Grandi mostre. 1 
Georgia O’Keeffe a Londra

Uno spUdorato
sgUardo femminile

A cent’anni dal suo debutto nella galleria newyorchese di Stieglitz, Georgia O’Keeffe è ora protagonista al Tate Modern. Qui la curatrice della retrospettiva ci offre una puntuale descrizione dei principali aspetti della sua arte, tra estetica romantica, simbolismo e modernismo.

Tanya Barson

«Non so cosa sia l’Arte. Nessuno è mai riuscito a darmi una definizione soddisfacente. Non sono mai stata in Europa. Preferisco vivere in una stanza il più possibile spoglia. Mi hanno fotografata spesso. Dipingo perché per me il colore è un linguaggio significativo, ma i quadri non mi piacciono, e non mi piacciono le mostre di quadri. Eppure m’interessano tantissimo» (Georgia O’Keeffe, 1922).

Un secolo dopo il suo debutto alla 291, la celebre galleria newyorchese del fotografo Alfred Stieglitz (1864-1946), la mostra in corso (fino al 30 ottobre) al Tate Modern di Londra ripercorre i sessant’anni di attività di Georgia O’Keeffe. Pochi artisti possono vantare con gli Stati Uniti un legame chiaro e assoluto quanto il suo, così come la sua capacità di identificare e incarnare cosa significhi essere insieme “americani” e “moderni”.

Nata nel 1887 a Sun Prairie, Wisconsin, durante il primo mandato del presidente Grover Cleveland, morì nel 1986 sotto l’amministrazione Reagan, dopo avere vissuto poco meno di un secolo. Negli Stati Uniti, in quell’arco di tempo, si succedettero la grande Depressione, due guerre mondiali, una guerra fredda e ben diciassette presidenti. La carriera di O’Keeffe si formò prima che la nazione diventasse una superpotenza moderna e New York il centro dell’arte mondiale, ma avendo attraversato un’epoca così complessa e innovativa della storia nazionale, la sua opera va inserita nel contesto dei vari periodi in cui visse e lavorò, dei cambiamenti estetici intercorsi, vincolati al progetto di creazione di un’arte nazionale, e degli anni in cui esercitò la sua crescente influenza.

«Non so cosa sia l’Arte. Nessuno è mai riuscito a darmi una definizione soddisfacente»
(Georgia O’Keeffe)


Come i suoi contemporanei - un gruppo di giovani brillanti decisi a collocare stabilmente la cultura “americana” nel modernismo e su un piano culturale diverso da quello che ritenevano occupasse in precedenza - O’Keeffe giunse a maturità durante l’“Era progressista”, tra gli anni Novanta dell’Ottocento e gli anni Venti del Novecento. Uno di loro, lo scrittore Paul Rosenfeld (1890-1946), commentò: «Per la prima volta, in mezzo a questi uomini e donne moderni, mi trovavo in un’America in cui era bello stare… [Le loro opere] mi davano la piacevole sensazione che nella vita americana si stesse delineando un nuovo spirito, e suscitavano un senso di benessere, sicurezza e potere che prima non esisteva». In campo artistico, questa generazione si rifaceva a un leader in particolare: il fotografo, editore e gallerista Alfred Stieglitz. Come ha osservato la storica dell’arte Wanda Corn, all’epoca le nuove élite urbane propugnarono una sorta di nazionalismo culturale; di queste élite faceva parte anche Stieglitz, insieme ad altri della sua cerchia che frequentavano sia la 291, sia la residenza estiva della famiglia Stieglitz sul lago George, nell’Upstate New York: «Bianchi, istruiti e controversi, questi uomini crebbero nell’Era progressista, e da giovani adulti si dedicarono ideologicamente alla politica del modernismo e a un rinascimento dell’arte e della letteratura nazionali». O’Keeffe entrò a far parte di questa cerchia - una generazione che, pur affondando le proprie radici nell’estetica romantica, simbolista e trascendentale di fine Ottocento, abbracciò comunque il modernismo.


Alfred Stieglitz, Georgia O'Keeffe (1918), Los Angeles, J. Paul Getty Museum.

Black Mesa Landscape, New Mexico / Out Back of Marie’s II (1930), Santa Fe, Georgia O’Keeffe Museum.


Blue and Green Music (1919-1921), Art Institute of Chicago.

Più tardi spiegò di avere condiviso l’eccitazione per il potenziale di una nuova cultura nazionale, ma dichiarò anche la propria distanza e diversità dal gruppo (li chiamava «uomini di città», inquadrando significativamente il contesto urbano in termini di genere) e i suoi dubbi sulla loro aspirazione a un’America in competizione con l’Europa. Sottolineò il divario tra la loro retorica e il loro effettivo impegno: «Mentre lavoravo, pensavo agli uomini di città che vedevo nell’Est. Parlavano in continuazione di voler scrivere il Grande Romanzo Americano, il Grande Dramma Americano, la Grande Poesia Americana… Ero eccitata per il nostro paese ma sapevo che quelle grandi menti sarebbero state quasi tutte in Europa all’epoca, se solo avessero potuto. Non volevano nemmeno vivere a New York, come poteva avvenire questa Grande Cosa Americana?».


«I quadri di O’Keeffe […] sono tra i documenti privati più vivi e spudorati che esistano»
(Marsden Harley)


Georgia O’Keeffe debuttò nel 1916 esponendo un numero ridotto di disegni astratti a carboncino che aveva spedito all’amica Anita Pollitzer a New York City (le due avevano studiato insieme al Teachers College della Columbia University due anni prima). Pollitzer li mostrò a Stieglitz, che non esitò a metterli in mostra. L’anno seguente, Stieglitz le concesse una mostra individuale alla galleria, includendo sia i carboncini, sia gli acquerelli realizzati in Texas - fu l’ultima mostra tenutasi alla 291, prima che chiudesse per le difficoltà finanziarie legate alla prima guerra mondiale.

I carboncini di O’Keeffe furono la sua prima espressione matura e la base della sua intramontabile dedizione all’astratto. Nati perlopiù dall’esperienza emotiva ispirata dalla musica o dai paesaggi, esploravano il concetto teosofico di forma-pensiero, le idee tratte dal saggio di Vasilij Kandinskij (1866- 1944) Lo spirituale nell’arte (1911), e i principi compositivi dell’insegnante di O’Keeffe alla Columbia, Arthur Wesley Dow (1857-1922). L’interpretazione che ne diedero Stieglitz e poi i colleghi di O’Keeffe nella sua cerchia dettarono in larga misura il tono delle reazioni critiche alla sua opera. Scrisse Stieglitz: «I disegni di Miss O’Keeffe, al di là di ogni altro valore, erano estremamente interessanti da un punto di vista psicoanalitico [sic]. La 291 non aveva mai visto una donna esprimersi su carta con una tale schiettezza». Henry Tyrrell, che recensì la sua prima mostra individuale nel 1917, scrisse: «È un dato di fatto certo ed essenziale che Miss O’Keeffe, a prescindere dalle straordinarie abilità tecniche, abbia trovato la sua espressione in un simbolismo delicatamente velato di “quello che ogni donna sa”, ma che le donne finora avevano sempre tenuto per sé». Poco dopo, il pittore Marsden Hartley (1877-1943) commentò: «I quadri di O’Keeffe […] sono tra i documenti privati più vivi e spudorati che esistano, in pittura senz’altro, e probabilmente anche in ogni altra forma d’arte».

In linea generale, le interpretazioni dell’opera di Georgia O’Keeffe sono inquadrabili in tre “momenti”: i già citati anni formativi del modernismo americano insieme alla sua generazione, influenzati da Stieglitz; la rivalutazione e il rigetto della sua opera nell’alto modernismo, da parte del critico Clement Greenberg (che occultò le reazioni più positive e la sua influenza, soprattutto tra gli anni Quaranta e Sessanta); e infine l’apparente “riscoperta” da parte delle artiste femministe degli anni Settanta.


Abstraction White Rose (1927), Santa Fe, Georgia O’Keeffe Museum.

LA MOSTRA
Nel panorama artistico del XX secolo Georgia O’Keeffe ha senza dubbio un peso rilevante. Figura centrale del modernismo americano, la sua opera, come dimostrano i cento lavori esposti al Tate Modern di Londra (Georgia O’Keeffe, fino al 30 ottobre, www.tate.org.uk), esplora il rapporto tra paesaggio, musica, colore e composizione rivelando una vera e propria contaminazione tra forme percettive e sensoriali diverse. Curata da Tanya Barson, con l’assistenza di Hannah Johnston, l’esposizione presenta una serie di ritratti e nudi dell’artista insieme a dipinti raffiguranti i suoi iconici fiori tra i quali Jimson Weed/White Flower No. 1 (1932), in prestito al Tate Modern e per la prima volta fuori dagli Stati Uniti dopo l’acquisizione nel 2014 da parte del Crystal Bridges Museum of American Art (Bentonville). Catalogo Tate Publishing.

Testo © Tate Enterprises Ltd 2016.

Questo articolo è un estratto del saggio scritto da Tanya Barson per il catalogo della mostra Georgia O’Keeffe (Londra, Tate Modern, 6 luglio - 30 ottobre), a cura di Tanya Barson, con l’assistenza di Hannah Johnston, Tate Publishing, Londra 2016, tate.org.uk.

Il testo è stato tradotto dall’inglese da Manuela Faimali.

ART E DOSSIER N. 335
ART E DOSSIER N. 335
SETTEMBRE 2016
In questo numero: UNA FANTASTICA REALTA' Piero di Cosimo e il nord; Lamba, pittrice surrealista; Reims incide Bellmer. GRANDE GUERRA Le incisioni di De Groux. IN MOSTRA O'Keeffe a Londra, Il sogno a Marsiglia.Direttore: Philippe Daverio