Grandi mostre. 1
Robert Wilson a Varese

RACCONTI
DI LUCE

Non si sono mai conosciuti, ma forte è l’analogia tra loro. Wilson, artista rivoluzionario; il conte Giuseppe Panza di Biumo, scomparso qualche anno fa, grande collezionista di arte contemporanea. Entrambi guidati da una poetica lungimirante. Forse è per questo che le opere di Wilson, oggi esposte a Villa Panza, riescono a dialogare in modo armonico con il patrimonio della dimora settecentesca?

Jean Blanchaert

Il quattro settembre duemilasedici, nella Città del Vaticano, durante la cerimonia di canonizzazione di Anjezë Gonxhe Bojaxhiu cioè Madre Teresa di Skopje e di Calcutta, Jorge Mario Bergoglio, cioè papa Francesco, ha dichiarato: «Coloro che aiutano i fratelli, benché non lo sappiano, sono coloro che amano Dio».

Genesi 1, 1-5: «In principio creò Iddio il cielo e la terra. E la terra era deserto e solitudine, e oscurità era sulla faccia dell’abisso; ed un vento di Dio agitavasi sulla faccia dell’acqua. Dio disse: “Sia luce”; e luce fu. Iddio vide la luce essere buona cosa; Iddio separò la luce dall’oscurità. Dio chiamò la luce Giorno e l’oscurità chiamò Notte. Così fu una sera, e fu una mattina; un giorno».

Anche Robert Wilson appartiene alla schiera di coloro che amano Dio senza saperlo, senza pensarci. Egli celebra istintivamente, ogni giorno, la nascita della luce descritta nella Genesi. Anche per lui la luce è cosa buona e nel suo teatro, la divide e la separa dall’oscurità. La luce non soltanto ha un alfabeto, una grammatica, una sintassi, ma possiede pure un’armonia, un contrappunto, una tonalità e perfino un corpo. Robert Wilson, internazionalmente noto come Bob, spesso dichiara di non essere un intellettuale. Essere intellettuale è un mestiere come un altro, come il posatore di piastrelle, per esempio. C’è il posatore bravo e quello di cui non ci si può fidare; c’è l’intellettuale intelligente e poi c’è anche quello cretino. Il mestiere di Wilson è l’artista: attore, regista, drammaturgo, scenografo, designer, scultore, pittore, disegnatore, architetto. Se Bob Wilson ha il vezzo di proclamarsi un non intellettuale, noi abbiamo il vizio di considerarlo intelligente.


La luce di Wilson non ha nulla di estetizzante, ha un corpo indipendente che illumina senza confondere le idee

Tutte le componenti del suo teatro vengono tenute insieme dalla luce. C’è quello che ha talento per il tennis, quell’altro per lo sci, quell’altro ancora per le lingue straniere. Bob Wilson ha un grandissimo talento per la luce. Con la luce crea gli spazi e l’architettura della scena. La sua è una luce retta, onesta, virtuosa, vera. Non ha nulla di estetizzante, ha un corpo indipendente che illumina senza confondere le idee; è una luce che, seppur magnifica, consente il racconto oggettivo. Invece di voce narrante, nel teatro di Wilson si può parlare di luce narrante, una luce che toglie la parola agli attori. La voce della luce, una voce che cambia colore in base alla drammaturgia.

Quando, il 24 aprile 2010, il conte Giuseppe Panza di Biumo è scomparso, Bob Wilson aveva cinquantanove anni, eppure non si erano mai conosciuti. A volte però non c’è bisogno di vedersi per essere affini. 


ROBERT DOWNEY JR. (2004), dalla serie Video Portraits.

La seconda metà del Novecento ha visto il più importante collezionista italiano di arte contemporanea e il più rivoluzionario uomo di teatro del suo tempo camminare su strade parallele, l’una astratta, l’altra non estranea alla figurazione, ma entrambe fatte di luce, quella luce intensa che porta il pensiero lontano da ciò che l’occhio vede. «Bellezza della combinazione libera di forze rette da semplici leggi che si attuano con una novità senza fine secondo leggi costanti». Non sono note di Wilson per una coreografia bensì appunti inediti e non datati di Panza di Biumo, scritti in stile James Joyce, senza punteggiatura, durante un viaggio nel deserto del Sahara compiuto con la moglie Rosa Giovanna Magnifico, preziosa consigliera per tutta la vita.

Negli ambienti settecenteschi di Villa Panza, donata dal conte nel 1996 al Fai (Fondo Ambiente Italiano), da molti anni ormai le opere di Robert Irwin, Dan Flavin e James Turrell aspettavano l’arrivo di quelle di Bob Wilson. Pare si debba essere statunitensi per capire le leggi dell’illuminazione, artificiale o naturale che sia. I californiani Irwin e Turrell e il newyorkese Flavin (mancato nel 1996) attendevano l’arrivo del texano Wilson col quale avrebbero potuto comprendersi nella stessa lingua, non soltanto quella parlata.
Così è nata la mostra Robert Wilson. Tales, a cura di Noah Khoshbin, curatore dei progetti espositivi per lo Studio Wilson, e di Anna Bernardini, direttrice del museo di Villa Panza. «È la prima volta che abbiamo mantenuto l’allestimento originario facendo dialogare le opere della collezione permanente con la mostra temporanea», dice Anna Bernardini, «la poetica di Wilson ha delle forti analogie con quella di Panza di Biumo».
I cinquantasei Video Portraits esposti in villa sono una sorta di “tableaux vivants” in lenta mutazione davanti agli occhi dello spettatore e offrono una visione cinematica di un momento iconico tratto dalla storia dell’arte, dalla letteratura o dal teatro. 

Il monitor diventa un palcoscenico portatile mentre la tecnica dello “slow motion” destruttura i confini del tempo e dello spazio. Possiamo ammirare la newyorkese doc Stefani Joanne Angelina Germanotta, in arte Lady Gaga, sostituirsi a san Giovanni Battista, offrendo la propria testa decollata, nella reinterpretazione del quadro di Andrea Solari del 1507; oppure essere Marat morente che nel dipinto di Jacques-Louis David del 1793, riverso nella vasca da bagno, tiene nella mano sinistra la lettera di chi l’ha appena ucciso, Marie-Anne Charlotte de Corday d’Armont. Un altro Video Portrait mostra Lady Gaga nei panni di Mademoiselle Rivière ritratta da Ingres nel 1806. Le musiche che accompagnano questi tableaux vivants della cantante-attrice americana sono di Michael Galasso. In un altro lavoro è raffigurato Gao Xingjian, scrittore cinese premio Nobel per la letteratura. Ha gli occhi chiusi. Dipinta trasversalmente sul suo volto appare la scritta: «La solitudine è condizione necessaria della libertà». La lezione di anatomia del dottor Tulp, celebre tela di Rembrandt del 1632, vede invece sdraiato sul tavolo del morto l’attore Robert Downey Jr. Il cadavere muove impercettibilmente gli occhi dimostrando di assistere lucidamente alla dissezione del proprio corpo. Le musiche di Carl Maria von Weber commentano i movimenti lenti, ironici ed espressivi della serie dei gufi, il volatile simbolo di saggezza per gli indiani d’America.


Il Watermill Center a Long Island, centro culturale e laboratorio di idee fondato da Robert Wilson e aperto al pubblico dal 2006. Sdraiata in primo piano Lady Gaga.

I gesti al rallentatore fanno pensare al tempo, quello della ripetizione, quello della contemplazione, quello della calma, quello della sacralità e della meditazione. Il tempo secondo Giuseppe Panza di Biumo.
La mostra durerà un anno, ma la House for Giuseppe Panza, omaggio di Wilson al grande collezionista, rimarrà per sempre di fronte alla villa come piccolo ma significativo contraltare.
Ma qual è la genesi delle sue messe in scena rivoluzionarie, del suo teatro radicale? Fino ai diciassette anni Bob Wilson era affetto da balbuzie e fu aiutato a superare questo handicap da Byrd Hoffman, sua insegnante di danza. Apprese da lei quei movimenti lenti che gli permisero di controllare l’emissione della voce.

Anche Abramo e Demostene avevano superato questo problema. In quel periodo, prima dei vent’anni, Bob Wilson, ancora in Texas, già si dedicava ai laboratori di teatro per l’infanzia. Entrato un giorno in una classe dove gli studenti erano scatenati, adottò istintivamente la tecnica di essere più rumoroso di loro. Gridò teatralmente: «Al fuoco» e l’aula si calmò. Wilson ha molti sesti sensi. Uno di questi è il talento per l’educazione, l’istruzione, la pedagogia.
Terminati gli studi superiori, per assecondare il desiderio paterno, Wilson s’iscrive al corso di laurea in economia aziendale ad Austin, all’Università del Texas. Abbandonerà gli studi un anno prima della laurea, e nel 1962 parte per New York. S’iscrive ad architettura e progettazione d’interni al Pratt Institute di Brooklyn dove segue anche i corsi di pittura e design. A Waco, sua città natale, non c’erano teatri, gallerie e musei. Le prime esperienze del giovane Wilson alle commedie di Broadway non furono di suo gradimento. Tanto meno l’opera: troppa roba in scena che distrae dall’ascolto della musica. Poi assistette agli spettacoli di danza di Martha Graham, di Merce Cunningham, ebbe modo di ascoltare la musica di John Cage, ma sopra ogni cosa fu folgorato dal coreografo Balanchine dal quale imparò la composizione formale sul palcoscenico e la forza della forma.

Nel 1967, mentre stava passeggiando per le strade del New Jersey, vide un poliziotto che stava per colpire un ragazzino afroamericano che aveva combinato qualcosa. Risultò essere un tredicenne sordomuto di nome Raymond. Bob Wilson riuscì ad adottarlo per evitare che finisse in riformatorio. Fu un incontro che cambiò la sua vita, dopo un po’ di tempo si accorse che il ragazzo vedeva cose che lui neppure notava. Col passare dei mesi si rese conto che per farsi capire da Raymond aveva sviluppato un linguaggio senza parole. Dal 1968 al 1971 lavorarono alla preparazione di uno spettacolo che durava sette ore ed era muto. Si basava sui sogni e le sensazioni disegnate dal ragazzo. Deafman Glance (Le Regard du sourd) va in scena nel 1971 durante il festival di Nancy. È subito un trionfo.

Scriverà Louis Aragon in una lettera aperta ad André Breton, morto già da cinque anni: «È il sogno di quello che noi fummo, è l’avvenire che predicevamo».

Un altro incontro fondamentale fu quello con Christopher Knowles, un ragazzo diagnosticato autistico con cui Wilson entrò in grande empatia. Einstein on the Beach, Una lettera per la regina Vittoria sono le loro collaborazioni più famose, ma altrettanto grandi sono i duetti verbali surreali fra Bob e Christopher. Watermill Center, a Long Island, è il luogo dove nasce tutta l’arte di Wilson. D’estate vi confluiscono giovani promesse dal mondo del teatro e dell’arte che hanno modo di conoscere i grandi artisti e i grandi registi e possono anche assistere alle prove di Wilson. È un grande centro culturale, è un laboratorio d’idee, un luogo che s’ispira alle botteghe rinascimentali, nei metodi e nelle tecniche. Da ormai venticinque anni, Jacques Reynaud interpreta il pensiero di Wilson creando i magnifici costumi dei suoi spettacoli. Hanno lavorato insieme a più di quaranta produzioni. Nella sua incessante corsa al collezionismo, Bob Wilson si è imbattuto nell’opera di Gio Ponti, innamorandosene. «Gli italiani sono un popolo spirituale, spesso incontro da voi artisti che sanno fare più cose. Un esempio è Gio Ponti che ha disegnato ceramiche, edifici, mobili, tessuti e attraverso la rivista “Domus” ha presentato fotografia, danza, teatro e prodotti industriali. In Italia ancora molti artisti hanno una mente rinascimentale».


Un ritratto del conte Giuseppe Panza di Biumo del 2002.

Faust (1808), di Johann Wolfgang von Goethe, regia e luci di Robert Wilson, costumi di Jacques Reynaud, Berlino, Berliner Ensemble, aprile 2015.


Ivory, Black Panther (2006).

Robert Wilson. Tales

a cura di Noah Khoshbin e Anna Bernardini
Varese, Villa e Collezione Panza
piazza Litta 1
fino al 15 ottobre 2017
orario 10-18, chiuso lunedì non festivo
ww.fondoambiente.it

ART E DOSSIER N. 338
ART E DOSSIER N. 338
DICEMBRE 2016
In questo numero: PHILIPPE DAVERIO: la volta che mostrai a Warhol il Cenacolo di Leonardo. AI WEIWEI: l'intervista. IN MOSTRA Dietro la tenda a Düsseldorf, Miniature a Venezia, Rubens a Milano, Tancredi a Venezia, Warhol a Genova, Lindbergh a Rotterdam, Bob Wilson a Varese.Direttore: Philippe Daverio