La danza insegna che l’esercizio è lungo e articolato. È al contempo un “memento vivere”, un’esortazione a esserci, pienamente, nella danza della vita, ovvero a non sprecare la ricchezza dell’esistenza, impiegando bene il tempo che Dio (o il destino) ha concesso a ogni individuo. Anche per il cristiano, che ha sviluppato un forte senso della fede nell’oltrevita, l’affioramento del dubbio e della paura è sempre pronto a manifestarsi.
Nella valle Rendena, chiusa tra le montagne che separano il Trentino dalla Lombardia, il pittore bergamasco Simone II Baschenis di Averara (1490 circa - 1555)(6) ha affrescato una danza macabra sulla parete esterna della chiesa di San Vigilio a Pinzolo. Il corteo apocalittico (1539) è sviluppato in una lunghezza di circa ventidue metri, dove tutti i personaggi sono inseriti entro una scansione solenne, dipinti con un’attenta descrizione fisiognomica ed efficace varietà di atteggiamenti. I diciotto soggetti(7) si stagliano su uno sfondo neutro. I partecipanti procedono da destra verso sinistra, in direzione di Cristo crocifisso e della Morte, seduta in trono e intenta a suonare la cornamusa, accompagnata da altri due scheletri che soffiano nelle pive. Tutti i personaggi umani(8), compreso Cristo, hanno una freccia conficcata nel corpo. Chi scocca i dardi mortali è lo scheletro che cavalca un destriero bianco, posto accanto all’arcangelo Michele e al demonio. Sotto le immagini scorre una serie di riferimenti letterari tipica del repertorio che si riferisce alla sovranità della Morte su ogni individuo, su qualsiasi ceto sociale. Gli scheletri del corteo sorreggono verghe e filatteri, con motti che fungono da “memento mori”. Tutto si sviluppa entro una ventina di passi. Sembra di udire il rumore delle giunture ossee - contrappuntato dai rumori delle stoffe struscianti degli abiti di ogni rappresentante del corteo -, che scandisce il ritmo della scena.
Il sibilo delle frecce percorre lo spazio, entra nei toraci, nel collo o nel cranio. Ogni danza macabra mette in scena lo spirito ironico di un accoppiamento fra due termini antinomici. Scheletro e individuo vanno, a braccetto o per mano, a formare una coppia di opposti complementari. Se nell’affresco macabro di Clusone gli scheletri ridanciani esprimono visivamente un sapore di stampo ironico e sembrano anche rappresentare il momento futuro di ogni individuo partecipante alla danza, a Pinzolo, invece, il corteo macabro ha un’espressione più solenne, drammatica, a tal punto che persino Cristo in croce pare essere sottomesso all’inevitabile destino dettato dalla Morte. Così almeno sembra ribadito, oltre che dall’immagine icastica, dal testo scritto sotto Gesù colpito dalla freccia mortale: «[...] O peccator pensa de costei / La mea morto mi che son Signor de ley»(9).