Luoghi da conoscere
I sotterranei della certosa di San Martino a Napoli

la cittàdi pietra

La certosa di San Martino è molto più di un antico e meraviglioso monumento: è anche un museo che riassume, nella sua collezione di sculture, la storia di Napoli.
I recenti lavori di riallestimento ne valorizzano l’esposizione.

Irene Tedesco

Nei sotterranei gotici della certosa di San Martino scorre il racconto in pietra e marmo di una città, Napoli, e si intrecciano anche le vicende di uno dei musei statali più antichi d’Italia. 

La sezione di scultura del museo raccoglie circa centocinquanta opere in marmo, iscrizioni ed elementi architettonici - archi e portali in tufo e piperno - che attraversano la storia di Napoli dal Trecento al Settecento. Un percorso cronologico e topografico che comprende sculture, epigrafi e frammenti provenienti da piazze, vie, chiese e cappelle della città. 

La certosa di San Martino, sul monte di Sant’Erasmo (poi Sant’Elmo), viene edificata a partire dal 1325 per iniziativa di Carlo, duca di Calabria e figlio del re Roberto d’Angiò, deciso a dare un’impronta moderna all’edilizia religiosa cittadina, indirizzata dalle novità architettoniche del senese Tino di Camaino, affidatario dell’incarico con Atanasio Primario e Francesco di Vito. 

Partendo dall’impianto originario - come stabilito dalla regola certosina composto da chiesa, chiostro e orti - la certosa viene successivamente ampliata, dal 1591 fino agli albori del XVIII secolo, con un’impronta fortemente barocca a opera dell’architetto bergamasco Cosimo Fanzago, dal 1623 al 1656, col progetto della nuova facciata, i busti sovrastanti le porte angolari del Chiostro grande, la decorazione della chiesa e la scala protorococò del Giardino del priore. 

Appuntamento imperdibile del Grand Tour, ai cui viaggiatori era consentito accedere al belvedere, la certosa è occupata dalle truppe francesi durante la rivoluzione del 1799, l’ordine certosino viene soppresso e dal 1812 il complesso è utilizzato dai militari come Casa degli invalidi di guerra fino al 1831 quando, inclusa tra i beni ecclesiastici soppressi, passa al demanio.


Uno degli ambienti sotterranei della certosa di San Martino a Napoli.

Ignoto napoletano, figura femminile detta la Madre di Corradino (o Santa Caterina da Siena; 1320-1330 circa).


Uno degli ambienti sotterranei della certosa di San Martino a Napoli.

La certosa assolve a una multipla funzione museale


È grazie all’intervento di Giuseppe Fiorelli, soprintendente generale degli Scavi di antichità, figura chiave per la tutela del patrimonio culturale campano, che nel 1866 la certosa scampa al pericolo di un’ulteriore destinazione d’uso che ne avrebbe compromesso la qualità artistica, in quanto viene inserita nell’elenco degli Edifici monumentali del Regno d’Italia e acquisita come sezione staccata del Museo nazionale (l’attuale Museo archeologico), dove ospitare la biblioteca (oggi presso la Biblioteca nazionale a Palazzo reale), la pinacoteca (che invece andrà al museo di Capodimonte nel 1957) e i «monumentali ricordi» che avrebbero ricostruito la storia della città. 

La certosa assolve così a una multipla funzione museale, valida ancora oggi, come luogo storico della vita dei certosini e testimonianza dello sviluppo artistico manifestatosi a Napoli dal XIV al XVIII secolo, ma anche come museo “della città”, intendendo uno spazio che ospita la memoria della storia del capoluogo campano fino all’Ottocento borbonico, dagli stemmi ai cimeli, alle navi, carrozze, ceramiche, fino ai presepi, esempi pregiati di una manifattura artistica e protoindustriale. 

Nella successione degli allestimenti novecenteschi, la ricca raccolta di sculture ed epigrafi si è spostata di livello, passando dalle sale del lato nord del Chiostro grande e del noviziato ai sotterranei (a opera di Bruno Molajoli nel secondo dopoguerra), restaurati con un contributo del Rotary nel 1986. Qui hanno trovato sede i portali catalani (XV-XVI secolo) in tufo e piperno scampati alle demolizioni del “risanamento” del 1884 (operazione di riqualificazione urbana di fine Ottocento - per certi aspetti speculativa - volta a contrastare i numerosi episodi di colera nei quartieri del centro antico e del porto), ricomposti per anastilosi, cioè rimontando i pezzi originali. 

Il restauro dell’intero complesso monumentale, diretto da Adele Pezzullo, inizia nel 1993 e si conclude nel 2000 con l’apertura della chiesa - uno scrigno barocco dove si scatena il meglio della cultura sei-settecentesca meridionale con gli affreschi di Giovanni Lanfranco, i dipinti della scuola napoletana dal protocaravaggesco Battistello Caracciolo, fino a Massimo Stanzione, Ribera, alle invenzioni di Francesco Solimena e Giuseppe Sanmartino, tutto all’interno della struttura gotica dalle volte a crociera del coro, della sacrestia e della sala del Tesoro nuovo con il Trionfo di Giuditta di Luca Giordano. Si aprono inoltre le sezioni dedicate alle immagini e memorie della città, le collezioni di arti decorative, teatrali, le vedute, il Museo dell’opera, il Quarto del priore, la spezieria, la sezione navale con la lancia a ventiquattro remi di Carlo di Borbone e il caicco del sultano Selim III donato a Ferdinando IV. 

Lo splendido allestimento dei sotterranei è stato completato nel 2000, anno del nuovo ordinamento del museo, ma l’apertura al pubblico è stata possibile solo dal 24 gennaio 2015 in quanto per lungo tempo si è cercato un investitore per gli ambienti antistanti alla sezione espositiva destinati nel progetto alla ristorazione e attualmente ancora non assegnati. 

La possente struttura è un susseguirsi di pilastri e volte ogivali di sostegno alla certosa, strutture sulle quali insistono le ali nord-est e del noviziato e che compongono il basamento lungo le pendici della collina: questa parte trecentesca deve aver inglobato la struttura difensiva del castello medievale di Belforte, trasformato nel più moderno Castel Sant’Elmo dal vicerè Pedro de Toledo (1538-1546).


La Morte e Franceschino da Brignale (1361 circa), già sulla facciata di San Pietro Martire.

Un allestimento essenziale, fatto di semplici basamenti, fondali di pietra grezza su cui contrasta il bianco del marmo


Nella sua essenzialità, fatta di semplici basamenti, fondali di pietra grezza su cui contrasta il bianco del marmo, l’allestimento sembra essere di scarpiana memoria: infatti, come nel museo di Castelvecchio, a Verona, Carlo Scarpa inserisce nel vuoto architettonico la statua equestre di Cangrande I della Scala, sullo sfondo della trama muraria del castello, così nei sotterranei ad angolo della certosa, nell’intersezione di due pareti a pietra viva, si staglia una figura femminile - probabilmente la madre del re Corradino, identificata anche come una santa Caterina da Siena. Ancora, i soldati stesi sui sarcofaghi, con i cagnolini ai piedi a simboleggiare fedeltà alla corona angioina, secondo una soluzione decorativa francese, provenienti da San Domenico Maggiore (seconda metà del XIV secolo) sono posti nella penombra dei vani laterali e riecheggiano soluzioni analoghe presenti nell’ambulacro di San Lorenzo Maggiore (ancora a Napoli), voluto da Carlo I d’Angiò nel 1270. Scorrendo tra le provenienze delle sculture, ma soprattutto delle epigrafi, ricorrono i nomi di chiese demolite, compromesse, trasformate per far spazio al “risanamento”. Epigrafi che vietano l’alloggio a studenti e prostitute nella zona di Limpiano, oppure poste sull’antica lanterna del molo e sulle porte urbiche, ben otto lastre tombali dalla distrutta chiesa della nazione tedesca, un ex voto allegorico con La Morte e Franceschino da Brignale dalla facciata di San Pietro Martire (1361 circa). Chiudono il percorso due sculture dall’atteggiamento estremamente lirico come il San Francesco d’Assisi (1785) che lo scultore Giuseppe Sanmartino aveva realizzato per la propria tomba in Sant’Efremo Nuovo e l’Allegoria velata di Angelo Viva che segue l’impalpabile leggerezza del Cristo velato nella cappella Sansevero.


Bottega di Tino di Camaino, Figura femminile giacente (1331-1332 circa), dalla basilica di Santa Chiara.


Angelo Viva, Allegoria velata (La Modestia?) (inizi XIX secolo).

Certosa e Museo di San Martino

Napoli, largo San Martino 5
visita ai sotterranei gotici:
orario sabato e domenica alle 11.30;
dallo scorso dicembre martedì alle 11.30
visita accompagnata per le scuole;
le visite non hanno luogo la prima domenica
del mese (in quel caso la visita è possibile
nel venerdì precedente)
è obbligatoria la prenotazione:
accoglienza.sanmartino@beniculturali.it
www.polomusealecampania.beniculturali.it/
index.php/biglietti-orari-info-sm

ART E DOSSIER N. 330
ART E DOSSIER N. 330
MARZO 2016
In questo numero: VENEZIA DOCET Un pittore per il re d'Etiopia; La maniera veneta; Il libro e la pittura; L'oriente di Zecchin. PALMIRA I ritratti sopravvissuti allo scempio. IN MOSTRA Schiavone, Manuzio, Giardini, Art Brut.Direttore: Philippe Daverio