XXI secolo
Cucina come arte

l’artesi mangia?

Arte che cita la cucina, cucina che imita l’arte e cucina come pratica artistica.
Tre percorsi lungo i quali, nel corso del tempo, arte e cibo si sono incontrati e intrecciati.
E oggi, forse, i tempi sono maturi per un nuovo passo nella direzione del superamento di gerarchie di genere che nel mondo delle arti contemporanee hanno perso ogni ragione di essere.

Nicola Perullo

Dei rapporti tra cibo, cucina e arte si può trattare in molti modi, raggruppabili a mio parere in tre grandi ambiti. Tutti e tre intrattengono una relazione profonda con la visione e con le arti visive. Descriviamoli brevemente, con l’avvertenza che in taluni casi i confini tra essi possono essere fragili e superabili. Il primo, più vasto e studiato è l’ambito del cibo nell’arte, cioè in ciò che già viene considerato arte. Si tratta della realizzazione di opere d’arte e di performance attraverso il cibo, utilizzato come strumento di rappresentazione e di narrazione. Da sempre il cibo è oggetto di attenzione da parte degli artisti. In tutte le arti - dalla letteratura alla poesia, dalla scultura al teatro - si trovano riferimenti agli alimenti e alla cucina; tuttavia, sono proprio le arti visive ad avere attinto a piene mani dalla materia alimentare. Non è un caso: la visione del cibo suggerisce ed evoca un universo di significati. Dalle scene di caccia, di convivio e banchetto dell’arte antica e medievale alle nature morte moderne fino alle installazioni e alle performance contemporanee, il cibo - grezzo o cucinato - gioca molteplici ruoli: testimone dell’effimero, indice di piaceri voluttuosi o di stenti, simbolo dei legami tra eros e tanathos, di ritualità comunitarie, e molto altro. Nell’ «epoca della riproducibilità tecnica», per dirla con Benjamin, la presenza di immagini di cibo nelle opere d’arte visiva è addirittura esplosa: non si contano più fotografie e film in cui il cibo e la cucina sono protagonisti. In questo primo, grande ambito, il cibo è immaginato e rappresentato “more metaphorico” perché è indubbio che il cibo narrato, dipinto, filmato o fotografato non si mangia né si gusta realmente. Ci si nutre certo anche di immagini e di parole, ma in un senso diverso; la funzione primaria del cibo è quella di essere consumato, assimilato realmente.


In tutte le arti - dalla letteratura
alla poesia, dalla scultura al teatro -
si trovano riferimenti agli alimenti
e alla cucina


Immagine dal film El Somni (Il sogno), di Franc Aleu con El Celler de Can Roca (2013).


Immagine dal film El Somni (Il sogno), di Franc Aleu con El Celler de Can Roca (2013).

Immagine dal film El Somni (Il sogno), di Franc Aleu con El Celler de Can Roca (2013).


Immagine dal film El Somni (Il sogno), di Franc Aleu con El Celler de Can Roca (2013).

Dunque, un libro, un quadro, una foto o un film che parlano di cibo non sono opere d’arte perché rappresentano il cibo. L’Ultima cena di Leonardo, i Mangiatori di patate di Van Gogh, La grande abbuffata di Ferreri, Il pranzo di Babette di Axel, le fotografie di Ferdinando Scianna, le opere di Vanessa Beecroft con tema il cibo non sono considerate arte per via dell’oggetto rappresentato ma, eventualmente, per altre caratteristiche. 

In questo ambito, la materia rappresentata è collocata su un supporto che la conserva e la trattiene: un foglio di carta, una pellicola, una tela, l’insieme dei pixel garantiscono la permanenza del cibo proprio perché esso non si consumerà come in un pasto. Nelle performance il cibo si può mangiare davvero, dunque esse parrebbero appartenere a un altro dominio; tuttavia, rispetto alla funzione primaria del cibo, questi eventi artistici rientrano ancora in questo ambito. Per esempio, nei lavori di Rirkrit Tiravanija ma anche negli straordinari e innovativi esperimenti della cucina futurista o nella Eat Art di Joseph Beuys e Daniel Spoerri il cibo si è consumato davvero. Tuttavia, scopo principale, spesso esclusivo, di questi artisti non è quello di regalare piacere gustativo, perché la cucina può essere anche disgustosa o comunque non a livello tecnico e sensoriale perfetto; essi cercano piuttosto di emozionare, far riflettere o scioccare grazie ai suoi effetti - nel caso di Spoerri - meramente visivi.


Esempi di decorazione per pasticceria in forma architettonica di Marie-Antoine Carême (da L’art de la cuisine française, 1833-1834);


Un’inquadratura da Il pranzo di Babette (1987), di Gabriel Axel.

In cucina la parola “arte”
ha continuato a essere usata anche
nel suo significato antico, di abilità
tecnica e di sapienza del gesto


Il secondo ambito possiamo definirlo, per simmetria, arte nel cibo. È il campo degli accostamenti, delle sovrapposizioni e delle contaminazioni tra diversi media artistici e la cucina vera e propria, spesso realizzato con collaborazioni esplicite tra cuochi e artisti. Pensiamo per esempio all’opera transmediatica Il sogno, realizzata qualche anno fa dai fratelli Roca di Girona, in Spagna (El Celler de Can Roca è il migliore ristorante del mondo secondo l’influente guida Top Fifty Best Restaurant), insieme all’artista visuale catalano Franc Aleu. In questo caso, è la cucina reale che va verso l’arte - ciò che è già considerato tale, su un piano istituzionale e sociale - realizzando piatti esplicitamente artistici, mimando cioè forme e linguaggi da altri medium (la musica, la pittura, il teatro ecc.); oppure, più banalmente, utilizzando aspetti artistici nel contesto dei processi della cucina. Come il primo, anche questo ambito vanta una storia antica e vasta. La cucina ha da sempre incrociato le arti. Per esempio nelle messe in scena dei grandi banchetti medievali, in cui musicisti, attori, saltimbanchi avevano un ruolo centrale per convivi che erano come veri spettacoli teatrali; oppure, nella funzione decorativa e mimetica di alcune costruzioni edibili nella grande cucina dell’Ottocento, come le architetture di marzapane di Marie-Antoine Carême o le sculture di ghiaccio di Auguste Escoffier, costruite appositamente per incorporare piatti. La pasticceria si è sviluppata come ambito culinario specifico in età moderna proprio imitando le arti figurative e in particolare l’architettura, grazie alla natura dei suoi ingredienti che consentono una maggiore stabilità e durata dei cibi. Le scelte dell’ambiente, della musica e del design dei più curati ristoranti sono talvolta esplicitamente pensate in accordo agli stili della cucina. Se è vero che talvolta qui l’arte è convocata solo come elemento decorativo o nobilitante, altre volte le collaborazioni tra cuochi e artisti non trascurano affatto la funzione primaria della cucina, cioè il far mangiare bene. Resta tuttavia forte il sospetto che la cucina che va verso l’arte in modo tematico ed esplicito testimoni soprattutto di un desiderio di nobilitazione da parte dei cuochi (il cuoco spesso non si considera artista per il suo lavoro come tale); di contaminazione con altro da parte degli artisti. 

Il terzo ambito riguarda la possibilità di considerare la cucina, in quanto tale, come una possibilità dell’arte. Se la cucina sia arte è una domanda antica, che la filosofia si è posta fin da Platone. La questione oggi è: possiamo, dopo le esperienze dell’arte moderna e soprattutto dopo la rivoluzione delle avanguardie del XX secolo, ostinarci a non considerare la pratica culinaria come una pratica artistica? Non credo sia possibile, tanto per ragioni storiche che teoriche. Qualche tempo fa un cuoco mi disse: «La cucina non è arte. La cucina è matematica, tecnica, chimica». Egli non sapeva che tecnica era proprio il modo in cui i greci definivano l’arte (“téchne”). Persino la matematica e stata considerata un’arte nel mondo antico. L’artista era colui che possedeva le capacità, intellettuali o manuali, di produrre, di realizzare qualcosa nel modo migliore. Per molto tempo, la distinzione non fu tra artisti e artigiani ma tra tipi diversi di arti: quelle meccaniche, legate alla manualità, al gesto e al savoir-faire (come l’oreficeria, la falegnameria o anche l’agricoltura), e quelle liberali. Come sappiamo, la distinzione tra arte e artigianato si è imposta solo nell’età moderna, in misura progressiva dal Rinascimento all’Ottocento, secolo nel quale l’immagine dell’artista come genio creativo, inventore di opere originali e contravventore dei linguaggi consolidati giunge al suo culmine. 

Questo stravolgimento quasi completo delle nozioni di arte e di artista, operato nella modernità e consacrato dal mito romantico, è ancora presente nella sensibilità contemporanea. Ora, quel cuoco - come molti altri - usava “arte” in questo significato moderno, riferibile a un potere immaginativo libero e quasi privo di regole. 

Ma in cucina la parola “arte” ha continuato a essere usata anche nel suo significato antico, di abilità tecnica e di sapienza del gesto; “a regola d’arte” - e non è un caso che oggi nel mondo dell’arte la questione sia stata riproposta proprio per superare antiche dicotomie e gerarchie che non hanno alcun senso. Quindi la cucina può essere un’arte, senza bisogno di ricorrere a nobilitazioni. Ed è un’arte totale, perché coinvolge tutti i sensi. Il gusto è infatti una percezione in realtà multisensoriale, e la vista, tra tutti i sensi certamente il più potente, gioca nell’apprezzamento del cibo un ruolo centrale.


Rirkrit Tiravanija, Untitled (Cooking corner version # 3) (giugno 2015), Parigi, Centre Georges Pompidou.

LA MOSTRA

Regine e re di cuochi (a cura di Marco Bolasco, con un nutrito comitato di esperti, tra i quali l’autore dell’articolo in queste pagine) è una curiosa mostra dedicata all’eccellenza nell’alta cucina. Una mostra multimediale (e multisensoriale), colorata e ricchissima di spunti visivi e iconografici che indaga su una selezione molto ampia di maestri della cucina contemporanea (Alajmo, Beck, Bottura, Cannavacciuolo, Cracco, Oldani, Cedroni, Marchesi, Paracucchi, Picchi, Pierangelini, Romito, Santini, Vissani...) in modo da evidenziarne i processi creativi, le radici, gli strumenti, le ambientazioni, gli elementi di design che contraddistinguono il lavoro dello chef. Palazzina di caccia di Stupinigi (Torino), fino al 5 giugno; orario: lunedì-giovedì 11- 21, venerdì-domenica 10-21; telefono 011-08891178; catalogo Giunti GAmm.


ART E DOSSIER N. 332
ART E DOSSIER N. 332
MAGGIO 2016
In questo numero: LA VERTIGINE DELL'ACCUMULO Wunderkammer e collezionismi seriali. LA CUCINA E' ARTE?. BENI CULTURALI: il punto sulla riforma. EROINE E CONCUBINE: il mondo di Delacroix in mostra a Londra. IN MOSTRA Boccioni a Milano, Imagine a Venezia, Dimitrijevic a Torino.Direttore: Philippe Daverio