XXI secolo
Cattelan formato rivista

toilet paper
& co.

Dopo “Permanent Food” e “Charley” è arrivato “Toilet Paper”, l’ultimo magazine nato nel 2010 dalla collaborazione di Maurizio Cattelan con il fotografo di moda Pierpaolo Ferrari. Una vera e propria opera d’arte contemporanea consacrata all’esclusiva presenza delle immagini e in grado di realizzare singolari intrecci con eccellenze creative non solo italiane.

Duccio Dogheria

ci sono riviste che parlano d’arte, altre che sono vere e proprie opere d’arte. Parliamo delle riviste d’artista, la cui storia affonda le radici nelle avanguardie storiche, sebbene la prima in assoluto sia di poco precedente: si tratta di “L’Assiette au Beurre” pubblicata a Parigi tra il 1901 e il 1912, seicento numeri perlopiù affidati di volta in volta a un singolo artista, da Kupka a Van Dongen, da Chéret a Soffici, da Cappiello a Vallotton, e molti, moltissimi altri(*). Gli anni Sessanta e Settanta spazzarono via definitivamente la tradizionale idea di magazine, stravolgendone al contempo formati e concezione. Per fare solo un esempio, è in questi anni che nascono le prime rivisteoggetto, capaci di assemblare multipli di varia natura prodotti da più artisti. Il flusso creativo delle riviste d’artista è però incessante, e ancora oggi, nell’era del già visto e del già sperimentato, riescono a sorprendere, sotto molteplici aspetti. Dalle complesse riviste-contenitore, come l’italiana “BAU”, ai free-magazine d’autore, come il francese “Point d’ironie”, il panorama è ricco e in costante evoluzione, in ogni angolo del pianeta.
“Toilet Paper” è una delle riviste d’artista contemporanee più innovative, frutto del lavoro di squadra tra un affermato fotografo di moda, Pierpaolo Ferrari, e un artista provocatorio quanto brillante, Maurizio Cattelan, non certo nuovo nel campo dell’editoria sperimentale.

Immagini conturbanti, ambigue, eleganti
ma al contempo kitsche violente, talvolta al limite del sadismo


Tutte riviste d’artista patinate, le sue: la prima fu “Permanent Food” portata avanti assieme a Paola Manfrin, quindici numeri (in realtà quattordici: il n. 13 semplicemente non esiste) pubblicati tra il 1996 e il 2007. A prima vista “Permanent Food” appare un magazine come molti altri, stampato in quadricromia su carta patinata, con un’identità visiva ben precisa. Approfondendo, si noterà che non c’è né un editoriale, né testi redazionali, né rubriche, né tantomeno articoli, mentre la sequenza delle fotografie pare sfuggire a ogni logica. “Permanent Food” è difatti una sorta di “rivista-cannibale” che assembla curiose immagini estrapolate da altri magazine, riprendendo in tale pratica l’editoria sperimentale di Hans-Peter Feldmann o quella di talune pubblicazioni lettriste. I nomi di Cattelan e Manfrin compaiono solo nel primo e nell’ottavo numero, assieme al concept della rivista: «Permanent Food is a non-profit magazine with a selection of pages taken from magazines all over the world. Permanent Food is a second generation magazine with a free copyright».


“Toilet Paper”, n. 1, 2012 (a partire dal settimo numero, l’anno indicato sulla copertina è di pura fantasia), Atene, Deste Foundation for Contemporary Art.

Una formula analoga caratterizza anche “Charley”, cinque numeri pubblicati tra il 2001 e il 2007 in collaborazione con Massimiliano Gioni e Ali Subotnick. In questo caso il blob d’immagini è incentrato sul lavoro di artisti internazionali ed è desunto da cataloghi, brochures, cartoline e altro materiale a stampa preesistente.
E ora, dal 2010, questa nuova avventura editoriale, come le precedenti incentrata sull’esclusività assoluta delle immagini, ma sostanzialmente, profondamente diversa. Fin dal primo numero “Toilet Paper” si presenta come una pura sequenza di fotografie a colori a doppia pagina. Immagini conturbanti, ambigue, eleganti ma al contempo kitsch e violente, talvolta al limite del sadismo, che in ogni caso non lasciano indifferenti. Fotografie assai studiate da un punto di vista tecnico e formale - dunque l’opposto del ready-made fotografico delle precedenti testate - che ben testimoniano l’alta professionalità di Ferrari, uno dei fotografi di moda (Kenzo e Armani sono solo due dei suoi clienti) più apprezzati, non solo in Italia. L’assenza totale di testi è una dichiarazione d’amore per l’immagine pura, declinata in forme ironiche e provocatorie in linea con lo spirito dissacratorio di Cattelan.
Pubblicata inizialmente dalla Deste Foundation di Atene, ora da Damiani di Bologna, “Toilet Paper” è giunta oramai al suo undicesimo numero, senza contare i fascicoli con varianti di copertina e il numero extra presente nella deluxe edition del primo dei due volumi Toiletpaper, un’antologia d’immagini edite e inedite della rivista accompagnate da testi che con tali immagini nulla hanno a che spartire, e che proprio per questo accrescono il carattere surreale dell’edizione.

“Permanent Food”, n. 1, 2007.


“Charley”, n. 1, 2001.

Ma “Toilet Paper” - la cui tiratura è cresciuta esponenzialmente nel susseguirsi di numeri - è anche molto altro, forte di una natura virale, che ama innestarsi e prender forma in altri corpi, fino a sdoppiarsi, come nel caso della rivista gemella “Kenzine” (dal 2013), nata da una collaborazione con la casa di moda Kenzo, in particolar modo con Humberto Leon e Carol Lim; edita sempre da Damiani e giunta al quarto numero, “Kenzine” ibrida immagini surreali con loghi e prodotti della celebre griffe parigina.
A proposito di loghi: “Toilet Paper” ha un’innata capacità di viaggiare su media differenti, tanto da diventare essa stessa un logo, e in questo non è azzardato considerarla una rivista d’artista 2.0. Il 19 giugno 2013 si è contaminata, per fare un primo esempio, col quotidiano francese “Libération”, impreziosendone le pagine con una ventina d’immagini intercalate nelle consuete pagine di cronaca e analisi politica. Esemplare è poi la collaborazione con l’azienda di design Seletti, che ha portato alla creazione di una linea di prodotti per la casa dal fascino vintage capace di portare nella quotidianità domestica le immagini shock della rivista.

Copertina e una pagina interna di “Toilet Paper”, n. 10, 2014, edizione da collezione, Bologna, Damiani Editore.


Copertina e una pagina interna di “Toilet Paper”, n. 10, 2014, edizione da collezione, Bologna, Damiani Editore.


“Kenzine”, n. 1, 2013, Bologna, Damiani Editore.

Una linea esclusiva «non per l’inaccessibilità economica, ma per l’audacia intellettuale di chi sceglie di acquistarla», afferma il titolare Stefano Seletti. Presentata al Salone del mobile di Milano 2013 e in costante evoluzione, la collezione è stata già esposta al MoMA di New York e al Palais de Tokyo di Parigi, le cui ampie finestre hanno tra l’altro ospitato gigantografie di immagini della rivista.

“Toilet Paper”, n. 9, 2014.


“packaging” di un vassoio, prodotto da Seleni (Mantova), da “Toilet Paper”, n. 9, 2014.


“packaging” di una saponetta, prodotto da Seletti (Mantova), da “Toilet Paper”, n. 6, 2012.

 Nell’estate 2015, infine, alcune immagini shock della rivista sono state utilizzate per la campagna pubblicitaria Saluti da Rimini, incentrata su molti luoghi comuni della Riviera romagnola, facendo discutere residenti e turisti. “Toilet Paper”, attivissima anche sui social media, rappresenta a tutti gli effetti un esempio del made in Italy che funziona, capace di tessere sinergie con altre eccellenze creative, uscendo dunque da dorate nicchie autoreferenziali dell’editoria d’artista per diffondersi globalmente.

di “Toilet Paper” sulle finestre del Palais de Tokyo di Parigi (2013).


Veduta dell’installazione Toilet Paper del Palais de Tokyo di Parigi (2013).

ART E DOSSIER N. 327
ART E DOSSIER N. 327
DICEMBRE 2015
In questo numero: ARTE GLOBALE Dalla Gallia romana alla nascita del gotico secondo Daverio, al mito dei grattacieli. MONZA Il ritorno di Teodolinda. IN MOSTRA Bosch/Brueghel, Balthus, Ai Weiwei.Direttore: Philippe Daverio