Arte in coppia
Karen Mirza e Brad Butler


una missione etica

Aderenti alla tradizione della “critica istituzionale”, volta a svelare giochi di potere celati dietro all’industria culturale, Mirza e Butler propongono un’arte condivisa e consapevole, pronta a esplorare nuovi mondi e a cambiare forma e medium in base al contesto storico e sociopolitico: dal cinema all’installazione, dalla performance al disegno, alla scrittura.

di Cristina Baldacci

La loro collaborazione, ormai ventennale, ha avuto inizio quasi per caso durante gli anni di studio, quando al Royal College of Art di Londra, che entrambi frequentavano - l’una cimentandosi in installazioni filmiche, pur avendo seguito corsi di pittura, l’altro interessandosi ai film sperimentali, con alle spalle una formazione da antropologo -, gli venne affidato un compito a due. Fu allora che Karen Mirza (Londra, 1967) e Brad Butler (Evesham, 1973) realizzarono il loro primo lavoro insieme, un film muto in bianco e nero, scoprendo la comune passione per il cinema d’avanguardia, dal taglio critico e impegnato, e quella che sarebbe diventata una missione condivisa: cercare di essere parte del cambiamento sul piano sociale e politico. 

Su questi due assi, la produzione di film-documentari e l’impegno in prima persona, Mirza e Butler hanno costruito il loro percorso artistico e intellettuale, che è andato via via definendosi come pratica collaborativa in perpetuo divenire, attraverso l’uso di diversi media e linguaggi: oltre al film, l’installazione, la performance- azione, il disegno, la scrittura; a cui vanno aggiunti la curatela di mostre e iniziative culturali e il fare lezione come momento di confronto e discussione. È per questo che nel 2004 hanno fondato a Londra lo spazio per artisti (autogestito e no-profit) no-w-here, che, con una piccola quota mensile, garantisce a tutti i suoi membri la possibilità di prendere parte a diverse attività e servizi, tra cui incontri, mostre, proiezioni, e soprattutto un laboratorio per la produzione di film sperimentali con consulenza su misura (www.no-w-here.org.uk). 

Tre anni dopo, nel 2007, è nato il secondo dei loro progetti in fieri, The Museum of Non Participation (www.museumofnonparticipation.org), un museo ideale e itinerante che ha fatto tappa in vari paesi (Inghilterra, Egitto, Pakistan, Germania…) cambiando forma di continuo. Più che essere costituito da oggetti concreti, si fonda infatti sull’attivismo e la resistenza, che ogni volta vengono ricalibrati a seconda del contesto sociopolitico in cui i due artisti si trovano a operare, sebbene nel titolo ci sia un esplicito riferimento alla “non partecipazione”.


How to Protest Intelligently (2013).


The Ectoplasm of Neoliberalism (2015).

Mirza e Butler ci invitano a essere attivi
e critici, se non nell’azione
sul campo, per lo meno dal punto
di vista intellettuale


Questo per loro non significa essere apatici, bensì consapevoli che come singoli siamo esclusi dalle decisioni politiche, economiche, culturali della società in cui viviamo. Al posto di rimanere a guardare, Mirza e Butler ci invitano a essere attivi e critici, se non nell’azione sul campo, per lo meno dal punto di vista intellettuale. 

Riferita al sistema dell’arte, questa attitudine rientra nella lunga tradizione della “critica istituzionale”, che da Marcel Broodthaers, con il suo fittizio Musée d’Art Moderne, a Thomas Hirschhorn, con i suoi “altari”, “chioschi” e “monumenti” precari - per non parlare di Hans Haacke con le sue azioni di smascheramento -, ha preso di mira l’istituzione museale per portare alla luce i giochi di potere che si nascondono dietro all’industria culturale e proporre un’alternativa. «Il nostro Museum of Non Participation», ha spiegato la coppia in un’intervista fatta in occasione di uno degli allestimenti del museo al Walker Art Center di Minneapolis (2013), «si riferisce a una critica istituzionale che è compresa nel titolo stesso - sebbene sia affrancato dall’essere un vero museo. Può viaggiare come luogo, slogan, banner, performance, giornale, film, intervento, occupazione - qualsiasi cosa gli permetta di “agire”»(*). Il Museum of Non Participation è il perno attorno al quale ruotano e rientrano tutte le attività dei due artisti, al di là della forma che esse prendono. Ed è anche il motivo che li spinge a viaggiare, a confrontarsi con altre culture, soprattutto extraoccidentali e ancora in mano a regimi totalitari - dove il bisogno di libertà e democrazia rimane vivo ma difficilmente attuabile - per imparare a conoscere; nella consapevolezza che quello euro e americanocentrico non è né l’unico, né il più efficace punto di vista con cui guardare il mondo. Quello di Mirza e Butler è un atteggiamento curioso e nello stesso tempo rispettoso. Non hanno la presunzione di arrivare in un luogo, comprenderlo senza avere preso parte alla sua storia, per poi rappresentarlo come dei demiurghi. Con l’aiuto di artisti e attivisti che vivono sul posto, quindi unendo la ricerca su testi e documenti a testimonianze ed esperienze dirette, raccolgono idee, predispongono azioni, mostrano l’oggetto delle loro indagini attraverso processi temporanei, mantenendo sempre aperto lo spazio per il dialogo e il dibattito, e cercando di capire quale ruolo e posizione ha l’arte in questo processo. 

Per il già citato allestimento del Museum of Non Participation al Walker Art Center nel 2013, Mirza e Butler hanno per esempio riflettuto sul significato del New Deal in due direzioni. Una storica e site-specific, con riferimento alla trasformazione del museo di Minneapolis da istituzione privata (voluta dal magnate e collezionista T. B. Walker) a pubblica, come conseguenza del programma di risanamento economico-sociale avviato da Roosevelt dopo la Grande depressione del 1929. L’altra contemporanea, ma legata a un simile atteggiamento riformista: quello assunto dalle Nazioni Unite, che con una serie di “resolutions” hanno creduto di poter instaurare la democrazia in Iraq e di riuscire a dare “un nuovo corso” al paese, nonostante alle spalle della loro regolamentazione ci sia stata una continua negoziazione con il totalitarismo locale. Mirza e Butler operano lungo quella sottile linea che separa il visibile dall’invisibile, il sicuro dall’incerto, la regola dall’eccezione. Fare aprire gli occhi, incoraggiare il cambiamento attraverso la condivisione e un continuo lavoro di mediazione e traduzione culturale è il loro principale obiettivo. Come Bertolt Brecht - che citano esplicitamente in The Exception and the Rule, un film del 2009 ambientato in Pakistan, che è poi diventato anche un riadattamento, in forma di azione partecipata, dell’omonimo dramma didattico brechtiano del 1930, L’eccezione e la regola, appunto (per la sesta edizione della biennale Artes Mundi a Cardiff nel 2014) -, i due artisti presentano situazioni nelle quali è necessario innescare un nuovo corso delle cose, che può avvenire soltanto prendendo coscienza di sé e cercando la collaborazione degli altri.


The Exception and The Rule (2014), pièce presentata in occasione di Artes Mundi 6, Cardiff, Temple of Peace;


You are the Prime Minister (2014).


The New Deal (2013).

(*) Cfr. l’intervista realizzata da J. Caniglia ai due artisti, Art of Opposition. Karen Mirza and Brad Butler on Aesthetics and Activism in occasione della mostra The Museum of Non Participation: The New Deal is on view (Minneapolis, The Walker Art Center, 18 aprile - 14 luglio 2013); http://www.walkerart.org/magazine/2013/mirza-butler-museum- of-non-participation.

ART E DOSSIER N. 332
ART E DOSSIER N. 332
MAGGIO 2016
In questo numero: LA VERTIGINE DELL'ACCUMULO Wunderkammer e collezionismi seriali. LA CUCINA E' ARTE?. BENI CULTURALI: il punto sulla riforma. EROINE E CONCUBINE: il mondo di Delacroix in mostra a Londra. IN MOSTRA Boccioni a Milano, Imagine a Venezia, Dimitrijevic a Torino.Direttore: Philippe Daverio