhol il Cenacolo di Leonardo. AI WEIWEI: l'intervista. IN MOSTRA Dietro la tenda a Düsseldorf, Miniature a Venezia, Rubens a Milano, Tancredi a Venezia, Warhol a Genova, Lindbergh a Rotterdam, Bob Wilson a Varese.Direttore: Philippe Daverio