Il verde
dell’AfrIcA

Nel 1885 le potenze europee consentirono al re Leopoldo II del Belgio di impadronirsi del Congo, territorio africano settantasei volte più grande del Belgio stesso.

Da quel momento inizia per quel paese il calvario dell’epoca coloniale. Il re belga, che era anche collezionista di arte primitiva, diede il via a un genocidio fra i più terribili della storia recente. Quando il re Leopoldo II e il suo architetto Henri Maquet consacrarono la sala cerimoniale del Palazzo reale di Bruxelles al tema del Congo, non avrebbero mai immaginato che il suo soffitto e il grande lampadario, un giorno, sarebbero stati coperti da ali di scarabeo-gioiello, ben un milione e quattrocentomila, proprio quanto gli anni della presenza dello scarabeo sulla terra. La regina Paola, che da tempo seguiva con interesse l’opera di Jan Fabre, su consiglio del critico d’arte Jan Hoet, aveva da tempo il desiderio di destinare uno spazio all’arte contemporanea nelle sale del palazzo. Nasce così la commessa di questo lavoro, Heaven of Delight (2002). Fabre accetta la sfida: in tre mesi e con l’aiuto di trenta collaboratori realizza quest’impresa, incollando una a una le corazze degli insetti. Anche la regina Paola ha partecipato alle ultime fasi di questo magnifico lavoro. La luce che entra dalle grandi finestre si riverbera sulle corazze creando dei riflessi che vanno dal blu scuro al verde mare in un’atmosfera fiabesca e inquietante.

Dal 2011 al 2013 Fabre crea una serie di mosaici monumentali intitolati Tribute to Belgian Congo e Hieronymus Bosch in Congo. Nel trittico di Bosch Il giardino delle delizie, si vedono esseri umani sottoposti a torture. Nella mostra di Fabre alla Kunsthaus di Bregenz (Austria) del 2008, la scultura di un africano a grandezza naturale, con i segni delle frustate sul dorso, giace su un tappeto di elitre di scarabeo.

Si tratta proprio di quelle elitre che Fabre aveva “sottratto” al soffitto del Palazzo reale belga. Egli stesso ha dichiarato: «Ho dovuto portar via una parte del soffitto perché avevo la percezione che qualcosa stesse germogliando». Fabre ripercorre il passato coloniale del Belgio, orientato non tanto da uno spirito polemico verso il proprio paese quanto dall’amore verso quel lontano paese africano. Raffigurati nei mosaici vediamo i personaggi e i fatti curiosi o atroci che hanno segnato quella storia: le frustate agli africani, i diamanti estratti per far affluire la ricchezza verso i capitali europei, i bambini e gli adulti con la mano destra tagliata (quando la raccolta di caucciù non raggiungeva la quota prefissa) e tante altre immagini crudeli.


Particolare del lampadario realizzato con corazze di insetti.





Venturing on Slippery Iron (2013), tre opere dalla serie Tribute to Hieronymus Bosch in Congo (2011-2013), esposte al Pinchuk Art Centre di Kiev, Ucraina.

Jan Fabre, sia con i suoi collaboratori di Troubleyn , sia con quelli di Angelos, viaggia incessantemente per tutto il mondo. L’Italia è una delle sue mete preferite e la Biennale di Venezia lo ha visto protagonista nel 1984, nel 2007 e nel 2011. Nel 2013 il Maxxi di Roma ha presentato Jan Fabre. Stigmata. Actions & Performances 1976-2013, mostra a cura di Germano Celant, un viaggio nella memoria dell’artista attraverso disegni, modelli di studio, filmati e fotografie. Nell’autunno del 2014, sempre nella capitale, lo spazio RAM - Radioartemobile presenta la mostra-performance Is the Brain the Most Sexy Part of the Body?, tematica di cui discute per quindici minuti con lo scienziato naturalista americano Edward O. Wilson. Nella medesima stanza, riprendendo un’opera del 2007, sono collocati quattro coralli immersi in vasi di vetro pieni di acqua, che l’artista associa ai cervelli dei quattro personaggi Einstein, Gertrude Stein, Wittgenstein e Frankenstein giocando spiritosamente sul termine “stein” (pietra, in tedesco). L’evento è dedicato al grande amico e curatore Jan Hoet (1936- 2014), che Jan Fabre definiva: «impregnato in ogni fibra dalla necessità dell’arte». Nell’ottobre del 2015, Mount Olympus è stato rappresentato a Roma, al teatro Argentina, in prima italiana. Dal 15 aprile al 2 ottobre 2016 tra Forte Belvedere, Palazzo vecchio e piazza della Signoria, a Firenze, si svilupperà la mostra Jan Fabre. Spiritual Guards, con la direzione artistica di Sergio Risaliti e la curatela di Joanna De Vos e Melania Rossi. Per la prima volta in assoluto un artista vivente si cimenterà contemporaneamente con tre luoghi di eccezionale valore storico e artistico. Saranno esposti un centinaio di lavori realizzati da Fabre tra il 1978 e il 2016: sculture in bronzo, installazioni di gusci di scarabei, lavori in cera e film che documentano le sue performance.


I Had to Demolish a Part of the Ceiling of the Royal Palace because there Was Something Growing out of It (2008).

La spettacolare integrazione bronzea in piazza della Signoria e le opere realizzate con gusci di scarabei in mostra a Palazzo vecchio si misureranno con il tessuto urbano e con uno dei più visitati palazzi storici della città, costituendo un perfetto completamento visivo e concettuale alla mostra più ampia allestita a Forte Belvedere. Impresa e motto della mostra sarà giustappunto «Spiritual Guards», da interpretare come incitamento a vivere una vita eroica, sia bellicosa che disarmata, a difesa dell’immaginazione e della bellezza.


Holy Dung Beetle with Laurel Tree (2012).

FABRE
FABRE
Jean Blanchaert
La presente pubblicazione è dedicata a Jan Fabre. In sommario: L'imprinting artistico: il mito famigliare e la strada; Gli insetti: i maestri di un sapere iniziatico; La precisione del sogno; Il corpo è tutto. Tutto è corpo; Mount Olympus; Le sculture: testimoni di un'assenza; Il verde dell'Africa; Troubleyn Laboratorium. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.