Riprendendo un’intuizione di Giordano Bruno, nella sua sottile opera concettuale Luigi Ghirri espande visivamente il continuo «pensare per immagini». Ogni fotografia è una testimonianza della sua riflessione sul rapporto magico che lega le figure, la realtà e la memoria(1). In questa chiave di lettura del mondo ereditata dal filosofo nolano, ogni scatto rimanda continuamente ad altre immagini che provengono dal passato e vanno in direzione delle future generazioni, innescando continuamente un travaso memoriale, entro un complesso meccanismo caro all’arte combinatoria. Ghirri attinge a un patrimonio iconografico trasmesso dalla storia dell’arte e della fotografia, e fa fluire quel portato nella sua ricerca. Riparte dalle conquiste formali e concettuali degli artisti che sente più affini alla sua sensibilità. Guarda con attenzione i capolavori del passato per trovare nuove soluzioni, attualizzando le migliori intuizioni già percorse da altre menti, per ristabilire o riproporre qualcosa che è andato perduto nel divenire della storia. Qui ci soffermiamo solo su alcuni aspetti dell’articolata e complessa opera dell’artista emiliano: la sottrazione, lo svuotamento, il silenzio, la quiete, la presenza luministica.