Letture iconologiche
Eleganza e demoniaco

il diavolo
vESTE il frac

C’è un diavolo che rinuncia alle corna, alla coda e agli zoccoli, che sceglie le vie sinuose dell’inganno per arrivare ai suoi scopi. Un demonio elegante e dai bei modi, protagonista di quadri surrealisti, di romanzi russi e di noir a fumetti.

Marco Bussagli

Nell’immaginario collettivo la figura del demonio è la trasposizione cristiana del satiro del mondo classico, con tanto di corna, barbetta e zampe di capra, cui si aggiungono ulteriori elementi quali la coda di serpente o, meglio, di drago che si conclude a mo’ di placca lanceolata e le immancabili ali di pipistrello che, come ha scritto Jurgis Baltrušaitis, derivano da contaminazioni e migrazioni culturali dalla Cina(1).

Non si può ripercorrere qui, neppure per sommi capi, la complessa storia iconografica che ha portato alla nascita dell’immagine del diavolo, se non per dire che le più antiche raffigurazioni giunte fino a noi non lo distinguevano dagli angeli - anche loro estranei alla cultura figurativa pagana - come dimostrano tanto il celebre mosaico di Sant’Apollinare a Ravenna con la prima scena di Giudizio universale (VI secolo), quanto la meno nota miniatura del Salterio di Stoccarda (IX secolo) conservato presso la Landesbibliothek di quella città(2). La differenza è nei colori: quello del demonio è il blu che divenne sempre più scuro (si veda l’Inferno nel mosaico di Santa Maria Assunta a Torcello, nella laguna veneta) fino al nero (per esempio: Giotto, Giuda riceve il pagamento per il tradimento di Cristo nella cappella dell’Arena a Padova), con l’intento di indicare la mancanza di luce, ossia l’assenza della grazia divina. A questa tendenza, poi, si sovrapposero gli elementi animaleschi (come gli artigli, corna, zanne e coda) che via via allontanarono l’aspetto del diavolo da quello angelico, facendo assumere al primo un aspetto sempre più mostruoso che finì per sovrapporsi a quello già codificato del satiro, come mostra uno dei primi casi, la miniatura con le Tentazioni di Cristo del Salterio di Winchester (1150) conservato nella British Library di Londra(3).

Perfino il male assoluto può presentarsi con l’aspetto più rassicurante


Il nostro interesse qui, però, è per un sottile ma interessante filone iconografico che esula da tutto il percorso appena ricordato; si tratta della raffigurazione del demonio secondo un aspetto apparentemente normale, senza caratteristiche animalesche o colori di tipo simbolico, uomo o donna che sia, talora addirittura particolarmente elegante, secondo la moda dell’epoca. L’esempio più antico, molto probabilmente, è uno splendido avorio della metà del IX secolo, un piatto di legatura, conservato nella Stadts- und Universitätsbibliothek di Francoforte, che reca al centro la scena della Tentazione di Cristo. Il testo di riferimento è quello del Vangelo di san Luca, dove così è descritto l’episodio: «Gesù, pieno di Spirito santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. 


Tentazioni di Cristo, nel Salterio di Winchester (1150), Londra, British Library.

Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane”. Gesù gli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo”»(4). Infatti, nell’avorio compare un solo sasso collocato alla base dell’albero che divide in due la scena: a sinistra c’è Cristo e a destra (quindi alla sinistra di Gesù) il diavolo tentatore che, con la mano, lo indica. È questo atteggiamento, però, l’unico elemento rivelatore della sua natura diabolica perché, per il resto, è un elegante signore che veste una tunica cinta alla vita, con un corto mantello sulle spalle e il bastone da pellegrino nell’altra mano. Un particolare che contrasta con l’assenza di sandali visto che, a differenza del Salvatore, il demonio è scalzo. Tuttavia, come abbiamo visto, all’epoca dell’avorio esisteva già un’immagine codificata e nota del demonio, quella dell’angelo decaduto, con le ali e, magari, con i capelli ispidi, come mostrano gli azzurri “spiriti corrotti”, miniati nel coevo Benedictio Fontis beneventano conservato presso la Biblioteca casanatense di Roma(5). Bisogna allora chiedersi il motivo per il quale sia stata adottata una scelta del genere. La ragione non può risiedere nel testo del Vangelo che, a questo riguardo, non offre nessuna indicazione. Il motivo, invece, scaturisce dal tema dell’inganno, ossia risponde all’implicito invito a diffidare delle apparenze, dal momento che perfino il male assoluto, Satana, l’“Avversario” per eccellenza (questo vuol dire alla lettera il suo nome), può presentarsi con l’aspetto più rassicurante.

L’esempio primo, naturalmente, viene dalla Bibbia dove il serpente, al di là della sembianza raccapricciante, riesce a irretire con parole rassicuranti, ma menzognere, tanto Adamo quanto Eva. Tuttavia, devono essere ricordati anche esempi classici come quello di Plutarco che invita a non fidarsi delle apparenze, oppure sant’Agostino che, con il suo De mendacio, sviscera il tema della bugia e della sua natura ambigua(6). Si tratta di “exempla” letterari che trovano riscontro nel Medioevo anche in termini iconografici, quando i pittori rappresentano il demonio sotto mentite spoglie, come Buffalmacco che, nel brullo paesaggio montuoso della Tebaide, affrescata fra il 1340 e il 1350 nel camposanto di Pisa, dipinse una dama giovane ed elegante che si avvicina a un anacoreta ritto con il suo saio in mezzo alle rocce. Se si guarda bene, però, dalla serica veste della donna, sporgono due zampe di drago che subito qualificano la fanciulla come demonio tentatore(7).

Bisogna poi ricordare lo strombo del portale destro della cattedrale gotica di Strasburgo, dove la figura del demonio, vestito da principe, inganna le Vergini stolte.

Arricchì questo filone iconografico il celebre episodio di sant’Eligio, protettore degli orefici e dei maniscalchi; secondo il racconto il diavolo visitò la bottega del sant’uomo intrufolandosi grazie all’ingannevole aspetto di leggiadra fanciulla, subito smascherata da Eligio che reagì strappandole il naso con robuste tenaglie. L’episodio colpì la fantasia degli artisti che immortalarono la scena in due cattedrali francesi (Angers e Le Mans), nella quattrocentesca vetrata di Niccolò da Varallo al duomo di Milano e nei coevi calligrafici affreschi della chiesa (oggi sconsacrata) del convento di Santa Caterina a Treviso, dove una giovane dama bionda non riesce a nascondere la coda di serpente che spunta dalla gonna(8).

Gli esempi possono moltiplicarsi, passando addirittura per Botticelli e il suo affresco dedicato alle Prove di Cristo dove il demonio assume le sembianze di un frate francescano, a dimostrazione che non c’è argine all’inganno del diavolo(9). Un’idea non troppo distante da quella del Faust di Goethe, dove Mefistofele si presenta come “chierico vagante” il quale, come si sa bene, è l’antagonista dell’opera più importante di un filone letterario che affonda le radici nel racconto di un anonimo tedesco del Cinquecento all’origine di una serie di capolavori che vanno da quello di Marlowe a quello di Goethe appunto, fino a Gertrude Stein e Paul Valéry(10). Il tema di fondo è quello del patto col diavolo, il quale si mostra come la persona più affidabile del mondo e la più innocua.


Buffalmacco, Anacoreta e diavolo tentatore (1340-1350), Pisa, camposanto.

Oscuro e fascinoso criminale in frac e cilindro


In questo senso, se ne ha un esempio celeberrimo nella descrizione che Fëdor Dostoevskij, nei Fratelli Karamazov, ci restituisce attraverso la visione delirante dell’incubo di Ivan Fëderovicˇ che vede il diavolo in questo modo: «Lì era seduto un tale […]. Questo tale era un signore o per meglio dire un gentleman russo di un dato genere, non più giovane, “qui frisait la cinquantaine”, come dicono i francesi, con un po’ di brina nei capelli scuri, piuttosto lunghi e ancora folti, e nella barbetta tagliata a punta. Indossava una giacca color cannella, cucita evidentemente da un ottimo sarto, ma un po’ consumata, che aveva già un paio d’anni ed era già passata di moda, tanto che fra le persone agiate e di mondo nessuno portava più giacche simili da due anni.

La camicia, la lunga cravatta tipo sciarpa, tutto era degno di un gentleman elegante, però, se lo si guardava un po’ più da vicino, la camicia era piuttosto sudicia e la larga sciarpa era molto logora. I pantaloni a quadretti gli stavano a pennello, ma erano a loro volta troppo chiari e un po’ troppo stretti, come oggi non si usano più, e così anche il cappello di feltro chiaro e morbido […]. Insomma, l’aspetto era decoroso, ma i quattrini dovevano essere pochi […]. La fisionomia dell’ospite inaspettato, più che essere bonaria, era… equilibrata […]. L’ospite non aveva orologio, ma aveva un occhialetto con la montatura di tartaruga attaccato a un nastrino nero. Al dito medio della sua mano destra spiccava un anello d’oro con un opale di poco prezzo»(11).


Scuola veneto-bizantina del XII-XIII secolo, Inferno, Torcello (Venezia), Santa Maria Assunta.

Niente di mostruoso e neppure di spettacolare; non un principe, non un mago, ma un gentleman con i vestiti un po’ fuori moda e piuttosto consunti. Si perfeziona, così, una tipologia del Male che, basata sulla tradizione artistica e letteraria appena ricordata, è pronta a irretire l’immaginario collettivo del XX secolo con anti-eroi che vanno dal Dracula in frac dell’omonimo film del 1931 a Fantômas, fino a Diabolik, i quali altro non sono che l’evoluzione del diavolo dalle vesti eleganti.

Il primo, com’è noto, fu il protagonista del film prodotto negli Stati Uniti dalla Universal Pictures Corporation, sulla base del celebre romanzo di Bram Stoker. Il secondo è il personaggio uscito nel 1911 dalla fantasia di Pierre Souvestre e Marcel Allain che, dopo la scomparsa del collega, tre anni più tardi, continuò a scrivere delle avventure di questo oscuro e fascinoso criminale in frac e cilindro, imprendibile e intelligentissimo che ammaliò pure la fantasia di René Magritte.


Sandro Botticelli, Prove di Cristo (1480-1482), particolare, Città del Vaticano, Cappella sistina.

L’artista gli dedicò ben tre opere fra cui una fotografica come Le Barbare, dove il pittore belga tentava quasi un’identificazione o almeno un avvicinamento fra lui, l’uomo con la bombetta, e Fantômas che è forse il suo lato oscuro. In L’assassin menacé, conservato al Metropolitan di New York, invece, si è sulla scena del delitto dove il protagonista, in giacca e cravatta, si lascia alle spalle la donna nuda che, forse, ha appena ucciso; ma non si accorge di chi lo spia e dei minacciosi personaggi in pastrano e bombetta dietro la porta. Infine, con Le Retour de flamme, del 1943, dipinto in piena seconda guerra mondiale, l’ispirazione si fa palese e Fantômas diviene un minaccioso fantasma che incombe sulla città.

Il Diabolik delle sorelle Giussani, invece, inguainato nella calzamaglia nera, è il protagonista dell’omonimo fumetto noir nato nel 1962 che obbliga il lettore a parteggiare per questo eroe negativo, evidente emanazione del Male(12). Abbandonata la dimensione liturgica e didattica, il diavolo in vesti eleganti si incammina sui percorsi fantastici di un secolo nel quale gli incubi delle guerre si mescolano alle gioie e alle contraddizioni del progresso. Un clima che certo non muterà con il XXI secolo e che, lontano dalla dimensione escatologica, ritorna in un film come Il diavolo veste Prada (2006), basato sul romanzo della statunitense Lauren Weisberger, dove la perfidia si eleva a sistema e l’opportunità di successo diviene il fine ultimo di tutta l’esistenza, in totale dispregio delle più elementari regole di rispetto per l’altro. Così, sebbene non compaia neppure come delirio, il diavolo s’insinua fra paillettes e tacchi a spillo, borsette e sottogonne della celebre casa di moda italiana, perché l’intreccio fra lusso, eleganza e demoniaco appartiene alla storia del mondo.

(1) J. Baltrušaitis, Il Medioevo fantastico. Antichità ed esotismi nell’arte gotica, Milano 1973, p. 112 sgg. Si veda anche lo studio - sempre attuale - di Alfonso Maria Di Nola, ormai da considerarsi un classico, Il diavolo. Le forme. La storia, Roma 1987. 

(2) Sul mosaico di Ravenna: M. Bussagli, Storia degli angeli. Racconto d’immagini e d’idee, Milano 2003, pp. 95-97. Per i diavoli tentatori del Salterio di Stoccarda (cod. bibl. 107, f. 23r): L. Link, Il diavolo nell’arte. Una maschera senza volto, Milano 2001, p. 58. 

(3) Per il Salterio di Winchester (Cotton Nero ms. C IV, f. 18r): L. Link, op. cit., pp. 145-146. 

(4) Luca, IV, 1-13. In realtà, di questo episodio parlano anche altri due evangelisti, Matteo (IV, 1-11) e Marco (I, 12-13), ma è Luca quello che parla di un’unica pietra, così come compare nell’avorio di Francoforte (L. Link, op. cit., p. 87). 

(5) Sul manoscritto della Casanatense (Cod. 724, BI13, II), si veda: L. Link, op. cit., p. 99. 

(6) Sant’Agostino, De mendacio, I, 4. Per Plutarco: Plutarco. Opuscoli, a cura di M. Adriani, F. Ambrosoli, Milano 1825, pp. 417-441.

(7) Per l’affresco di Buffalmacco: M. Bussagli, S. Zuffi, Arte e erotismo, Milano 2001, p. 47.

(8) Le vicende di sant’Eligio sono nella Legenda aurea di Jacopo da Varagine (a cura di Th. Graesse, Lipsia 1850, pp. 952-953). Sulla scena trevigiana: R. Rizzato, S. Rizzato, Santa Caterina di Treviso. Arte e Storia della chiesa e del convento, Treviso 2015, pp. 77-79. Sulla cattedrale di Strasburgo: S. Braun, s.v. Strasburgo, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, X, Roma 1999, pp. 844-845.

(9) Non è da prendere in considerazione l’ipotesi talora avanzata che la presenza del demonio sotto le mentite spoglie di un frate francescano volesse irridere a Sisto IV che proveniva da quell’ordine religioso. In questo senso: M. Bussagli, Significati e suggestioni del ciclo decorativo della Sistina quattrocentesca, in Il ’400 a Roma. La rinascita delle arti da Donatello a Perugino, catalogo della mostra (Roma, Museo del Corso, 29 aprile - 7 settembre 2008), a cura di M. G. Bernardini e M. Bussagli, I, Milano 2008, p. 220.

(10) Sulla vicenda culturale del Faust, si veda, per Marlowe: M. Bussagli, Storia, cit., pp. 86-90.

(11) F. Dostoveskij, I fratelli Karamazov, a cura di E. Lo Gatto, trad. P. Maiani, S. Boschian, introduzione V. Andreoli, Milano 2015, pp. 685-686.

(12) Su Dracula: D. U. Skal, V is for Vampire, Londra 1996; si veda pure: D. Punter, A New Companion of the Gothic, Malden-Oxford 2015, pp. 198-224. Su Fantômas e Magritte: G. Cortenova, Magritte, fascicolo monografico allegato ad “Art e Dossier” n. 59, luglio-agosto 1991, pp. 40-41. Giova precisare che Le Retour de flamme è della collezione Langui a Bruxelles. Su Diabolik e il fumetto noir: M. Bussagli, Fumetto, Milano 2001, pp. 87-89, 278-280.

ART E DOSSIER N. 328
ART E DOSSIER N. 328
GENNAIO 2016
In questo numero: DAGLI IMPRESSIONISTI A PICASSO Capolavori dal Detroit Institute of Arts in mostra a Genova. COME TI VESTI DIAVOLO? L'inferno cinese, in frac e cilindro, demoni latini, le corna apotropaiche, il lato oscuro di Giovanni Gastel. IN MOSTRA De Chirico, Lam, El Greco. Direttore: Philippe Daverio