Grandi mostre. 2
Wifredo Lam a Parigi

il mito unitario
dell’uomo

Padre di origine cantonese, madre per metà africana e per metà spagnola, paese natale Cuba. Qui agli inizi del Novecento viene al mondo Wifredo Lam, viaggiatore vorace, capace di amalgamare nel suo ricco bagaglio iconografico antiche tradizioni culturali e stili a lui contemporanei, come racconta la retrospettiva in corso al Centre Pompidou.

Alba Romano Pace

Cuba, splendente arcipelago dei Caraibi, ex dominio spagnolo, nel 1902 ha appena ottenuto l’indipendenza dopo essere stata una colonia per un lunghissimo periodo e nonostante il governo rimanesse sotto un tacito controllo statunitense. Attraverso i secoli, in quelle acque cristalline si sono incrociati i destini dei conquistadores ispanici, degli schiavi africani strappati alle loro terre, degli esiliati e dei reietti di Spagna, dei migranti provenienti dall’Asia in cerca di lavoro. Era il mare a fare la cernita, raccontano i diari di viaggio degli esploratori che quotidianamente annotavano il numero di schiavi, uomini e donne, gettati nell’oceano: solo i più forti giungevano nell’isola(1). I sopravvissuti portavano dentro di sé quei loro dèi che dall’Africa li avevano protetti fin laggiù e che li proteggeranno in seguito permettendogli di sopportare le vessazioni e il duro lavoro nei campi o aiutandoli a trovare il coraggio di ribellarsi continuando la propria esistenza nascosti nel ventre della foresta. «Gli dèi d’Africa sono i più forti: volano. Gli uomini d’Africa anche: ritornano in Africa dopo la morte», racconta nel 1967 un ex schiavo cubano all’età di centoquattro anni(2). Dolore, nostalgia, speranza e sacralità caratterizzavano la vita degli abitanti di Cuba. Il tam tam dei tamburi scandiva le notti accompagnando i passi delle danze rituali per ringraziare quegli dèi d’Africa venuti da lontano. Le campane suonavano durante il giorno nelle chiese cattoliche e il culto dei morti s’intrecciava con le dottrine dell’antico Oriente.

Wifredo Lam nasceva in questa atmosfera a Sagua la Grande l’8 dicembre del 1902, il padre Lam-Yam è un longevo scrivano di origine cantonese che alla nascita dell’artista ha ottantaquattro anni, la madre è per metà africana e per metà spagnola. Nella casa si confondono quotidianamente i racconti dei paesaggi dell’Asia, quelli delle valenti imprese degli antenati spagnoli e - ciò che più incanta il piccolo Lam - le invocazioni e i rituali magici attuati dalla sua madrina Mantonica Wilson che esercita la stregoneria africana. La stanza di Wifredo è riempita dai calligrammi che il padre disegna per lui, le maschere africane ornano la casa dove gli spiriti dei morti vengono in visita regolarmente.

Un giorno l’artista scopre sul tetto della sua stanza un pipistrello addormentato, osservandolo ne vede la testa sdoppiarsi a causa dell’ombra che questa proietta. Questa immagine grottesca e fantastica diventa per Lam una rivelazione che gli mostra la via per la sua creazione: «I raggi di luce penetrarono attraverso tutte le fessure proiettandosi e facendo divenire la stanza una lanterna magica […] tutte queste ombre cinesi che si divorano l’una con l’altra: un cavallo che passa, degli uomini, un carretto e la sua ruota formavano un cerchio mobile. […] È il 1907. Questo giorno segna per me l’inizio del sentimento dello scorrere dei giorni, di un legame nella memoria e di un tempo che non si arresta. In questa stanza, in cui l’armadio aperto mostra, come un uomo decapitato, i vestiti di mio padre, lo specchio rifletteva l’incanto delle immagini mobili, la mia propria immagine e quella del pipistrello risvegliatosi, con il volo oscillante, all’inseguimento della sua ombra»(3).


Il risveglio I (1938).

L’eterno presente (1944), Providence, Risd Museum - Rhode Island School of Design.


Le nozze (1947), Berlino, Staatliche Museen, Nationalgalerie.

I suoi quadri sono un insieme di silhouettes che ricordano il teatro d’ombre cinesi ma i loro volti hanno le fattezze di maschere e dèi d’Africa


Ascoltando le parole di questo racconto sembra di veder dipingere Wifredo Lam. I suoi quadri, una volta trovato lo stile che li caratterizzerà, sono un insieme di silhouettes che ricordano il teatro d’ombre cinesi ma i loro volti hanno le fattezze delle maschere e degli dèi d’Africa, dei diavoli invocati dalla stregoneria nera, degli animali protettori delle forze naturali e soprannaturali, delle figure scaturenti dalla più fervida immaginazione. A sedici anni l’artista si trasferisce a L’Avana per seguire i corsi dell’Accademia di Belle arti, nel 1923 vince una borsa di studio per Madrid. 


La pittura occidentale lo delude, ammira i grandi pittori del Prado: Rubens, Velázquez e soprattutto Goya, ma non trova in loro quella forza dell’arte capace di far vibrare le corde dell’anima. A Madrid segue gli insegnamenti di Álvarez de Sotomayor, maestro di Dalí, ai quali però preferisce i corsi serali dell’Accademia libera, che hanno una visione più moderna. Nel 1929 Lam sposa una giovane spagnola con cui ha un figlio, entrambi moriranno nel 1931 di tubercolosi. In questo periodo l’artista disegna e dipinge diverse opere aventi come soggetto la maternità. Le sue pitture hanno uno stile che ricorda l’espressionismo tedesco, anche se in quelle pennellate uniche e decise si riconoscono le spigolature del legno scolpito delle maschere e delle sculture africane (Il risveglio I, 1938). Lo sfondo dei quadri è unitario, la composizione è frontale e ieratica.

Le sue pitture hanno qualcosa dei calligrammi orientali, quelli che vedeva disegnare dal padre durante la sua infanzia


Nel 1936 l’artista si arruola nelle truppe coinvolte nella guerra civile spagnola a fianco dei repubblicani, alla loro disfatta fugge a Parigi con in tasca una lettera per Picasso. L’amicizia tra i due artisti durerà per tutta la vita. Picasso incoraggerà Lam nella sua arte che a partire dal 1940 si ispirerà alla forza e all’energia derivate dalle figure di Guernica, per associare la sua pittura a una sorta di cubismo esotico (ed esoterico), unico in Wifredo Lam. La tela è il luogo dove il magico si manifesta, dove spiriti e dèi d’Africa, simboli ancestrali e sacerdoti misteriosi sono convocati per celebrare i più antichi riti apotropaici. A volte i colori dei quadri sono fluorescenti per indicare vitalità, luce, meraviglia, altre volte la pittura è monocroma e nei toni scuri simboleggia la nera notte, gli abissi, la terra, mentre in quelli chiari la tela evoca nelle sue fattezze il legno intagliato (Rumore 1943, L’eterno presente 1944).


Apostrof’ Apocalisse (1966), tavola XIV.

Picasso presenta Lam a Breton e ai surrealisti, con loro l’artista parte per Marsiglia durante la seconda guerra mondiale per poi imbarcarsi alla volta di Cuba. Breton lo sceglie nel 1941 come illustratore del suo lungo poema Fata Morgana di cui il regime di Vichy proibisce la pubblicazione.

Prima di giungere a Cuba, Lam sosta con Breton, Lamba e Masson in Martinica; nella colonia francese conosce il poeta Aimé Césaire, cantore della libertà del popolo contro gli oppressori coloniali, difensore dell’identità culturale degli indigeni e della loro dignità. Lam è colpito dal forte carisma di Césaire e sente particolarmente vicine le sue rivendicazioni. Le conversazioni politiche immerse nella lussureggiante flora della Martinica lo ispirano per dipingere La giungla (1943), capolavoro dell’artista oggi al MoMA di New York. In questo quadro le alte piante a foglie larghe della Martinica s’intrecciano al ricordo dei campi di canna da zucchero di Cuba e a quel ventre della foresta, divenuta nel quadro magicamente fluorescente, dove si rifugiavano gli schiavi ribelli e insieme a loro quegli dèi protettori che non li avrebbero mai abbandonati: dèi della giustizia, della dignità umana, della vita, dell’eros, della vendetta, della sopportazione, del giorno e della notte. Dèi del cosmo tutti riuniti, tramite simboli ed evocazioni, nella tela di Wifredo Lam.

L’artista arricchisce il suo vocabolario iconografico negli anni grazie al suo errare tra i più diversi paesi segnati da antiche tradizioni e da profonde radici spirituali: Messico, Africa, Colombia, Svezia e soprattutto Haiti, dove assiste a cerimonie vudù che lo impressionano particolarmente. Queste immagini si ritrovano in tele come Le nozze del 1947 o Soglia (1950). Lam viaggia ed espone le sue opere, il successo non tarda ad arrivare, nel 1960 è un pittore affermato che vive tra New York e Parigi, prima di raggiungere Asger Jorn e altri artisti ad Albissola Marina, presso Genova, dove stabilsce il suo atelier trascorrendovi d’ora in poi la maggior parte dell’anno insieme alla moglie, l’artista svedese Lou Laurin, e i tre figli. Ad Albissola Lam si appassiona all’arte della ceramica, lavora la creta e l’argilla amando particolarmente l’idea del fuoco che forgia la terra. Divenute tridimensionali, le sue creazioni somigliano a giganteschi amuleti magici e si presentano come dei totem provenienti da antiche civiltà alle origini stesse dell’essere umano.

In Italia Lam collabora con lo studio Grafica Uno di Milano. I suoi tratti grafici (Apostrof’ Apocalisse 1966), come a volte le sue pitture (Il frastuono della terra, 1950), hanno qualcosa dei calligrammi orientali, quelli che vedeva disegnare dal padre durante la sua infanzia. Il pennello di Lam trasforma adesso gli antichi caratteri provenienti dalla lontana Cina in spiriti volanti a cui associa la magia dei più forti dèi d’Africa, quelli che sconfiggendo il dolore trovano la forza di attraversare il mare. Lam muore a Parigi nel 1982, i funerali di Stato sono celebrati a Cuba dove l’artista è sepolto. Da quella terra che ha visto sbarcare uomini e dèi, Lam prende nutrimento per la sua pittura creando delle opere che rappresentano, come scrive il critico Max-Pol Fouchet, «l’ascesa dell’arte verso un mito unitario dell’uomo e delle potenze telluriche, verso un’altra leggenda, di cui la sua pittura è la messaggera»(4).


Wifredo Lam ad Albissola Marina (Genova), con la serie Brousses (1958-1963).

(1) Cfr. M. P. Fouchet, Wifredo Lam, Parigi 1989, p. 22.

(2) Ivi, p. 27.

(3) Ivi, pp. 47-48.

(4) Ivi, p. 32.

Wifredo Lam

a cura di Catherine David
Parigi, Centre Pompidou
fino al 15 febbraio
orario 11-21, giovedì 11-23, chiuso il martedì e 1° maggio
www.centrepompidou.fr
catalogo Centre Pompidou

ART E DOSSIER N. 328
ART E DOSSIER N. 328
GENNAIO 2016
In questo numero: DAGLI IMPRESSIONISTI A PICASSO Capolavori dal Detroit Institute of Arts in mostra a Genova. COME TI VESTI DIAVOLO? L'inferno cinese, in frac e cilindro, demoni latini, le corna apotropaiche, il lato oscuro di Giovanni Gastel. IN MOSTRA De Chirico, Lam, El Greco. Direttore: Philippe Daverio