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hokUsai, mille nomi
ma Un solo carattere

I fogli meno noti della sua celebre serie Trentasei vedute del monte Fuji non hanno un trend molto positivo ma l’artista non è comunque caduto nel dimenticatoio

Daniele Liberanome

Uomo dai mille nomi e dal duro carattere, Katsushika Hokusai (1760-1849) ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte in Europa e in Asia.
Figlio illegittimo di un affermato pittore su specchi, presto si specializzò nella creazione di Ukiyo-e (“immagini del mondo fluttuante”), un genere di pittura e stampa xilografica (da matrici in legno) molto popolare in quegli anni in Giappone e in particolare nel suo centro culturale: Edo, la moderna Tokyo.
A diciott’anni, Hokusai entrò nella bottega Katsukawa, famosa per i suoi Ukiyo-e con immagini di cortigiani o di attori, molto apprezzate nelle città in cui viveva gran parte della classe media e dei collezionisti. Cambiò lì nome ma non carattere, sempre impetuoso e curioso, tanto che a fine Ottocento finì per essere espulso, probabilmente perché continuava a sperimentare nuovi stili fra cui quelli di matrice europea.
Hokusai, insofferente alle direttive, decise di mettersi in proprio e di seguire la sua indole e le ispirazioni buddiste, creando Ukiyoe con soggetti paesaggistici o naturali. Fu una rivoluzione che proiettò l’artista al vertice della notorietà, come prediletto di shogun e ricchi collezionisti. Tanto successo era dovuto non solo al talento e alla vena artistica, ma anche a una notevole capacità di autopromozione.
Continuò comunque a sviluppare il suo talento, fino a raggiungere l’apice della sua creatività una ventina di anni dopo, quando aveva sessant’anni. Risale a quel periodo il suo capolavoro, la serie Trentasei vedute del monte Fuji, in cui la montagna è dipinta in condizioni meteorologiche e stagioni diverse, da luoghi e distanze variabili, con varie tonalità e talvolta oggetti o personaggi in primo piano. Ispirò in questo senso Monet e le sue tante tele dedicate alla cattedrale di Rouen. Del resto ambedue i soggetti rappresentano importanti punti di riferimento spirituali e culturali: il Fuji che si erge nel bel mezzo del Giappone e lo domina dall’alto, pare quasi l’Olimpo d’Asia. Il più celebre foglio di Trentasei vedute del monte Fuji è La [grande] onda presso la costa di Kanagawa in cui tre imbarcazioni appaiono minacciate da un’onda gigantesca, forse uno tsunami, con il monte Fuji che sorge sullo sfondo, in un’ode alla precarietà della vita e alla grandezza della natura. La sopraffina capacità tecnica, la scelta dei colori e dei soggetti hanno reso quell’opera e quella serie di Ukiyo-e il simbolo della cultura giapponese prima dell’avvento dell’occidentalizzazione imposta dagli americani “manu militari” (1854). Trovarne oggi una completa e in buono stato non è facile. Una di queste era arrivata a inizio Novecento a Parigi nella galleria di Huguette Berès, specialista in grafiche e dipinti giapponesi, che quando metteva le mani su un bel pezzo di Hokusai lo trasferiva direttamente a casa propria.
Gli eredi della Berès affidarono il loro foglio della serie Trentasei vedute del monte Fuji a Sotheby’s di Parigi, che il 27 novembre 2002 piazzò il colpaccio: lo vendette per 1,5 milioni di euro, un prezzo raro per opere classiche giapponesi, che hanno subìto pesantemente la crisi del collezionismo nipponico di inizio anni Novanta e la parallela ascesa dell’astrattismo a scapito della figurazione. Tanto è vero che la più cara [Grande] onda presso la costa di Kanagawa è stata battuta da Christie’s a New York quasi un quarto di secolo fa, il 27 marzo 1991, per una cifra corrispondente a 150mila euro; più recentemente il “record” è stato fissato in una piccola casa d’asta di Parigi, Philippe Rouillac, che l’ha venduta il 26 giugno 2014 per 110mila euro, peraltro dopo aver chiamato l’opera in base al suo formato (ossia “Oban yoko-e”) e non usando il suo titolo più consueto.
Stesso trend di mercato non proprio positivo si registra per altri fogli, meno noti, della serie Trentasei vedute del monte Fuji. Fra le vedute del vulcano, la più cara è ancora una con prevalenza di colore rosso, venduta da Sotheby’s sempre nel 1991 per un equivalente di 300mila euro; più recentemente il massimo è stato toccato da un’altra variante, blu, scambiata da Sotheby’s di Parigi il 18 dicembre 2009 per 100mila euro, partendo da una stima dieci volte più bassa. Da Sotheby’s avranno quindi festeggiato pur rimanendo così lontani dai massimi di un tempo.

Il mercato di Hokusai, comunque, non è così depresso come sembrerebbe, e qualcosina si sta muovendo negli ultimi anni. Il 18 settembre 2013 Christie’s di New York ha presentato Album di dipinti su ventaglio, una serie di dodici dipinti su ventaglio firmati da Hokusai con uno dei suoi vari nomi, racchiusi in un album e chiusi con un sigillo che li farebbe datare al 1823-1824, ottimo periodo. Un altro sigillo mostra che il primo acquirente era stato Kobayashi Bunshichi, noto dealer e collezionista coevo dell’artista. I collezionisti sono risultati attenti: il martello del banditore è sceso quando l’offerta era arrivata a 220mila euro, a livello della stima massima.
Lo scorso 22 aprile, un foglio minore della serie Trentasei vedute del monte Fuji, intitolato Joshu Ushibori (Fuji da Ushibori nella provincia di Hitachi), con una barca in primo piano, è stato aggiudicato da Christie’s di New York per 20mila euro, quadruplicando la stima. Hokusai non è cascato nel dimenticatoio.


Esemplare dalla serie Album di dipinti su ventaglio, databile probabilmente al 1823-1824.

Joshu Ushibori (Fuji da Ushibori nella provincia di Hitachi) dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji (1830-1832 circa).

ART E DOSSIER N. 326
ART E DOSSIER N. 326
NOVEMBRE 2015
In questo numero: GIAPPONE E GIAPPONISMI Miyazaki e la pittura; La fotografia di Daido Moriyama; Packaging nipponico; Giappone e Art Nouveau. LA BARONESSA DADA Elsa, Man Ray, Duchamp e gli anni folli. IN MOSTRA Mirà e Cobra, Balla, Monet.Direttore: Philippe Daverio