CATALOGHI E LIBRI

gennaio 2016

VIAGGIO A BANDIAGARA

Sulle tracce della Missione Desplagnes 1904-1905.
La prima esplorazione del Paese Dogon

Dopo la prima edizione in lingua francese (2009), esaurita da tempo, esce ora, con aggiornamenti, l’eccezionale libro di Ferdinando Fagnola sulle tracce di una lontana spedizione nel Paese Dogon. Si resta sbalorditi dalla capillare indagine che il colto e intraprendente autore, affermato architetto, ha condotto in Mali per oltre trent’anni (oggi non sarebbe più possibile, vista la pericolosità della zona), per rintracciare e documentare con precisione certosina ogni tappa della prima spedizione occidentale nel Paese Dogon: quella compiuta da Louis Desplagnes, luogotenente del II reggimento Senegalesi, fra 22 dicembre 1904 e 19 luglio 1905, nei territori che all’epoca facevano parte del Sudan francese. Desplagnes (e in seguito Fagnola) aveva percorso, partendo da Timbuctù, duemilaottocento chilometri a piedi, a cavallo, in piroga, seguendo un tragitto complesso e accidentato. Si soffermò soprattutto nell'area della spettacolare falesia di Bandiagara, per poi andare oltre, a sud. Per uno strano destino, a quanto pare una scorrettezza “amorosa”, Desplagnes era stato designato dall’esercito francese a quest’impresa. In centoventinove giorni effettuò il primo rilevamento topografico della falesia, rinvenne manufatti, disegnò mappe, registrò usi e costumi con migliaia di fotografie. Molto prima, dunque, della spedizione dell’etnologo Marcel Griaule, autore della più celebrata (e meno rispettosa) missione del 1931-1933, la Dakar- Djibouti. Per un bizzarro destino Fagnola si è accostato alle vicende della prima spedizione, grazie a un oggetto acquistato a Parigi nel 1984, un “caimano al galoppo volante”, simile, per non dire identico, a un disegno di Desplagnes. Fagnola già nel 1978 era stato lungo il Bani- Niger e ben conosceva Bandiagara e la pianura di Seno che soggiace alla lunghissima falesia. Il libro, che si legge come un romanzo, è «l’unico che davvero mancava sul Mali», com’è stato detto, e dotato di una ricchissima documentazione fotografica in gran parte inedita.

Ferdinando Fagnola Officina Libraria, Milano 2015 328 pp., 397 ill. b.n. e colore 10 carte geografiche € 48

JACK LONDON

Fotografie, diari e reportage

Scrittore ma anche fotografo, nei suoi viaggi London fece migliaia di scatti, solo in parte resi noti in L’avventura dei mari (Genova 2007) e nel più ampio Jack London Photographer (University of Georgia 2010). Un’altra bella selezione esce ora, con brani di London stesso, a documentare il “popolo degli abissi” nell’East End di Londra (1903), i rifugiati della guerra russo-giapponese (1905), il terremoto di San Francisco (1906), i popoli del Pacifico (1907-1909): fotografie che documentano un interesse quasi da etnologo, in sintonia con i suoi ideali egualitari. Va detto però che sullo Snark, il ketch di London che affrontò i mari del Sud, si era imbarcato fra gli altri come cuoco il giovane Martin Johnson (futuro documentarista etnografo), con una Kodak 3 A come quella dello scrittore. I due si passarono spesso le macchine fotografiche e alcuni scatti oggi ritenuti di London furono pubblicati da Martin come suoi in Through the South Seas with J. London (Londra 1913).


Introduzione di Davide Sapienza Contrasto, Roma 2015 196 pp., 71 fotografie b.n. € 19,90

ORO DENTRO

Un archeologo in trincea: Bosnia, Albania, Kosovo, Medio Oriente

Un libro appassionato e commovente rievoca l’eroica vicenda dell’archeologo Fabio Maniscalco, nato a Napoli nel 1965, e scomparso nel 2008 dopo lunga malattia per un tumore al pancreas causato dalla frequente esposizione all’uranio impoverito. Maniscalco, indomito ricercatore nel campo della tutela del patrimonio culturale a rischio in questi tempi indemoniati, era stato «testimone in prima persona» dell’incuria delle istituzioni nelle aree belliche, e dei furti, dei «frammenti di storia venduta», come lui stesso descrisse nel 1998 la triste vicenda della razzia dei tesori albanesi. Giunto come sottotenente a Sarajevo nel 1996, inizia a suo rischio e pericolo a occuparsi dei beni bosniaci. Ottiene risultati straordinari, ma clamorosamente non passa l’esame per restare in servizio permanente (boicottato?). Si specializza allora in archeologia subacquea. Diviene vicepresidente del Comitato italiano dello Scudo blu, lavora in prima persona per l’Isform (Istituto per lo sviluppo, la formazione e la ricerca nel Mediterraneo), e l’Opbc (Osservatorio permanente per la protezione dei beni culturali e ambientali in aree di crisi). Maniscalco si è trovato a operare a più riprese non solo in Albania e in Bosnia - a Sarajevo appunto - ma anche in Kosovo, in Medio Oriente (Palestina, Iraq, Afghanistan), in Algeria, in Nigeria. Si è battuto, fra le altre cose, perché la convenzione dell’Aja, del 1954, che avrebbe dovuto proteggere i beni culturali nelle aree belliche, fosse effettivamente messa in pratica. Ha scritto libri, saggi, articoli, insegnato all’Università e anche collaborato con “Archeologia viva”, tessendo un profondo legame col direttore Piero Pruneti che poi ne rievocò commosso la scomparsa sulle pagine della rivista. Ha lottato fino all’ultimo contro un male che ha falciato molti altri uomini coraggiosi, di cui poco ancora si parla. Questo libro ne ripercorre la vita, con una fitta documentazione, frutto di ricerche capillari e a vasto raggio, iniziate nel 2009 da due bravi giornalisti e studiosi, perché non si spenga la memoria di questo grande archeologo della pace.


Laura Sudiro, Giovanni Rispoli Skira, Ginevra-Milano 2015 192 pp. € 16

L'UOMO CHE VENIVA DA MESSINA

Al termine del libro che ha per protagonista Antonello da Messina, Silvana La Spina dichiara che il suo «è innanzitutto un romanzo». Un bellissimo romanzo, aggiungiamo. Dovere dello storico dell’arte è tuttavia in primo luogo elogiare l’autrice per sapersi destreggiare nei misteri del pittore messinese, sempre rilevati e rilanciati anche di recente da Ferdinando Bologna alla mostra di Rovereto su Antonello (2013, Mart di Trento e Rovereto). La Spina ben conosce le questioni irrisolte nella vicenda critica oltreché umana del pittore: su di lui si discute perfino la data di nascita, che oscilla fra 1425 (come suggerisce Bologna) e 1430, come altri ritengono, sulla base della notizia vasariana che lo dice morto a quarantanove anni (la scomparsa dell’artista è documentata nel 1479 a Messina, dove fu sepolto col saio dei francescani dell’Osservanza). Ben sa, l’autrice, che seppure infondata la leggenda che vede Antonello carpire a Van Eyck il segreto della pittura a olio (il fiammingo era già morto quando l’artista messinese si sarebbe recato oltralpe), oggi non si esclude che il messinese sia stato a Bruges, dove in parte si svolge la drammatica storia narrata nel romanzo. Gli scenari mutano più d’una volta nel racconto, e seguono Antonello da Messina a Napoli, Roma, Firenze, Venezia, Milano. E in un’affascinante Bruges, naturalmente. Snodo fondamentale nel romanzo è l’impareggiabile affresco del Trionfo della morte già nel cortile di palazzo Sclafani, ora al palazzo Abatellis di Palermo (con quel cavallo scheletrico che tanto ricorda Guernica). La scrittura avvincente, spesso cruda, dell’autrice si sposa con un sapiente intreccio psicologico in sintonia con le atmosfere sciroccose e mortifere di Palermo Shooting di Wenders, ma anche, nella migliore tradizione siciliana, con quelle di Sciascia che proprio parlando di Antonello si trovò a descrivere i siciliani «avidi, violenti, tesi al possesso della donna e della roba […] in ogni loro pensiero è annidata accettata vagheggiata la morte».


Silvana La Spina Giunti Editore, Firenze 2015 352 pp. € 18; eBook € 9,99

ART E DOSSIER N. 328
ART E DOSSIER N. 328
GENNAIO 2016
In questo numero: DAGLI IMPRESSIONISTI A PICASSO Capolavori dal Detroit Institute of Arts in mostra a Genova. COME TI VESTI DIAVOLO? L'inferno cinese, in frac e cilindro, demoni latini, le corna apotropaiche, il lato oscuro di Giovanni Gastel. IN MOSTRA De Chirico, Lam, El Greco. Direttore: Philippe Daverio