Grandi mostre. 3
Andrea Schiavone a Venezia

una manierainformale

Tra i maestri della pittura veneta del Cinquecento il dalmata Andrea Schiavone si distingue per la luminosa modernità della sua tecnica, per il rapporto che instaura col manierismo centroitaliano e la capacità di spaziare dall’incisione all’esecuzione di modelli per tessuti, fino ai cartoni per mosaici e ai cassoni nuziali.

Maurizia Tazartes

Qualcuno, forse per invidia, l’aveva criticato, ma la maggior parte dei contemporanei lo stimava e celebrava. Se Giorgio Vasari l’aveva bollato come esponente di «una certa pratica che s’usa a Vinezia, di macchie o vero bozze, senza esser finita punto», Marco Boschini aveva controbattuto: 

«O machie senza machia, anzi splendori / che luse più de qual si sia lumiera». Certo, la pittura di Andrea Meldolla detto Schiavone era talmente sfatta, luminosa, moderna, a tratti fluida e informale, da far arricciare il naso a un Vasari che vedeva solo il disegno e il volume dei suoi conterranei. Ma i grandi intenditori, artisti e collezionisti, da Tintoretto a El Greco ad Annibale Carracci, da Leopoldo de’ Medici a Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, ammiravano e ricercavano le straordinarie opere di Schiavone (Zara 1510 circa - Venezia 1563). Il Boschini nella sua Carta del navegar pitoresco del 1660 si entusiasma talmente allo stile «terribile e feroce» del pittore da definirlo felicemente la «furia Dalmatina». E ora l’artista dalmata esce allo scoperto in tutta la sua grandezza nella prima mostra monografica dedicatagli dal titolo «Splendori» del Rinascimento a Venezia. Andrea Schiavone tra Parmigianino, Tintoretto e Tiziano, in cui la parola “splendori” riprende il giudizio di Boschini.


Andrea Schiavone, Caino e Abele (1542 circa), Firenze, Galleria palatina.

Una pittura talmente sfatta, luminosa, moderna, a tratti fluida e informale, da far arricciare il naso a Vasari


Circa centoquaranta opere, di cui un’ottantina dell’artista e le altre del contesto (tra disegni, dipinti, stampe, libri), esposte nelle sale del Museo Correr di Venezia, reinseriscono il pittore, incisore, disegnatore nel suo tempo, sottolineando debiti e crediti con i colleghi. La mostra nasce dopo anni di studi e tre di preparazione. Eccezionali i prestiti da molti musei e collezioni del mondo, come l’incisione con il Ratto di Elena, firmata e datata 1547, giunta dal British Museum o la tela con l’Infanzia di Giove («Giove fanciullo in mezzo alle Grazie») delle collezioni del conte di Wemyss. Dipinto, quest’ultimo, procurato da Francesco Algarotti, appassionato collezionista di Schiavone, per Augusto III re di Polonia ed elettore di Sassonia, che voleva completare il museo di Dresda. 

La mostra si apre con le «tracce biografiche in vita», cioè con quattro volumi che comprendono le prime informazioni sull’artista: la seconda edizione delle Vite di Vasari; un volume che contiene una lettera dell’aprile del 1548 di Pietro Aretino, che chiede ad Andrea Schiavone di rivederlo, ricordandogli la sua stima personale e quella espressa nei suoi confronti da Tiziano; il Dialogo di pittura di Paolo Pino, che si scaglia contro la tecnica del pittore: un «empiastrar» (un “pasticciare”); il libro di Francesco Sansovino Delle cose notabili che sono in Venetia (1561) che cita Schiavone, fatto che dimostra come l’artista fosse uno dei più in vista della città. 

Ma, nonostante gli studi decennali e le ricerche d’archivio, riportati nei saggi del catalogo, ci sono ancora aspetti misteriosi. La formazione, per esempio. Dove avviene? 

Non si sa. Si ipotizza che sia avvenuta a Zara, presso qualche bottega. Poi l’arrivo in Italia con probabili tappe a Roma, Firenze, Bologna, sicuramente nel Veneto e a Venezia dove lo si trova nei primi anni Trenta del Cinquecento. È certo che Parmigianino esercitò su di lui una forte attrazione. Basta un confronto tra la Madonna di san Zaccaria di Parmigianino, agli Uffizi, e la Sacra conversazione di Schiavone alla Gemäldegalerie di Dresda, acquistata da Algarotti nel 1743 per Augusto III, per notare strette aderenze. Altri artisti, come Bonifazio Veronese, influenzarono il sensibile ma originale Schiavone.

L’importante ruolo delle stampe attraverso cui l’artista venne in contatto con vari colleghi, Parmigianino “in primis”, e in cui esordì con successo negli anni Trenta, è sottolineato dalla presenza di numerose sue incisioni, di altissima qualità, provenienti in gran parte dall’Albertina di Vienna e da collezioni private. Grande sperimentatore in questo settore, il dalmata va inserito nel novero dei grandi specialisti di questa tecnica, come Dürer, Goya, Rembrandt. 

Altrettanto stupefacenti i disegni, ben sessanta i superstiti - di cui una decina, giovanili, sono in mostra -, con figure dal vero, studi di fantasia, soggetti religiosi, stilati velocemente e abilmente in un linguaggio personale, in cui non mancano echi toscani di Raffaello o Francesco Salviati. Tra i più affascinanti la Donna seduta con un bambino in braccio (una Madonna col Bambino?) del British Museum, già attribuita a Parmigianino. 

A Venezia Schiavone trovava un terreno fertilissimo. Dopo il Sacco di Roma del 1527 erano giunti dall’Urbe in laguna artisti toscani e romani, tra cui Jacopo Sansovino, Francesco Salviati e Vasari che, nonostante le critiche, gli commissionò, la rappresentazione di una Battaglia di Tunisi per Ottaviano de’ Medici. Scambi profondi avvennero anche con il più giovane Jacopo Tintoretto, come rivela il Caino e Abele di quest’ultimo delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, in debito con l’analogo soggetto di Schiavone della Palatina di Firenze, mentre Le tentazioni di san Girolamo di Vasari svelano quanta distanza ci fosse tra i due. Così, tra un confronto e l’altro, incontriamo anche l’olandese Lambert Sustris, giunto a Padova da Roma, che insegna a Schiavone a controllare un po’ la sua irruenza, ad addolcire e ad aggraziare volti e figure, come racconta una Giuditta del pittore dalmata di collezione privata. 

Andrea Meldolla era un artista a tutto tondo. Forniva modelli per paliotti e arazzi, questi ultimi tessuti anche a Firenze dal fiammingo Johan Rost, cartoni per mosaici, maioliche e miniature, e ancora per cassoni e fregi parietali. La piccola, raffinata, tela, per esempio, con Diana e Callisto, giunta da Amiens, era forse il frontale di un cassone (oggi smembrato) che comprendeva altre due tele presenti in mostra, Giove seduce Callisto e il loro figlio Arcas cacciatore, entrambe conservate nella National Gallery di Londra.

Secondo uno dei curatori, Dal Pozzolo, le tele dipinte sarebbero state poi applicate su legno. Opere queste che Schiavone fece «per le case de’ gentil’ huomini» come ricorda Vasari nelle Vite. A dirci chi fossero questi signori veneziani è Carlo Ridolfi, che nel 1648 segnala i palazzi in cui erano distribuiti almeno cento dipinti dell’artista. Una fortuna collezionistica che continua nel Sei e Settecento oltre i confini della Serenissima. Leopoldo de’ Medici, per esempio, nel 1654 acquista il Caino e Abele prima citato, ammirato per «il terribile colorito che fa stupire». 

Leopoldo Guglielmo d’Asburgo si accaparrò numerose opere, confluite poi nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, che in questa occasione ha prestato sei dipinti dell’artista. Testimonianze di fascino ricercate da celebri mercanti come Bartolomeo Dalla Nave e Jan Rynes, olandese stabilitosi a Venezia nel 1652.


Jacopo Tintoretto, Caino e Abele (1550-1553), Venezia, Gallerie dell’Accademia.


Andrea Schiavone, Diana e Callisto (1548-1549 circa), Amiens, Collection du Musée de Picardie.

Andrea Schiavone, Sacra conversazione (1545 circa), Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister.


Parmigianino, Madonna di san Zaccaria (1530 circa), Firenze, Galleria degli Uffizi;

Andrea Schiavone, Il rapimento di Elena (1547), Londra, British Museum.

«Splendori» del Rinascimento a Venezia

Andrea Schiavone tra Parmigianino, Tintoretto e Tiziano
a cura di Enrico Maria Dal Pozzolo e Lionello Puppi
Venezia, Museo Correr, fino al 10 aprile
orario 10-17
www.correr.visitmuve.it; info@fmcvenezia.it;
call center 848-082000
Catalogo 24Ore Cultura

ART E DOSSIER N. 330
ART E DOSSIER N. 330
MARZO 2016
In questo numero: VENEZIA DOCET Un pittore per il re d'Etiopia; La maniera veneta; Il libro e la pittura; L'oriente di Zecchin. PALMIRA I ritratti sopravvissuti allo scempio. IN MOSTRA Schiavone, Manuzio, Giardini, Art Brut.Direttore: Philippe Daverio