L'oggetto misterioso


lA BIBBIA ERRANTE

di Gloria Fossi

Le rocambolesche vicende dei libri di un aristocratico scozzese s’intrecciano con i significati più o meno occulti di un famoso dipinto di Raffaello

Il collezionismo di codici miniati italiani toccò l’apice in Inghilterra agli inizi del XIX secolo, e già nel 1819 a Londra William Clarke pubblicava un repertorio delle migliori raccolte inglesi. Nel 1850 John Ruskin e Gustav Waagen iniziarono a visitare le raccolte di aristocratici come William Beckford (1760-1844) e il genero, lo scozzese Alexander Douglas, decimo duca di Hamilton (1767-1852), detto il Magnifico. Nella goticheggiante dimora di Beckford e nell’immenso Hamilton Palace gli studiosi videro non solo eccelsi dipinti italiani del Rinascimento, oggi nei musei di tutto il mondo, ma anche centinaia di capolavori miniati, custoditi e considerati al pari di dipinti e sculture. Non a caso nel 1852 il duca di Hamilton si fece ritrarre, sotto a un busto antico, con la mano sul tavolo, vicino a un manoscritto rilegato. Ci piace fantasticare che sia la Bibbia Hamilton, oggetto di questa puntata. Il sontuoso manoscritto del duca era stato miniato alla corte angioina di Napoli, verso il 1350, dal valente Cristoforo Orimina, del quale sono note altre illustrazioni di matrice giottesca. Dato che al centro dei fregi c’è lo stemma della famiglia dei Beaufort, si pensa che Giovanna d’Angiò abbia donato la Bibbia a Clemente VI, al secolo Roger de Beaufort (papa ad Avignone dal 1342 al 1352) o a un altro membro della famiglia. Nel 1376, col rientro del papato a Roma, la Bibbia poté giungere da Avignone al seguito di papa Gregorio XI Beaufort, nipote di Clemente VI. Certo nel 1518 era in Vaticano, perché Raffaello la raffigura nel Ritratto di Leone X

Dopo la dispersione del patrimonio librario col Sacco di Roma (1527) i passaggi della Bibbia sono oscuri, anche se pare che nel XVII secolo il volume fosse nelle raccolte romane di Cristina di Svezia. Quando e dove il duca di Hamilton l’abbia acquistata, stiamo indagando; né Clarke nel 1819 né Waagen nel 1850 la descrivono. D’altra parte Waagen aveva potuto sfogliare solo alcuni manoscritti che l’anziano duca, con un braccio al collo per una caduta da cavallo, gli aveva mostrato con una certa fretta. Il duca possedeva comunque altri manoscritti miniati appartenuti a Leone X e a suo cugino, il cardinale Giulio, futuro Clemente VII, raffigurato con il papa (a sinistra) nel ritratto di Raffaello. Nella sua visita a Hamilton Waagen vede entusiasta un antifonario con un grande ritratto del papa: la più bella immagine, a suo parere, del miniatore del papa Medici, Attavante. Se ignote sono le modalità degli acquisti del duca, è tristemente nota la vicenda della vendita nel 1882 della sua biblioteca. Il nipote William, dodicesimo duca di Hamilton, dilapidò una fortuna e affidò a Sotheby’s e Christie’s migliaia di libri, arredi, dipinti di famiglia. Le aste si svolsero a Londra fra 1882 e 1884. Tuttavia quella di seicentonovantadue manoscritti affidata a Christie’s non ebbe luogo perché una commissione di funzionari berlinesi guidata da Friedrich Lippmann del Kupferstichkabinett riuscì nel 1882, prima della vendita ufficiale, con una complessa trattativa, ad acquistare per intero la collezione (che vantava, fra l’altro, settantanove fogli della Divina commedia illustrata da Botticelli). A poco valsero le proteste della regina Vittoria e di Ruskin: solo pochi pezzi rimasero in Inghilterra, mentre altri furono rivenduti dai tedeschi per coprire le ingenti spese d’acquisto. Da allora la Bibbia Hamilton è a Berlino, dove nel 1931 Paul Wescher la riconobbe come quella raffigurata nel dipinto di Raffaello. 

La pagina illustrata nel quadro non corrisponde però esattamente al foglio del codice Hamilton che la riproduzione pittorica sembra proporre, e cioè il foglio 400 (verso). Nel dipinto le righe dei versetti sono ridotte, e in luogo dello stemma Beaufort figura in basso quello mediceo con cinque palle. I riquadri con la Passione, però, anche se stilizzati, sono riconoscibili. È improbabile, come altri sostengono, che la Bibbia presente nel dipinto di Raffaello fosse un diverso manoscritto fatto copiare dall’originale ai tempi di Lorenzo il Magnifico per il figlio Giovanni, futuro Leone X. Concordiamo piuttosto con chi ritiene che Raffaello avesse stilizzato i riquadri istoriati dell’originale ed enfatizzato l’incipit, «In principio erat verbum». Quanto allo stemma mediceo, non si fatica a immaginare il motivo della “sostituzione”. È solo un caso, forse, ma la conferma che nel dipinto la Bibbia simboleggiasse, come in genere si sostiene, la difesa pontificia della fede cattolica nell’epoca delle dispute contro Lutero, la troviamo proprio nella collezione Hamilton. Clarke vide in quella raccolta (1819) un codice miniato in Italia nel XIV secolo. Erano i Vangeli donati nel 1521 da Leone X a Enrico VIII, come recitava l’intestazione latina del manoscritto, per i suoi meriti di «difensor fidei», titolo che il papa, per ingraziarsi l’alleanza con il re inglese, gli aveva conferito l’11 ottobre 1521.


Willes Maddox, Alexander, decimo duca di Hamilton (1852), Brodick Castle, Beckford Collection National Trust for Scotland.


Raffaello, Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi (1518), Firenze, Galleria degli Uffizi.

Raffaello, Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi (1518), particolare, Firenze, Galleria degli Uffizi.


Bibbia Hamilton, foglio 400 v, Berlino, Staatsbibliothek.

ART E DOSSIER N. 333
ART E DOSSIER N. 333
GIUGNO 2016
In questo numero: DARE FORMA ALL'EMOZIONE La scultura in terracotta di Niccolò dell'Arca, Mazzoni e Begarelli. CAVALLI E ALTRI ANIMALI Fare arte con i batteri; Il circo di Calder; Sculture equestri tra Quattro e Cinquecento. IN MOSTRA Fabre a Firenze, Picasso scultore a Parigi, Vetri e architetti a Venezia.Direttore: Philippe Daverio