Studi e riscoperte. 3
Armature e decorazioni floreali sugli abiti nel Quattrocento

Una corazza
fiorita

Tessuti operati con motivi vegetali erano immancabili nel guardaroba rinascimentale. Ne sono testimonianza le raffigurazioni di dee, sante e principesse che indossano abiti arricchiti da applicazioni e ricami con tralci, fiori e racemi.
Ornamenti dotati di una precisa simbologia tanto più se posti all’altezza del seno.

Alessio Francesco Palmieri-Marinoni

Che l’elemento decorativo floreale, nel corso del Quattrocento, possa essere considerato a pieno titolo (utilizzando un’espressione contemporanea) un vero e proprio “fashion must-have”, è oramai cosa nota. Presupposto di distinzione economico-sociale da possedere a ogni costo, i tessuti operati furono simbolo di prosperità e strumento di esaltazione politica ed economica di famiglie, casate e stati. Melagrana, cardo, pigna, carciofo ecc. non erano gli unici “patterns”; le possibilità e le tecniche per creare motivi decorativi erano varie (applicazione, ricamo), come visibile nella Santa Maria Maddalena di Carlo Crivelli. 

Esempio della grande abilità tecnico-creativa dell’epoca, in quest’opera notiamo un dato interessante: mentre la manica dell’abito indossato dalla santa presenta un tessuto operato, il corsetto è ricamato. Se il motivo decorativo è lo stesso, la diversità tecnica e il suo posizionamento comunicano messaggi differenti, a volte difficili da interpretare se non si rammentano le parole di Coluccio Salutati: «L’abito deve essere il perfezionamento del corpo che vuol rappresentare lo spirito».


Sandro Botticelli, Pallade e il centauro (1482-1483 circa), Firenze, Galleria degli Uffizi.

I fiori sul seno di sant’Elena richiamano l’“hortus conclusus”, il mondo “altro” rispetto a quello della quotidianità


Cerchiamo quindi di comprendere i significati che tale decorazione può assumere quando posta all’altezza del seno. 

Un esempio tra i più noti è Pallade e il centauro di Botticelli. Pallade, secondo i dettami quattrocenteschi e in seguito all’invenzione dell’“habito all’antica”, veste un “guarnello” (lunga tunica leggera adatta ad angeli e divinità) arricchito da ricami a motivo araldico mediceo (anelli concatenati) e con l’applicazione di alcuni gioielli con diamante(1)

L’elemento vegetale, riconoscibile in avvolgenti spire di olivo - attributo della dea -, ne cinge braccia, fianchi, capo e seno; quest’ultimo risulta oltremodo evidenziato da monili aurei gemmati posti all’altezza dei capezzoli. Due grandi anelli, nei quali s’intrecciano rami, disegnano un’armatura che fa da pendant all’azza (o mazzapicchio) cinta dalla dea con la sinistra. Si tratta di una vera e propria armatura - nuovamente attributo di Atena - a difesa di virtù e ragione contro istinti, passioni e vizi; una corazza a protezione del cuore, sede per eccellenza dell’amore casto e dell’umiltà; tutela di civiltà e ingegno, rappresentati dall’olivo, simbolo della capacità addomesticatrice dell’uomo(2)

Leggermente differente è per esempio la Sant’Elena di Cima da Conegliano. La santa imperatrice veste una “gamurra” dalle cui finestrelle (visibili sulle braccia) fuoriesce una “camisa”: una tipologia di abito estremamente comune nelle corti del Quattrocento. Ciò che risulta essere aliena è la parte superiore dell’abito: se Pallade ha un’armatura fantastica di tralci attorno ai seni, sant’Elena ha una vera e propria corazza arricchita da racemi argentei che sembra richiamare alla memoria la stessa foggia di protezione indossata dalla Fortezza di Botticelli. 

Il pettorale indossato da sant’Elena è completato da un collare di perle e castoni di rubini e zaffiri. Questo è un elemento che potremmo definire quasi come un mix di teatro e di oreficeria; benché totalmente fittizio e antifunzionale - un pettorale d’armatura di questa natura sarebbe estremamente difficile da indossare, non avrebbe alcuno scopo difensivo e da ultimo sarebbe inverosimile da realizzare - ci comunica, d’altro canto, un messaggio ben preciso: la protezione di un qualcosa di estremamente prezioso. 

Armature di questa natura ricorreranno parecchie volte, come dimostra per esempio la parte inferiore della pala di Giovanni Martini da Udine Sant’Orsola tra le Vergini dove una delle compagne della santa indossa la stessa tipologia di corazza. Se il significato delle gemme è chiaro (perle per Cristo, rubini per il sangue e il sacrificio, zaffiri per l’integrità), lo è anche quello dell’armatura: un chiaro rimando paolino (Efesini 6, 11) e all’iconografia del guerriero quale paladino di fede, rettitudine, dedizione e integrità, qualità che vedono in san Michele arcangelo il modello per eccellenza (Apocalisse 12, 7-9). Rimane invece aperta la questione circa i girali vegetali.


Cima da Conegliano, Sant’Elena (1495 circa), Washington, National Gallery of Art.

Carlo Crivelli, Santa Maria Maddalena (1476 circa), Amsterdam, Rijksmuseum.

(1) S. Malaguzzi, Pallade, il centauro e i diamanti medicei, un rebus neoplatonico, in “Art e Dossier”, n. 161, novembre 2000, pp. 35-40.
(2) C. Acidini, Botticelli. Allegorie mitologiche, Milano 2001.

Le allegorie vegetali(3) hanno costellato la storia del cristianesimo sin dalle sue origini. Nel XV secolo un’invocazione alla Madonna recita: «O Maria flos virginum, velut rosa vel lilium»(4). Attributo iconografico di Cristo e della Vergine, delle allegorie vegetali beneficiano anche i santi e la Chiesa stessa quale simbolo di castità e unità in Cristo. Così i fiori sul seno di sant’Elena richiamano l’“hortus conclusus”, il mondo “altro” rispetto a quello della quotidianità, rendendola parimenti «flos virginitatis, forma sanctitatis»(5). Come già teorizzato dal monaco Adam de Perseigne (XII secolo), il fiore sbocciato sta per l’incarnazione e la mortalità di Cristo; i fiori sul seno di sant’Elena ne sono quindi un “memento”, oltre che un riferimento al sorgere della fede, non a caso proprio sul petto (cuore) di colei che scoprì la Vera croce. L’armatura fiorita sintetizza l’invito di Paolo a vestirsi con un’armatura nuova che simboleggia fede (II Corinzi 10, 4-5; Romani 13, 12), che al contempo è sia difesa sia fonte di nutrimento per l’anima, proprio come il seno per il bambino (Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, n. 98). Girali di olivo per la “ratio”; fiori allo “scrinium Sanctae Romanae Ecclesiae”. Donne “armate” a difesa di etica, morale e virtù. 


Salomè rappresenta giovinezza, freschezza, vitalità


Nella formella di Verrocchio con la Decollazione di san Giovanni Battista sull’altare d’argento già destinato al battistero di San Giovanni a Firenze, dobbiamo fare un distinguo tra l’armatura indossata dagli uomini in arme e Salomè, identificata con il primo personaggio raffigurato a sinistra da alcuni studiosi(6). Mentre nella formella con il Banchetto di Erode di Antonio di Salvi Salvucci, Salomè indossa un guarnello, nell’opera di Verrocchio la figlia di Erodiade, la figura all’estrema sinistra, veste una “lorica muscolata”, un’armatura romana che mette in risalto la muscolatura appunto, con ricchi spallacci, tipica dei generali. Di spiccata invenzione teatrale - non dissimile da quelle molto posteriori del Buontalenti disegnate per esempio per gli Intermedi della commedia La Pellegrina di Girolamo Bargagli, rappresentata a Firenze in occasione delle nozze di Ferdinando de’ Medici e Cristina di Lorena, nel 1589 -, presenta una decorazione a foglie d’acanto tra i seni e una semplice ghirlanda culminante in un fiore sbocciato. 

Ora, se il fiore sulle loriche degli uomini d’arme non parrebbe avere accezione cristologica - così come l’acanto e la decorazione vegetale potrebbero essere semplicemente simbolo di vitalità come nel Profilo di guerriero di Leonardo -, riconsiderando la figura di Salomè, racemi e infiorescenze assumono un significato preciso. 

Come suggerito da Piccolo Paci(7), Salomè non va intesa esclusivamente quale “magna peccatrix” colpevole della morte del Battista; possiamo infatti leggerla anche in una prospettiva di innocenza, quale ragazza giovane priva di status giuridico che, come consuetudine per l’epoca, non era ritenuta portatrice di volontà propria ed eseguì senza indugio ciò che gli venne chiesto, previa autorizzazione materna (Marco 6, 24). 

Salomè rappresenterebbe dunque giovinezza, freschezza, vitalità espresse dai fiori sui seni. Racemi, foglie di acanto e lorica assumono invece un significato escatologico: avendo accettato incondizionatamente la volontà di sua madre, Erodiade, che la autorizza a ballare per Erode e avendo esaudito la richiesta materna di vendicare le accuse rivoltale dal Battista (Marco 6, 24-25; Matteo 3, 8), la giovane si trasforma inconsciamente in un nuovo modello di “miles” per l’adempimento delle Scritture. Salomè con la sua fedeltà alla volontà genitoriale è strumento nelle mani di Dio; ella stessa diventa altresì vittima sacrificale sull’altare della salvezza. Ecco allora che la decorazione ci fornisce un richiamo a un elemento classico: come novelli bucrani uniti da ghirlande che adornano l’altare, le decorazioni sulla lorica di Salomè mostrano quanto l’armatura simboleggi l’“ara” sacrificale, per il Battista e per se stessa.


La formella con La decollazione di san Giovanni Battista, di Andrea del Verrocchio dell’altare d’argento (1366-1483) del battistero di San Giovanni a Firenze, oggi nel Museo dell’Opera del duomo.


Giovanni Martini da Udine, Sant’Orsola tra le Vergini (1503-1507), parte inferiore della pala, Milano, Pinacoteca di Brera.

(3) S. Piccolo Paci, Rosa sine spina. I fiori simbolo di Maria tra arte e mistica, Milano 2015.
(4) «O Maria fiore delle vergini, simile alla rosa e al giglio».
(5) «Fiore di verginità, forma di santità».
(6) Questa ipotesi, formulata negli anni Sessanta e poi ripresa negli anni Ottanta (per esempio in Arte in Toscana, a cura di U. Baldini, M. Cristiani, G. Maetzke, Milano 1983, II, p. 371), non è stata presa in considerazione in studi recenti, fra i quali, l’ultimo, in ordine di tempo, è Leonardo da Vinci and the Art of Sculpture (Atlanta, High Museum of Art, ottobre 2009 - gennaio 2011; Los Angeles, J. Paul Getty Museum, marzo - giugno 2010), catalogo della mostra a cura di G. M. Radke.
(7) S. Piccolo Paci, Le vesti del peccato. Eva, Salomè e Maria Maddalena nell'arte, Milano 2003.

ART E DOSSIER N. 333
ART E DOSSIER N. 333
GIUGNO 2016
In questo numero: DARE FORMA ALL'EMOZIONE La scultura in terracotta di Niccolò dell'Arca, Mazzoni e Begarelli. CAVALLI E ALTRI ANIMALI Fare arte con i batteri; Il circo di Calder; Sculture equestri tra Quattro e Cinquecento. IN MOSTRA Fabre a Firenze, Picasso scultore a Parigi, Vetri e architetti a Venezia.Direttore: Philippe Daverio