Studi e riscoperte. 4
Glanum: un caso di romanizzazione

promemoria
coloniale

L’arte, l’architettura, l’urbanistica, la lingua, la cultura romane sono forse il primo esempio di globalizzazione; una scelta imposta, più che liberamente accolta, ma che pervade il mondo conosciuto nei primi secoli della nostra era. La cittadina di Glanum, in Provenza (la Saint-Rémy di Van Gogh), ne mostra ancora i segni.

Sergio Rinaldi Tufi

«Le coste del mare e le regioni interne pullulano di città, in parte fondate, in parte ingrandite da voi […]. Tutto l’impero trabocca di ginnasi, di officine, di scuole […]. Le città sono tutte splendide di luminosa bellezza […]. Voi avete misurato tutta la terra abitata, avete gettato ponti […] avete tagliato i fianchi dei monti per aprire strade carrozzabili». Frasi selezionate in un diluvio di elogi che Elio Aristide, retore greco del II secolo d.C. originario dell’Asia Minore, profondeva a piene mani nel discorso In gloria di Roma, pronunciato nell’Urbe stessa nel 144 d.C. È un testo elegantemente servile scritto da un suddito privilegiato dell’impero, ma alcune cose sono chiarissime: la civiltà urbana gioca un ruolo fondamentale; si parla di città «fondate», impianti urbani creati ex novo (soprattutto, aggiungiamo noi, nelle province occidentali e africane, dove in genere prima della conquista romana non erano sorti grandi centri, se si eccettuano casi come Ampurias, Marsiglia, Cartagine, Cirene); e di città «ingrandite», espressione che allude a interventi, talvolta rilevantissimi, nell’ambito di città preesistenti (se ne riscontrano molti nelle province greche e asiatiche, nonché in Egitto). Dall’insieme del discorso, al di là della retorica, si ricava la sensazione di un mondo multiculturale ma unitario («Tante nazioni, una patria», aveva scritto già nel II secolo a.C. Polibio): ovunque templi e case, basiliche e terme, teatri anfiteatri circhi. Globalizzazione, come si direbbe oggi? Per la verità, più che di una convergenza di modelli produttivi e culturali provenienti da più parti, si deve parlare di modelli imposti da una potenza egemone, grazie al predominio conquistato (talvolta con l’uso della diplomazia, ma molto più spesso con l’uso delle armi) su un territorio estesissimo. La presenza dell’esercito rimane fondamentale, in molte province, anche dopo le guerre, ma l’unificazione si attua pure attraverso altre vie che meritano attenzione, come la diffusione della lingua latina (benché nelle province orientali si continui a parlare greco) e del diritto romano, con il moltiplicarsi di edifici per l’amministrazione della giustizia, le basiliche. La romanizzazione è talvolta profonda anche nei territori assoggettati dopo guerre sanguinose e lunghissime, come nelle province iberiche: obiettivo perseguito anche attraverso il coinvolgimento delle élite locali e una cauta tolleranza religiosa.



La Glanum romana non è una città nuova:
si inserisce in quella gallo-greca,
ed è proprio questo che attira l’attenzione



A Glanum, oggi Saint-Rémy-de-Provence, si conserva una serie di monumenti, statue, rilievi che sembrano scelti dalla sorte per illustrarci tutte queste realtà anche nei dettagli (spesso la sopravvivenza delle rovine è casuale, ma stavolta non sembra). Innanzitutto, Glanum è uno dei pochi casi, in Occidente, di un vero impianto urbano che precede la romanizzazione: era nell’orbita dell’antica colonia greca di Massalia (Marsiglia), fondata nel VI secolo a.C. nel Sud della Gallia da marinai provenienti da Focea in Asia Minore. Glanum si può definire una città gallo-greca: influssi ellenici, ma anche elementi propri della cultura celtica, dai culti legati a elementi naturali fino al vivace decorativismo di certe sculture.


Glanum/Saint-Rémy-de-Provence, Les Antiques: arco onorario e mausoleo romani di età augustea.

La dea Roma e un prigioniero nella decorazione dell’arco onorario di Les Antiques.

Uomo con mantello frangiato e prigioniero nella decorazione dell’arco onorario di Les Antiques.


L’abside della curia presso il foro;


Una veduta generale del quartiere di abitazioni.

La pianta della città, sorta in una valle al margine della catena delle Alpilles, aveva forma allungata in senso nord-sud. A sud, presso una sorgente, era il santuario del dio celtico Glan (che dà il nome alla città); si era poi aggiunto il culto di altre divinità locali (Matres Glanicae). Al centro era il nucleo politico, caratterizzato soprattutto da un’agorà trapezoidale, da un “bouleuterion”, o luogo di riunione del senato cittadino (edificio con gradinate su tre lati), e da un portico, da cui provengono inconsueti capitelli corinzi che recano fra le foglie di acanto teste umane (II secolo a.C.): dèi locali, ritratti di uomini barbuti, Apollo e altre divinità greco-romane. A nord si trovava un quartiere di ricche dimore private.
Dopo una faticosa conquista che si conclude alla fine del II secolo a.C., non senza strascichi nel I, quest’area della Francia meridionale viene costituita in provincia: Gallia Narbonensis, dal nome della capitale Narbo Martius (Narbonne). Oltre alla capitale si fondano, per impulso di Augusto e del fido Agrippa, nuove e splendide città (Plinio il Vecchio parlava di «Italia, più che provincia») come Arelate (Arles), Nemausus (Nîmes, sul luogo di un altro antico culto presso una sorgente), Arausio (Orange). La Glanum romana non è una città nuova: si inserisce in quella gallo-greca, ed è proprio questo che attira l’attenzione. A sud, nell’area dei monumenti di culto, si venerano Glan e le Matres, ma Agrippa introduce un tempio di Valetudo (dea della salute). Atteggiamento tipico: alle popolazioni sottomesse si consente di mantenere le loro tradizioni, ma con il “controllo” di una divinità romana. Spesso si sovrappongono due figure simili: per esempio in Gallia il celtico Lenus e il romano Mars, in Egitto Amon e Jupiter, e così via.
Nel settore nord rimangono sostanzialmente in uso le antiche abitazioni preesistenti, con qualche correzione e rimaneggiamento. Nell’area centrale, invece, quella della politica, cambia tutto, con segnali forti. All’agorà trapezoidale si sostituisce il tipico complesso romano foro-basilica-curia; il bouleuterion intorno al 30 a.C. viene quasi completamente obliterato con la costruzione di due templi tetrastili ravvicinati; nella piazza di raccordo fra i templi e il foro si inseriscono monumenti che esibiscono trofei e barbari prigionieri. È un monito: sui culti si può mediare, le abitazioni possono restare, ma nell’area politica si evidenzia che tutto è cambiato.
Poco a nord del quartiere residenziale, si conservano, imponenti, Les Antiques: un arco (che probabilmente indicava il limite della città) e un mausoleo. Sui piloni dell’arco, quattro rilievi mostrano coppie di personaggi ai piedi di un trofeo.
In due casi si tratta di barbari prigionieri (tema piuttosto diffuso nelle province, una celebrazione un po’ minacciosa della conquista), ma negli altri due rilievi compare, accanto a un prigioniero, un’altra figura: in un caso è la dea Roma, personificazione dell’Urbe, seduta in trono (l’allusione alla conquista è pressante); nell’altro si tratta di un uomo vestito di un mantello frangiato che pone la mano sulla spalla del barbaro incatenato. Non indossa la toga tipica del cittadino romano, ma la sua eleganza lo caratterizza come esponente delle élite locali che collaborano con la potenza egemone: qui pare che voglia spiegare all’altro i vantaggi di questa scelta.
Il vicino mausoleo è dedicato da tre fratelli di una famiglia di Iulii, fra il 30 e il 20 a.C., a due illustri antenati: lo rivela un’iscrizione; nella parte alta del monumento, entro una struttura circolare colonnata, si conservano le statue.
Notevolissimi sono i quattro rilievi che decorano lo zoccolo, raffiguranti magistralmente, con un vivace senso del movimento proprio della tradizione ellenistica, scene di battaglia ed episodi del mito. Allusioni a imprese, che non conosciamo, degli antenati? Forse. E sulla sinistra del rilievo del lato sud c’è una scena singolare: due personaggi togati ascoltano una figura alata (forse la personificazione della Fama) che legge un rotolo di pergamena. Probabilmente sono gli antenati cui il monumento è dedicato, e ai quali qui viene conferita la cittadinanza romana. Nell’ambito dell’ampio e complesso fenomeno della romanizzazione, è come un flash che coglie, quasi trasformandolo in mito, un momento davvero significativo.


Scena di battaglia in uno dei rilievi della decorazione del mausoleo di Les Antiques.

ART E DOSSIER N. 327
ART E DOSSIER N. 327
DICEMBRE 2015
In questo numero: ARTE GLOBALE Dalla Gallia romana alla nascita del gotico secondo Daverio, al mito dei grattacieli. MONZA Il ritorno di Teodolinda. IN MOSTRA Bosch/Brueghel, Balthus, Ai Weiwei.Direttore: Philippe Daverio