Arte in coppia
Ryan Trecartin e Lizzie Fitch


da coPPiaa network

di Cristina Baldacci

Performance composte da installazioni, musica, parole, sculture e tradotte in video sofisticati sono le opere di Trecartin e Fitch: progetti collettivi frutto della partecipazione attiva di più persone libere di offrire il proprio contributo soprattutto con il gioco dell’improvvisazione.

Più che in coppia, i lavori firmati da Ryan Trecartin (Webster, Texas, 1981) e dal suo alter ego femminile, la ex compagna di studi Lizzie Fitch (Bloomington, Indiana, 1981) nascono da una collaborazione tra più persone che fanno parte di una “community” non gerarchica, dove ognuno è libero di improvvisare e trovare i propri spazi di azione. Prodotti in casa in stile YouTube, ma per nulla dilettantistici, sono video, spesso inseriti in installazioni, che uniscono la performance a un ventaglio di altri linguaggi (prima di tutto quello scultoreo) dentro e fuori il contesto dell’arte. 

Immagini tra il pulp e lo splatter, musica assordante, guazzabugli di parole e oggetti compongono un collage digitale, al contempo schizofrenico e ipnotico, di cui Trecartin e Fitch sono coreografi e scenografi, ma non unici registi. Oltre alla “crew” di amici e colleghi, anche il caso contribuisce ampiamente alla messa in opera. Alla base di questi video performativi c’è sempre un canovaccio elaborato con attenzione - o nel caso di Site Visit (2014) una lista di qualità da attribuire e fare impersonare ai diversi attori -, che rimane tuttavia aperto a suggestioni e improvvisazioni del momento, così come accade nei “mash up” o nei remix musicali.

Spesso scambiati per filmini adolescenziali per la loro apparente anartisticità e per quell’estetica pop «dei ragazzacci che postano le loro serate esibizioniste», ma anche «di mobili che vengono comperati rigorosamente online e senza averli visti dal vero»(1) quelli di Trecartin e Fitch sono complicati ipertesti, dove si mescolano temporalità dilatate e anacronistiche, ambienti ridondanti e spazi claustrofobici, identità ibride, sessualità disinibite e plurime, attitudini clownesche. Il travestimento, insieme alla sfrenata esuberanza comportamentale, è il tratto distintivo di un’umanità supergiovane e ipertecnologica, ma regredita e mossa quasi esclusivamente da istinti primordiali, che occupa la scena e lo schermo come in un reality.


Nonostante la produzione delle opere avvenga sempre in team, alcune sono cofirmate dai due artisti, altre solo da Trecartin. Lizzie Fitch/Ryan Trecartin, animazioni 3D con Rhett LaRue, Site Visit (2014), teatro scultoreo unico, Berlino, Kunst-Werke Institute for Contemporary Art.


Ryan Trecartin Item Falls (2013), video HD, edizione di 6, 2 prove d’artista.

(1) Cfr. A. Vettese, L’arte è entrata nel Post internet, in “Il Sole 24 Ore”, 27 luglio 2014.

Il travestimento, insieme alla sfrenata esuberanza comportamentale, è il tratto distintivo di un’umanità supergiovane e ipertecnologica


Questi neodandy dallo stile ricercato ma trasandato, sedotti dal capitalismo - loghi e marchi abbondano sugli oggetti di cui si circondano, anche se privati di senso, o meglio, ibridati a tal punto da non essere più né Coca né Pepsi - e dal culto della celebrità, a parte indossare e combinare personalità come vestiti, chiedono insistentemente attenzione. 

I cinque video inseriti in Priority Innfield (2013), l’installazione ideata per la 55. Biennale di Venezia e suddivisa in cinque diverse sale o teatri di proiezione (una per ogni video) che completano l’opera, rappresentano una sorta di saga dove è condensato l’affollato e caotico immaginario dei due artisti. In Center Jenny, per esempio, assistiamo a una sfrenata competizione tra più personaggi in cerca di un’identità: tutti o quasi si chiamano Jenny e concorrono per omologarsi a uno stesso modello, proposto come stereotipo di default.


Lizzie Fitch/Ryan Trecartin, Priority Innfield (Villa) (2013), uno dei cinque padiglioni autonomi, con il video Junior War, presentati alla 55. Biennale di Venezia.

Anche Junior War mette in scena, come indica il titolo, una gara tra simili: un gruppo di teenager che si sfidano a chi si sballa di più, mettendo in piazza tutte le loro pulsioni e ossessioni. 

Questo secondo video di Priority Innfield è «un omaggio […] alla regressione adolescenziale»(2), realizzato con gli spezzoni di un filmino che Trecartin aveva fatto durante gli anni di scuola. L’uso del “footage” preso dai contesti più disparati è frequente nel suo lavoro, così come la parodia dei codici comunicativi della televisione e dei nuovi media(3)

Specchio della nostra società «liquida»(4) e decadente, i personaggi messi in scena da Trecartin e Fitch sono stati paragonati alla figura letteraria dell’idiota, ovvero colui che «ha rinunciato a opporsi, che non ha più stimoli né desideri, e che proprio per questo conduce il sistema al limite, essendone stato completamente fagocitato»(5). A dispetto della gestualità e della parlata frenetica, le loro azioni e discorsi non portano a nulla. Sospesi in un eterno presente, con alle spalle un passato incerto e di fronte a sé un improbabile futuro, seppur perennemente affaccendati, rimangono, come i personaggi beckettiani, in attesa di un qualche evento (o di una svolta) che non accadrà mai. 

Un altro aspetto fondamentale in Trecartin e Fitch è lo studio preliminare sia dei supporti e dei modi con cui presentano il loro lavoro, sia del pubblico al quale si rivolgono. Sono tra i pochi artisti a progettare video pensando alla messa online (su UbuWeb, Vimeo e YouTube) e alla visione sullo schermo del PC. Da parte loro, questo significa avere il controllo sulla circolazione del proprio lavoro, non per scavalcare la galleria sulle questioni mercantili, ma per aprire nuove occasioni di comunicazione e scambio con il pubblico, quindi anche diverse forme di visibilità. 

Quando invece i video sono presentati in musei, gallerie e mostre, i due artisti progettano teatri scultorei che trasformano le proiezioni in ambienti tridimensionali dove anche lo spettatore si trova ad agire come parte del cast e del set. A volte simili a reparti di centri commerciali, altre volte a campi sportivi, aree di ristoro o camere da letto, «abbinati all’istrionismo folgorante dei video, questi ambienti completano la radiografia della vita contemporanea» dei due artisti; «dall’insulsaggine della cultura aziendale alla frenetica superficialità delle relazioni digitali»(6).


Ryan Trecartin, Negative Beach + Lizzie Fitch (2010), C-print, edizione di 6, 2 prove d’artista.

(2) Cfr. E. Blumenstein, Society’s Idiots, in Lizzie Fitch/Ryan Trecartin. Site Visit, Londra 2015, p. 45.
(3) Gli altri tre video sono: Item Falls, Comma Boat e Wake.
(4) L’aggettivo è qui usato secondo la connotazione che ne ha dato Zygmunt Bauman nel suo celebre Modernità liquida, Roma-Bari 2000, e nei libri a seguire.
(5) Cfr. E. Blumenstein, op. cit., p. 47.
(6) Cfr. il testo su Trecartin scritto da Chris Wiley in Il palazzo enciclopedico, catalogo della 55. Mostra internazionale d’arte, Venezia 2013, p. 417.

ART E DOSSIER N. 330
ART E DOSSIER N. 330
MARZO 2016
In questo numero: VENEZIA DOCET Un pittore per il re d'Etiopia; La maniera veneta; Il libro e la pittura; L'oriente di Zecchin. PALMIRA I ritratti sopravvissuti allo scempio. IN MOSTRA Schiavone, Manuzio, Giardini, Art Brut.Direttore: Philippe Daverio