L'oggetto misterioso


Fu vera bertuccia?

di Gloria Fossi

L’eccentrico Rosso Fiorentino teneva in casa una scimmia. Ma l’animale potrebbe essersi intrufolato anche in qualche suo dipinto...

Fra i tanti aneddoti riferiti da Giorgio Vasari nelle Vite ce ne sono diversi sulla cui attendibilità non è più possibile dubitare. Anzi, nel caso qui esposto è proprio l’aneddoto a fornire utili elementi per decifrare un misterioso dettaglio pittorico. Il racconto si trova nella Vita del Rosso Fiorentino, artista «dotato di bellissima presenza», «bonissimo musico», «molto poetico». «Bellissimo compositore di figure», che realizzava «con leggiadra maniera», il Rosso era anche capace di dipingere con «terribilità di cose stravaganti». Le sue figure in effetti hanno spesso arie diavolesche e stregate, dominate da una foga ai limiti del grottesco. Al secolo Giovambattista di Iacopo di Guasparre, il Rosso era nato a Firenze l’8 marzo 1494 (stile fiorentino: secondo il calendario moderno si era già nel 1495) e morto a Fontainebleau, pare suicida, nel 1540. Vasari, pur essendo più giovane di lui di sedici anni, lo aveva conosciuto e frequentato, ma non è solo per questo che la storia del simpatico “bertuccione” del Rosso è più che verosimile, oltre che spassosa. Dunque, la scimmia del Rosso viveva con lui nella casa di borgo de’ Tintori a Firenze, ed era amata quasi al pari del garzone Batistino. I tre si divertivano a spese dei frati che coltivavano gli orti del convento di Santa Croce, confinanti con borgo de’ Tintori. Il bertuccione, «che aveva spirto più d’uomo che d’animale», veniva calato dal muro nell’orto dei vicini per rubare la deliziosa uva sancolombana (uva bianca da tavola), coltivata su una pergola. Un giorno il guardiano becca la bertuccia in flagrante, e col bastone cerca di picchiarla. Ormai la scimmia non avrebbe fatto in tempo a risalire il muro, e avendo capito che a star ferma ne avrebbe buscate, si risolve all’unica mossa possibile: salta sulla pergola finché questa, con la bertuccia stessa, cade addosso al frate. Il Rosso viene prontamente querelato e la bertuccia condannata a portare «un contrappeso al culo», per impedirle di saltare. Figurarsi: il pittore le costruisce un rullo di ferro, perché possa zampettare rotolando il peso dietro di sé senza far danni. Ancor più intraprendente dell’amico, l’animale impara a camminare col peso fra le mani, finché non salta sul tetto della camera dell’odiato frate guardiano, distruggendo tutte, ma proprio tutte, le tegole. Quando il Rosso partì per Roma si portò dietro Batistino e il bertuccione (chissà come lo aveva chiamato). 

Il bertuccione in questione altro non era che un “Macaca Sylvanus” (altrimenti noto come bertuccia berbera), diffuso fin dall’antichità nel Maghreb settentrionale (Marocco, Algeria, Tunisia) e dal XX secolo anche in una colonia a Gibilterra. Ce lo conferma lo zoologo Marco Masseti, autore di libri come Uomini e (non solo) topi (Firenze 2002). Un suo recente articolo di grande interesse per gli storici dell’arte (su “Animal Studies”, n. 10, febbraio 2015), parla fra le altre cose della scimmia, che nell’Occidente cristiano assume significati negativi: il demone, la stupidità umana, il malvagio, il nemico, la lussuria. Masseti ha scoperto che la bertuccia berbera raffigurata dal Poccetti attorno al 1586 nella grotta del Buontalenti (Firenze, giardino di Boboli), mentre annusa una rosa damascena, ha la stessa posa dei tradizionali ritratti degli odiati sultani ottomani, spesso rappresentati mentre odorano un fiore. Ed è dunque la comica personificazione del nemico del tempo, il mondo islamico. A chi, allora, meglio che a Masseti chiedere conferma di una nostra ipotesi, non avvalorata finora da una prova scientifica, e anzi spesso smentita dagli storici dell’arte? Non siamo i primi ad aver notato che il volto del soldato sotto alla croce nella Deposizione, dipinta fra 1527 e 1528 dal Rosso a Sansepolcro, potrebbe avere le sembianze del bertuccione del pittore. Molti però ritengono che questa sia una fantasia. Alla mia domanda Masseti ha risposto: «Mia cara, il muso è identico a quello della bertuccia berbera, e anzi proprio ben rappresentato». Allora non si tratta di un volto umano e strabico dai tratti ferini, come si dice, bensì di un ritratto del simpatico bertuccione del Rosso, qui a simboleggiare il soldato malvagio che oltraggiò Gesù Cristo e ne trafisse il costato con la lancia.


Bernardino Poccetti, particolare della decorazione della grotta del Buontalenti, nel giardino di Boboli a Firenze (1586).

un esemplare di bertuccia (Macaca Sylvanus).


Rosso Fiorentino, Deposizione (1527-1528), particolare, Sansepolcro, chiesa di San Lorenzo.


Sinan Bey (attribuito; 1480 circa), Ritratto di Mehmet II, Istanbul,Topkapı, biblioteca.

ART E DOSSIER N. 329
ART E DOSSIER N. 329
FEBBRAIO 2016
In questo numero: LA PAROLA E LE ARTI Dagli ipertesti medievali ai calligrammi, dal lettrismo a Boetti. BOSCH 500 Gli eventi del quinto centenario del più visionario tra i pittori. IN MOSTRA Hayez, Fattori.Direttore: Philippe Daverio