Grandi mostre. 5
Rubens e il Barocco a Milano

PRONTEZZA D’INGEGNO
FURIA DEL PENNELLO

Vive otto anni nel nostro paese e ne rimane letteralmente folgorato. Arte antica, statuaria classica, Rinascimento diventano per Rubens richiami talmente potenti da lasciare un’impronta incancellabile nella sua pittura. Ma qual è il suo contributo alla tradizione italiana del Seicento? Ce lo racconta qui la curatrice della rassegna di Palazzo reale.

Anna Lo Bianco

Aventitré anni, nel giugno del 1600, Rubens (1577-1640) da Anversa si mette in viaggio per l’Italia.

L’educazione umanistica ricevuta, la conoscenza dei testi classici e della grande arte antica, ma anche del nostro Rinascimento, lo spingevano a incontrare dal vivo i miti di questo grandioso passato. Il suo soggiorno nel nostro paese dura otto anni e lascia nell’artista un segno indelebile al punto che Bernard Berenson ama definirlo un pittore “italiano”. L’immaginazione di Rubens è infatti profondamente colpita dalla grande tradizione italiana che gli suggerisce una serie di stimoli da cui si sprigiona una fortissima vena creativa, in grado di spingersi verso ideazioni ardite e complesse, del tutto innovative. Tutta la critica ha riconosciuto il suo amore per l’Italia e il debito verso la sua cultura, eppure nella percezione generale Rubens resta estraneo alle vicende figurative italiane, quasi sempre assente dai manuali di storia dell’arte, spesso anche dai testi specifici sul XVII secolo, il più delle volte incluso nella generica voce “fiamminghi”, pur godendo della fama di grande e indiscusso maestro.

Ma se l’Italia è stata così determinante per Rubens, rispondendo alle sue aspettative di un incontro ravvicinato con la grande tradizione classica, quanto l’artista ha contato per le vicende figurative del nostro paese agli inizi del Seicento? In molti hanno sottolineato questo aspetto considerandolo davvero un precursore del Barocco, ma senza spingersi ad analizzare più a fondo queste considerazioni.

La mostra vuole partire proprio da qui e mettere in luce un capitolo nuovo, mai affrontato in precedenza: la fortissima influenza esercitata dal maestro sugli artisti di una generazione più giovane come Bernini, Lanfranco, Pietro da Cortona, Salvator Rosa, Domenico Fetti, Luca Giordano, tutti letteralmente conquistati dalla portata innovativa della pittura di Rubens. Le sue opere italiane propongono infatti un’inedita e anticonformista interpretazione dell’antico, una visione dinamica dello spazio, una concitata narrazione dei grandi temi religiosi e mitologici.

Un’inedita e anticonformista interpretazione dell’antico, una visione dinamica dello spazio


Mettendo a confronto i dipinti di Rubens con quelli dei più giovani pittori italiani, la mostra vuole sottolineare affinità e influenze talvolta sorprendenti. Parallelamente sono esposti esemplari di statuaria classica, noti e ammirati dal maestro, da cui aveva tratto ispirazione per le figure e le pose dei suoi personaggi.

Per seguire questo filo interpretativo la mostra non si svolge con un andamento cronologico ma divide l’opera di Rubens in quattro sezioni tematiche, volte ad approfondire la visione generale dell’artista nei diversi campi iconografici, con accostamenti a esemplari di artisti più giovani e alle statue classiche. È questo un modo per un incontro più ravvicinato con il maestro, indagando la sua figura di uomo che spesso si intreccia a quella di artista, a dimostrare una personalità densa di umanità e fantasia, di forza morale e di grandiosa inventiva.

La prima sezione è intitolata “Nel mondo di Rubens”, artista che il biografo Giovan Pietro Bellori definiva «maestoso insieme ed umano e nobile di maniere e d’abiti». Il Ritratto della figlia Clara Serena (Vienna, Liechtenstein - The Princely Collections) si presenta come una chiave privilegiata per entrare in questo mondo di affetti familiari profondi, così come quello della moglie Isabella Brant, testimoni del suo forte attaccamento alla famiglia. Intensi, carichi di affettività e tenerezza, possono davvero dirsi “ritratti d’amore”.


Ritratto equestre di Giovanni Carlo Doria (1606), Genova, Galleria nazionale di palazzo Spinola.

A questa vena informale, volta a comunicare gli affetti si ispira anche Bernini nel suo Ritratto di giovinetto (Roma, Galleria Borghese), davvero vicino all’invenzione di Rubens. L’amore per la famiglia va in Rubens di pari passo con quello per l’amicizia coltivata in una cerchia di intellettuali tra cui lo stesso fratello Philip, animati da una visione etica del mondo antico. Lo dimostra il dipinto di Seneca morente (Madrid, Museo Nacional del Prado), elogio del grande pensatore romano, maestro di profonda saggezza, modello di tutta una vita per l’artista.

La seconda sezione è intitolata “Santi come eroi: pittura sacra e Barocco” e si incentra sulla nuova visione della pittura religiosa, grandiosa e concitata di cui l’artista lascia la più famosa testimonianza nella decorazione della Chiesa nuova a Roma. È esposta la preziosa prima versione dell’opera, conservata nella Gemäldegalerie di Berlino, probabilmente sottoposta per approvazione ai committenti, gli esigenti padri oratoriani. Attorno sono presenti opere strettamente legate a questa decorazione, a dimostrare l’impegno dell’artista nella prestigiosa impresa. Il risultato finale, le tre grandiose pale su lavagna terminate nel 1608, divengono un modello cui tendere per tutti gli artisti più giovani: i santi sono rappresentati come eroi del mondo antico, in vesti da imperatori, le sante sembrano matrone romane, al centro un trionfo dilatato di angeli in volo propone un movimento irrefrenabile. Siamo di fronte a una pittura mai vista prima, probabilmente la più grande novità a inizi Seicento dopo Caravaggio.

Molti altri dipinti esposti ripropongono la stessa grandiosa seduttività che appare come la vera novità del messaggio: l’inizio dell’incontrastata secolarizzazione dell’arte sacra.

La terza sezione è dedicata a “La furia del pennello” riprendendo una famosa definizione del biografo Giovan Pietro Bellori: «Alla copia delle sue invenzioni e dell’ingegno aggiunta la gran prontezza e la furia del pennello », che sintetizza in pieno la portata rivoluzionaria della pittura del maestro. Ce lo dimostra il grandioso Ritratto equestre di Giovanni Carlo Doria (Genova, Galleria nazionale di palazzo Spinola) in cui l’energia guizzante percorre la testa e la criniera del cavallo investendo l’equilibrio instabile del personaggio, perfettamente inserito in un incrocio di elementi contrastanti, illuminati da bagliori argentati.

A questa maniera concitata si ispirano Pietro da Cortona e Lanfranco, il primo con la tumultuosa scena Gli angeli segnano la fronte a coloro che devono essere illesi dai flagelli (Roma, Collezione Fondazione Roma), il secondo con l’altrettanto apocalittica tela di San Giovanni a Patmos (Napoli, collezione privata) che sembrano scatenare le forze del creato.


Saturno che divora uno dei suoi figli (1636-1638), Madrid, Museo Nacional del Prado.

L’ultima e più numerosa sezione è intitolata “La forza del mito” e raccoglie tutte quelle opere tratte da antiche fonti, letterarie e bibliche, che sollecitano la «gigantesca fantasia» di Rubens, come la definisce a fine Ottocento Burckhardt. Si offrono così al pittore spunti ora foschi e cruenti, come nel dipinto Saturno che divora uno dei suoi figli (Madrid, Museo Nacional del Prado), messo a confronto con il Prometeo di Salvator Rosa (Roma, Galleria nazionale d’arte antica di palazzo Corsini); ora di piena armonia e bellezza come nella serie di tele dedicate a Susanna e i vecchioni, vera esaltazione della grazia femminile che nella sua posa seduta, nella versione della Galleria Borghese, riprende la bellissima statua di Afrodite al bagno con Eros, di collezione Farnese (Napoli, Museo archeologico nazionale), esposta a suggerire il confronto. Rubens ne riprende l’elegante torsione della testa e del busto, la morbida sensualità delle membra, in un’interpretazione del tutto personale e anticonformista dei modelli antichi, da lui resi vivi e vitali secondo esigenze del tutto personali. Una sala, quasi una sottosezione, è poi dedicata al mito di Ercole, in cui Rubens manifesta la sua ammirazione per il grandioso Ercole Farnese, da lui più volte disegnato. Nel personaggio eroico rievocato nei dipinti dell’artista esposti, si celebra il più grande esempio di virtù e di coraggio dell’antichità, ma anche il modello di una vita in cui affrontare e vincere tutte le difficoltà come fu quella di Rubens.


Afrodite al bagno con Eros (prima metà del II secolo d.C.), Napoli, Museo archeologico nazionale.


Susanna e i vecchioni (1606-1607), Roma, Galleria Borghese.

Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco

a cura di Anna Lo Bianco
Milano, Palazzo reale
piazza del Duomo 12
fino al 26 febbraio 2017
orario 9.30-19.30, lunedì 14.30-19.30, giovedì e sabato 9.30-22.30
catalogo Marsilio
www.mostrarubens.it

ART E DOSSIER N. 338
ART E DOSSIER N. 338
DICEMBRE 2016
In questo numero: PHILIPPE DAVERIO: la volta che mostrai a Warhol il Cenacolo di Leonardo. AI WEIWEI: l'intervista. IN MOSTRA Dietro la tenda a Düsseldorf, Miniature a Venezia, Rubens a Milano, Tancredi a Venezia, Warhol a Genova, Lindbergh a Rotterdam, Bob Wilson a Varese.Direttore: Philippe Daverio