Il secondo ambito possiamo definirlo, per simmetria, arte nel cibo. È il campo degli accostamenti, delle sovrapposizioni e delle contaminazioni tra diversi media artistici e la cucina vera e propria, spesso realizzato con collaborazioni esplicite tra cuochi e artisti. Pensiamo per esempio all’opera transmediatica Il sogno, realizzata qualche anno fa dai fratelli Roca di Girona, in Spagna (El Celler de Can Roca è il migliore ristorante del mondo secondo l’influente guida Top Fifty Best Restaurant), insieme all’artista visuale catalano Franc Aleu. In questo caso, è la cucina reale che va verso l’arte - ciò che è già considerato tale, su un piano istituzionale e sociale - realizzando piatti esplicitamente artistici, mimando cioè forme e linguaggi da altri medium (la musica, la pittura, il teatro ecc.); oppure, più banalmente, utilizzando aspetti artistici nel contesto dei processi della cucina. Come il primo, anche questo ambito vanta una storia antica e vasta. La cucina ha da sempre incrociato le arti. Per esempio nelle messe in scena dei grandi banchetti medievali, in cui musicisti, attori, saltimbanchi avevano un ruolo centrale per convivi che erano come veri spettacoli teatrali; oppure, nella funzione decorativa e mimetica di alcune costruzioni edibili nella grande cucina dell’Ottocento, come le architetture di marzapane di Marie-Antoine Carême o le sculture di ghiaccio di Auguste Escoffier, costruite appositamente per incorporare piatti. La pasticceria si è sviluppata come ambito culinario specifico in età moderna proprio imitando le arti figurative e in particolare l’architettura, grazie alla natura dei suoi ingredienti che consentono una maggiore stabilità e durata dei cibi. Le scelte dell’ambiente, della musica e del design dei più curati ristoranti sono talvolta esplicitamente pensate in accordo agli stili della cucina. Se è vero che talvolta qui l’arte è convocata solo come elemento decorativo o nobilitante, altre volte le collaborazioni tra cuochi e artisti non trascurano affatto la funzione primaria della cucina, cioè il far mangiare bene. Resta tuttavia forte il sospetto che la cucina che va verso l’arte in modo tematico ed esplicito testimoni soprattutto di un desiderio di nobilitazione da parte dei cuochi (il cuoco spesso non si considera artista per il suo lavoro come tale); di contaminazione con altro da parte degli artisti.
Il terzo ambito riguarda la possibilità di considerare la cucina, in quanto tale, come una possibilità dell’arte. Se la cucina sia arte è una domanda antica, che la filosofia si è posta fin da Platone. La questione oggi è: possiamo, dopo le esperienze dell’arte moderna e soprattutto dopo la rivoluzione delle avanguardie del XX secolo, ostinarci a non considerare la pratica culinaria come una pratica artistica? Non credo sia possibile, tanto per ragioni storiche che teoriche. Qualche tempo fa un cuoco mi disse: «La cucina non è arte. La cucina è matematica, tecnica, chimica». Egli non sapeva che tecnica era proprio il modo in cui i greci definivano l’arte (“téchne”). Persino la matematica e stata considerata un’arte nel mondo antico. L’artista era colui che possedeva le capacità, intellettuali o manuali, di produrre, di realizzare qualcosa nel modo migliore. Per molto tempo, la distinzione non fu tra artisti e artigiani ma tra tipi diversi di arti: quelle meccaniche, legate alla manualità, al gesto e al savoir-faire (come l’oreficeria, la falegnameria o anche l’agricoltura), e quelle liberali. Come sappiamo, la distinzione tra arte e artigianato si è imposta solo nell’età moderna, in misura progressiva dal Rinascimento all’Ottocento, secolo nel quale l’immagine dell’artista come genio creativo, inventore di opere originali e contravventore dei linguaggi consolidati giunge al suo culmine.
Questo stravolgimento quasi completo delle nozioni di arte e di artista, operato nella modernità e consacrato dal mito romantico, è ancora presente nella sensibilità contemporanea. Ora, quel cuoco - come molti altri - usava “arte” in questo significato moderno, riferibile a un potere immaginativo libero e quasi privo di regole.
Ma in cucina la parola “arte” ha continuato a essere usata anche nel suo significato antico, di abilità tecnica e di sapienza del gesto; “a regola d’arte” - e non è un caso che oggi nel mondo dell’arte la questione sia stata riproposta proprio per superare antiche dicotomie e gerarchie che non hanno alcun senso. Quindi la cucina può essere un’arte, senza bisogno di ricorrere a nobilitazioni. Ed è un’arte totale, perché coinvolge tutti i sensi. Il gusto è infatti una percezione in realtà multisensoriale, e la vista, tra tutti i sensi certamente il più potente, gioca nell’apprezzamento del cibo un ruolo centrale.