Anche Martini, protagonista indiscusso della scultura italiana degli anni Venti e Trenta, come Sironi lo è stato per la pittura, ci ha analogamente lasciato opere dalle forti consonanze con la tendenza. È il caso del gesso colorato dell’Amante morta, d’intonazione arcaisticamente popolare, eseguito nel periodo in cui “Valori Plastici” - per manifesta sintonia di poetica - dedicava uno spazio privilegiato a sue sculture e rilievi, dal Pastore alla Donna della colomba, dalla Testa di giovane alla Pulzella d’Orléans. Alberto Savinio presenta l’opera di Martini nel catalogo dell’esposizione La Fiorentina Primaverile, pubblicato nel 1922, scrivendo di «drammi fermati per sempre nella tersa compostezza dei minerali».
La componente quattrocentista del realismo magico è evidente in modo particolare nella Silvana Cenni di Felice Casorati, ritratto di un’allieva carico di riferimenti alla pittura antica - si pensi alla Madonna della misericordia di Piero della Francesca - e alle ricerche sui rigori della prospettiva e sulle leggi immutabili della geometria: «base», scrive de Chirico nella stessa occasione della Fiorentina Primaverile, «d’ogni grande bellezza e d’ogni profonda malinconia». Essenzialmente mentale - ma in tutt’altra chiave - è l’Idolo del prisma di Ferruccio Ferrazzi, sviluppo di un’idea pittorica originaria concretizzatasi nel quadro del 1919 Bambola nella vetrina, che nell’Idolo prende forma in un corpo ambiguamente sospeso tra natura e artificio, realtà e messa in scena: il nudo è realisticamente rappresentato ma la collocazione - su una base metallica entro una teca di vetro sfaccettata, come il prisma che la fanciulla tiene in mano - conferisce all’insieme il sapore di una meraviglia più meccanica che umana, quasi da “Wunderkammer” animata.