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arhol non innova sul piano delle “logiche” poetiche che sorreggono pittura e scultura - qui resta ampiamente debitore di Duchamp, Johns o Rauschenberg, come abbiamo visto. Innova però sul piano della messa in scena e del “consumo” dell’opera d’arte, incoraggiando attitudini completamente diverse dalla silenziosa meditazione del conoscitore, attitudini ludiche e collettive. Sembra dunque improbabile cercare motivi di novità nell’ultimo decennio, quando la folla attorno all’artista si dirada.L’uLtimo WarhoL.
teschi, omaggi, “camoufLages”
Esiste davvero un “ultimo” Warhol? O l’attività più tarda, dopo gli exploit pop, le serie serigrafiche, i film underground, le installazioni con i palloncini in forma di cuscino riempiti di elio e i chiassosi spettacoli multimediali sul tipo dell’Exploding Plastic Inevitable, non ha più molto da dire sotto profili strettamente creativi?
Le sue immagini oscillano tra commozione e violenza. Qual è il punto di vista di Warhol, se esiste? La domanda è destinata a rimanere senza risposta. L’artista ha imparato da tempo a dissimulare la propria vulnerabilità e a usare l’arte più chiassosa per ammantarsi di silenzio. Maneggiare con cura. Vetro. Grazie, recita il titolo di una delle sue prime serie serigrafiche (1962). Non è possibile ignorare questa sua richiesta. «Non preoccuparti. Non c’è niente in arte che tutti non siano in grado capire». Citato sempre di nuovo a conferma del mito del “grande artista pop”, l’aforisma è tra i più celebri di Warhol. È anche attendibile? A distanza di quasi tre decenni dalla morte, Warhol continua a ingannarci con la promessa di una seducente facilità, promessa che ha dispiegato a piene mani, instancabilmente, con istrionica euforia e inflessibile arrendevolezza, mosso dal desiderio di conquistare platee planetarie e diventare il “blockbuster” che in effetti è diventato. Qui e là, tuttavia, ha punteggiato la propria opera di testimonianze di una diversa consapevolezza. Camouflage, grande tela serigrafica del 1986 dipinta a motivi mimetici sul modello delle uniformi militari, fissa in allegoria il tema della “doppiezza” delle immagini, della loro attitudine all’autoccultamento. Un’opera d’arte, suggerisce Warhol, non è mai quello che appare. È un involucro tattico, sviante e protettivo: una maschera o un “camuffamento” appunto, posto a protezione di un eventuale pudore.
WARHOL
Michele Dantini
Un dossier dedicato a Andy Warhol (Pittsburgh 1928 - New York 1987), il padrino della Pop Art. In sommario: Introduzione; La tradizione dada-concettuale; Pittura e cinema; Le tribù della Factory e il cinema underground; Artista, produttore, imprenditore; I disegni giovanili a inchiostro e foglia d'oro. Warhol e le primizie dello stile ''camp''; Warhol e l'America. L'arte pop tra ''diario intimo'' e ''sociologia''; Wahrol, Dalì, Rauschenberg; La stampa serigrafica e le sue implicazioni sul piano dello ''stile''; Wahrol, Johns e l'eredità americana di Duchamp; Zuppe, Campbell e celebrità hollywoodiane; La scatola Brillo; L'ultimo Warhol. Teschi, omaggi, ''camouflages''. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.