IL CONTRATTO
CON PAUL DURAND-RUEL.
VENEZIA1914

«Ci sono nelle opere del signor Zandomeneghi delle seduzioni di colore e di disegno analoghe a quelle dei nostri pittori del XVIII secolo, e la leggera punta di accento italiano [...]

È una testimonianza in più del valore di un artista che ha sempre sviluppato le proprie qualità invece di cercare di prendere a prestito quelle degli altri», scriveva Arsène Alexandre nella prefazione al catalogo della mostra del pittore allestita nel maggio 1893 nella galleria di Paul Durand-Ruel, la prima a lui dedicata dal mercante parigino (ne sarebbero seguite altre due, nel 1897 e nel 1903).

Erano pastelli, quadri e disegni tutti intonati al medesimo canto: figure di donne e fanciulle ritratte in vari momenti della loro vita privata, e quasi sempre in stanze precluse alla luce del sole, nelle quali il critico individuava assonanze con il garbo e l’eleganza delle invenzioni di Fragonard, di Boucher, dello stesso Chardin di cui alcune sembrano possedere l’aulica semplicità.

A distanza di qualche mese dalla mostra, Durand-Ruel proponeva all’artista un contratto che lo impegnava a dipingere un numero consistente di quadri tutti imperniati sulle immagini di giovani donne. La decisione di stabilire un duraturo rapporto con Zando era dipesa dall’interesse suscitato dai suoi quadri e pastelli esposti dal mercante nelle gallerie di Parigi e di New York, come sappiamo da una lettera inviata dall’artista a Martelli nel novembre 1894, dove, con il senso di autocritica che gli era connaturato, egli, schernendosi, asseriva che era stato «soprattutto il bisogno d’un pittore di figura nuovo da imporre ai clienti» a indurre Durand-Ruel a richiedere la sua collaborazione, «Degas non producendo più che a sbalzi e a capriccio e Renoir facendo lo stesso».

Il giubbetto rosso (1895 circa).


Femme au miroir (1898).


Au Théatre (1895 circa); Viareggio (Lucca), Istituto Matteucci.

Il mercante provvide al pagamento delle modelle e all’affitto di uno studio bello e spazioso dove il pittore cominciò a eseguire «quadri disegni e pastelli in tal numero che non gli era possibile ricordarseli tutti». Il nuovo rapporto di lavoro determinò l’abbandono del mestiere d’illustratore - quel necessario “gagnepain” che tanto aveva pesato al carattere orgoglioso e suscettibile di Zando.

Da allora, le figure di giovani donne, borghesi e non, si susseguirono nei suoi dipinti in un ripetersi continuo di temi affini: donne intente alla toilette o assorte nei propri pensieri, o raffigurate in salotti accoglienti mentre suonano il piano, compongono fiori nei vasi, s’intrattengono in conversazioni, si scambiano confidenze, o ancora, seppur più raramente, a teatro, al caffè, in passeggiata, immerse nel verde dei giardini pubblici o della campagna. 


Sul divano (Causerie) (1890-1895).

Le madri (1895-1900); Viareggio (Lucca), Istituto Matteucci.


La tasse de thé (1903 circa).


Dans l’atelier (1896); Mantova, Palazzo Te.

Sono perlopiù figure solitarie rappresentate in un primo piano ravvicinato, ma a volte la composizione si fa più articolata: è il caso di Sul divano (Causerie), nel quale il taglio dell’inquadratura suggerisce il tono d’intimità della conversazione intrattenuta dalle due giovani donne al pari della pennellata setosa che indugia sulle gote e sui décolletés; di Au Thèatre, dov’è il gioco sapiente di ombre e di luci a infondere alla scena il senso di trepida attesa delle signore radunate nel palco; o di Le madri, ambientato in un angolo di parco, la cui felicità narrativa è in parte debitrice dell’attività di figurinista del pittore; o, ancora, di La tasse de the, dove il soggetto moderno si riveste di inflessioni letterarie allusive alle tappe della vita umana.
Una miriade di immagini femminili, dunque, esemplificativa della capacità di Zandomeneghi di costruire con il colore forme squisitamente definite, di creare delicatissimi “profili perduti” facendone risaltare la grazia per mezzo dei sapienti accordi cromatici, ma che col tempo avrebbe assunto un carattere monocorde, anche perché di rado riflettono l’interesse dell’artista per i nuovi linguaggi figurativi; fra i pochi esempi, la bambina dall’esuberante chioma rossa, immersa nella lettura, che, per la sintetica semplificazione delle forme risolte tramite il colore, echeggia le ricerche dei Nabis, e La modista, nel quale la verticalità della composizione accentua la grazia snella della figurina che si disegna con delicatezza sullo sfondo in un palpitante sfarfallio di colori, alla maniera di Pierre Bonnard.

Nel frattempo, Zandomeneghi, grazie all’intercessione di Vittorio Pica, riprese i rapporti con il mondo dell’arte italiano: nel 1906 prese parte all’Esposizione internazionale di Milano, e nel 1914 - dopo molte insistenze da parte del letterato napoletano - accettò di partecipare alla XI Biennale di Venezia. Nella presentazione in catalogo, Pica dette una meditata interpretazione della pittura di Zando, di cui mise in risalto i valori formali e compositivi «al di là delle mirabili doti di colorista» del pittore, ma non si trattenne dall’affermare che la visione di quei dipinti era paragonabile solo «al piacere che alle labbra procurano la polpa delle fragole e i granelli dei lamponi, umidi di rugiada». Un’immagine che ben si accorda al lussureggiante cromatismo delle nature morte di fiori o di frutti realizzate da Zandomeneghi negli ultimi anni della vita.

La lecture (Bambina di profilo con i capelli rossi) (1900).


La modiste (1895-1900).

Le bouquet de fleurs (1890-1895).


Nature morte: pommes (Natura morta con mele) (1899-1904).

ZANDOMENEGHI
ZANDOMENEGHI
Silvestra Bietoletti
Un dossier dedicato a Federico Zandomeneghi (Venezia, 2 giugno 1841 - Parigi, 31 dicembre 1917). In sommario: Gli anni fiorentini; Il ritorno a Venezia; A Parigi; Il contratto con Paul Durand-Ruel. Venezia 1914. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.