autoritratti
di gruppo

tra le illustrazioni poste a corredo del primo numero della “Révolution surrealiste”, rivista fondata nel 1924 da Breton, Aragon, Naville e Benjamin Péret, spicca un collage fotografico caratterizzato da umorismo nero e insolenza: i volti di tutti i componenti del gruppo surrealista circondano la fotografia di Germaine Breton, operaia, attivista di orientamento comunista prima, anarco-insurrezionalista poi, che il 22 gennaio 1923 ha ucciso Marius Plateau, uomo politico di destra ed esponente di primo piano dell’Action française.

Il collage in questione è tra i primi autoritratti di gruppo surrealisti.

Au rendez-vous des amis di Max Ernst (1922) costituisce un’ulteriore esemplificazione del sottogenere dell’autoritratto di gruppo, assai meno politica e sanguinaria del collage con la Breton. Sono autoritratti di gruppo anche il dipinto Musica - la Senna, Michel, Bataille e io di Miró, datato 1927, e il fotomontaggio Non vedo la (donna) nascosta nella foresta di Henri Magritte, apparso anch’esso sulla “Révolution surrealiste” nel 1929. Qui l’artista propone un gioco tra parola e immagine mentre sedici surrealisti posano per un ritratto fotografico a occhi chiusi, come in stato di sonno.

L’esigenza di mostrarsi insieme, esibire alleanze, contarsi e schierarsi è inscritta in profondità nella storia delle avanguardie francesi, sin dal tempo della generazione romantico-modernista; e giunge sino alle neoavanguardie europee e americane degli anni Sessanta e Settanta. Costituiscono un gruppo - o almeno si dice al tempo che lo facciano - i paesaggisti di Barbizon, gli impressionisti, i post-impressionisti. Gauguin e Van Gogh affidano a immagini celebri momenti o situazioni salienti del loro sodalizio, i “fauves” si scambiano tecniche e ritratti mentre Braque e Picasso, che come Matisse e Derain trascorrono talvolta le vacanze assieme, amano descriversi come “scalatori” alle prese con una sfida comune. I surrealisti non fanno eccezione, anche se la comunità, come l’ambizione, è nel loro caso indubbiamente più ampia e complessa: come potrebbero peraltro presentarsi come semplici individui, posto che l’obiettivo è quello di trasformare un’intera società? L’autoritratto di gruppo - lo avevano insegnato i futuristi italiani negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale - equivale a una dichiarazione di impellenza: istanze condivise avvicinano tra di loro scrittori, filosofi, artisti, musicisti e creano ponti tra discipline diverse. Al tempo stesso, nella riflessione surrealista sul processo creativo, emerge un’acuta consapevolezza comunitaria: “arte” e “cultura” non sono domini avulsi e separati, ma si nutrono di relazioni amicali, di esperienze comuni e rimandano a nutrimenti condivisi - passioni, conflitti, immaginazioni di futuro.


Fotomontaggio con i ritratti dei surrealisti e Germaine Breton, in “La Révolution Surrealiste”, n. 1, 1924.


René Magritte, Non vedo la (donna) nascosta nella foresta (1929), fotomontaggio pubblicato su “La Révolution surrealiste”, n. 12.


Giulio Paolini, autoritratto con il doganiere (1968).


MIRÓ
MIRÓ
Michele Dantini
La presente pubblicazione è dedicata a Joan Miró (1893-1983). In sommario: Tra eclettismo e azzardo sperimentale; Con la bandiera catalana. Miró figurativo e neotradizionalista; A Parigi. Corteggiando la ''tabula rasa''; Sguardi, dardi, bersagli; Miró contro la ''buona pittura''; Autoritratti di gruppo. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.