Il museo immaginario


il prigioNiero diveNuto artista

di Alfredo Accatino - Il Museo Immaginario
ilmuseoimmaginario.blogspot.it

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla riscoperta di grandi artisti, di opere e storie spesso dimenticate: Wim de Haan

Non credo che l’inferno esista. Ma se ci fosse, tra il 1941 e il 1943 avrebbe avuto una succursale in Birmania, dalle parti di Maltaban. È lì, nello scenario evocato dal film Il ponte sul fiume Kwai (che raccontava nel 1957 con toni hollywoodiani una realtà molto edulcorata) che il grande esercito nipponico decide di tracciare la famigerata ferrovia di Burma all’interno di una foresta pluviale impenetrabile per favorire la propria espansione in Thailandia. 

Durante la costruzione, per incidenti, repressioni, malattie, attacchi di animali e stenti, morirono tredicimila prigionieri di guerra del Commonwealth, olandesi, inglesi e americani (i loro corpi furono poi sepolti lungo il tracciato della ferrovia) e quasi centomila civili: manodopera forzata deportata dalla Malesia e dalle Indie orientali. 

Tale era la fretta del Giappone durante le fasi finali del conflitto che negli ultimi tre mesi gli operai furono costretti a lavorare a cicli di tre giorni consecutivi (per un totale di sessantadue su settandue ore), potendo utilizzare solo la metà della già scarsa razione alimentare giornaliera, costretti a dormire direttamente sul terreno, accanto agli scavi, dentro rudimentali recinti di legno. 

Pochi gli scampati a questo olocausto. Quasi tutti ebbero gravissimi problemi di reinserimento. Molti furono i suicidi presso gli ospedali che li accolsero alla fine del conflitto. 

Tra i sopravvissuti, anche il ventinovenne Wim de Haan (1913-1967), olandese di nascita, ma con interessi di famiglia e radici in Indonesia e nel Sud Est asiatico, dove aveva vissuto sin da bambino e aveva fatto l’agente di commercio. 

Wim non riesce a dimenticare. Cercherà, però, di farlo, per tutta la vita, provando a rielaborare e a esorcizzare la sua tragica esperienza con linguaggi per lui del tutto nuovi, come la pittura. 

Si laurea in psicologia, torna in Europa. 

E inizia a dipingere, trasformando così la sua passione giovanile in scelta di vita.


Nativi birmani a Maltaban durante l'invasione dell'esercito giapponese tra il 1941 e il 1943.

Le sue opere, che sembrano spaziare tra espressionismo astratto e Informale, hanno forti influenze e punti di contatto anche con il mondo surreale di Miró, riletto in chiave polimaterica, e con il gruppo CoBrA a cui spesso vengono collegate. 

Un mondo che Wim analizza in parallelo, senza mai abbandonarsi all’ironia. 

Ciò che vuole esplorare, al di là della scelta formale, è il rapporto tra bene e male. La contraddizione tra disperazione e speranza, trasmutando i ricordi in sogni, in forme e colori. Ecco, ogni opera diventa così un racconto: una lettera per non dimenticare, per liberarsi dai propri incubi. 

Un percorso di analisi che miscela Freud e calvinismo, che pone la ricerca artistica come strumento, e non come fine. 

È un percorso che punta a rivivere e a verbalizzare anche per iscritto le proprie esperienze, dando vita a una parallela analisi letteraria, psicologica e artistica di ogni opera (scelta che emerge sin dal titolo che egli le assegna) assolutamente unica nel panorama dell’arte astratta del Novecento. E che rende la sua pittura molto diversa da qualsiasi altra generica composizione non figurativa.


Wim de Haan, Composizione astratta (1961).


Wim de Haan, 2G8 (1959).

ART E DOSSIER N. 332
ART E DOSSIER N. 332
MAGGIO 2016
In questo numero: LA VERTIGINE DELL'ACCUMULO Wunderkammer e collezionismi seriali. LA CUCINA E' ARTE?. BENI CULTURALI: il punto sulla riforma. EROINE E CONCUBINE: il mondo di Delacroix in mostra a Londra. IN MOSTRA Boccioni a Milano, Imagine a Venezia, Dimitrijevic a Torino.Direttore: Philippe Daverio