glI esordI e la fama.
dal perIodo shunrō
al perIodo hoKusaI

Nato il 31 ottobre del 1760 nel quartiere di Honjō (distretto di Katsushika, nome quest’ultimo con cui è anche noto Hokusai), a est del fiume Sumida nella capitale Edo (l’odierna Tokyo), il suo nome di infanzia fu Tokitarō .

Trascorse i primi anni di vita con Nakajima Ise, un pulitore di specchi al servizio dello shogun Tokugawa, il quale pare sia stato in realtà un padre adottivo. Non è però dato sapere chi fossero i suoi veri genitori: non è verificabile l’ipotesi secondo cui suo padre naturale fosse stato Kawamura Hichiroemon, un artista noto col nome di Bunsei, nonostante l’iscrizione sulla lastra tombale nel tempio di Seikyōji a Tokyo, dove Hokusai fu sepolto, riporti il cognome Kawamura. Riguardo alla moglie di Nakajima Ise, forse madre adottiva di Hokusai, ella sarebbe stata figlia di Kobayashi Heihachirō, uno dei protagonisti secondari del famoso episodio, realmente accaduto, noto come la “vendetta dei quarantasette rōnin”. 

Già negli anni dell’adolescenza Hokusai cambiò per una prima volta il suo nome, da Tokitarō a Tetsuzō (“magazzino del ferro”). 

È in questa fase che fu assunto come fattorino in una biblioteca di libri a prestito. 

A circa quattordici anni iniziò a lavorare come apprendista presso un laboratorio di intaglio xilografico: subito si mise in luce tanto da ricevere nel 1775 la commissione dell’intaglio di alcune tavole per uno “sharebon” (“libri alla moda”, perlopiù di carattere licenzioso) di Unchōsha Sanchō. 

Il 1778 fu un anno decisivo per Hokusai che divenne allievo di Shunshō, fondatore e capo della scuola Katsukawa, tra le più prestigiose dell’Ukiyo-e. Appena un anno dopo, l’artista cominciò a firmare le sue opere col nome di Shunrō, “splendore di primavera”, la cui prima parte Shun lo identificava come membro della scuola Katsukawa, secondo l’uso per cui il maestro concedeva ai propri allievi più meritevoli di utilizzare un carattere del proprio appellativo.


La tomba degli amanti di Meguro (1780); Parigi, Bibliothèque Nationale de France.


I lottatori di sumō Takaneyama Yoichiemon e Sendagawa Kichigorō (1788); New York, Metropolitan Museum of Art.

Ebizō IV (1791), dittico; Tokyo, National Museum.


Hangorō III (1791), dittico; Tokyo, National Museum.

Le prime stampe note di Hokusai-Shunrō, raffiguranti attori di teatro kabuki, risalgono all’ottavo mese del 1779, mentre quasi contemporaneamente furono incisi suoi disegni per le illustrazioni di alcuni “kibyoshi” (“libri gialli”, per il colore della copertina), testi di narrativa popolare, tra i quali si ricorda La tomba degli amanti di Meguro (Meguro no hiyokuzuka) del 1780. 

Col trascorrere degli anni, il ruolo di Hokusai presso la scuola di Shunsho¯ assunse maggiore importanza. Il numero delle commissioni che ricevette aumentò notevolmente, anche a causa del trasferimento di Shun’ei a ōsaka, della morte di Shunjō nel 1787 e della paresi che colpì Shunkō nel 1790, i tre più dotati allievi dello studio Katsukawa. Questi avvenimenti, oltre ad amplificare le responsabilità del giovane Hokusai, costrinsero l’ormai anziano Shunshō a riprendere il lavoro di bottega per poter rispettare gli impegni con gli editori, dopo che per alcuni anni il maestro era riuscito a dedicarsi esclusivamente alla pittura non seriale. 

L’influenza dell’arte di Shunshō nello stile della produzione di Hokusai durante il “periodo Shunrō”, durato fino almeno al 1793, è molto evidente. I ritratti di attori kabuki risalenti a questo periodo presentano chiaramente i tratti stilistici distintivi della scuola Katsukawa: la fissità della posa, l’enfasi sull’espressione facciale colta nel momento cruciale del dramma rappresentato (“mie”), un’ambientazione non particolarmente ricca Immagine prospettica originale del grande teatro kabuki di Edo (1788-1789); Londra, British Museum. di dettagli naturalistici. Non mancano, inoltre, riflessi dell’opera di Kiyonaga, che in quello stesso periodo produceva le sue migliori composizioni. Tuttavia, già in questi anni Hokusai - per attitudini caratteriali aperto alle novità - tentò di sperimentare nuove strade, facendosi coinvolgere da stimoli diversi. La conoscenza dell’opera di Utagawa Toyoharu indusse Hokusai-Shunrō a cimentarsi con il genere delle stampe prospettiche (“ukie”), cioè basate sulle regole della prospettiva occidentale, utilizzate per descrivere vedute panoramiche oppure interni di architetture, soprattutto i palcoscenici dei teatri kabuki. 

Nonostante l’attività nello studio di Shunshō gli avrebbe assicurato una carriera brillante, Hokusai decise di abbandonare la scuola. Nell’arco dei quindici anni che costituiscono il “periodo Shunrō ”, dal 1779 al 1794, Hokusai produsse circa duecentotrenta stampe a colori, dieci disegni per stampe rimaste inedite, tre dipinti e tutte le illustrazioni per trentacinque piccoli libri, alcune storie dei quali furono pure ideate da lui. Realizzò inoltre un certo numero di raffinati “egoyomi” (stampe-calendario) e “surimono” (biglietti augurali), commissionatigli dagli appartenenti ad alcuni circoli poetici di “kyoka” (“versi pazzi”) che aveva iniziato a frequentare intorno al 1790, introdottovi dal noto editore Tsutaya Jūzaburō (per il quale fu attivo Utamaro), con cui Hokusai aveva in quegli anni iniziato a collaborare.


Immagine prospettica originale del grande teatro kabuki di Edo (1788-1789); Londra, British Museum.

Terminata la sua esperienza con la scuola Katsukawa, sul finire del 1794 Hokusai abbandonò il nome Shunrō e assunse quello di Sōri. In quello stesso anno la sua prima moglie morì lasciandolo solo ad accudire tre piccoli bambini; di lì a poco si sarebbe risposato divenendo padre di altri due figli. 

Il cambio di nome coincise con una evoluzione stilistica stimolata dal rapporto instaurato in quel periodo con la scuola Tawaraya, il cui maestro e fondatore, Tawaraya Sōri, ispirava i propri canoni estetici all’opera del celebre Sōtatsu. Le prime opere firmate Sōri risalgono agli inizi del 1795, dopo che Hokusai ebbe accettato il prestigioso incarico di condurre in prima persona l’atelier Tawaraya: nonostante l’influenza ancora molto evidente dello stile di Shunshō, la produzione di questo periodo mostra una certa vicinanza con lo stile delle opere di altri maestri dell’Ukiyoe, tra i quali - ovviamente nella resa delle figure femminili - lo stesso Utamaro che in quegli anni raggiungeva l’apice dei suoi successi. 

Il “periodo Sori” (1794-1797) fu per Hokusai ricco di impegni. In particolare, esso può essere ricordato come uno dei più intensi per la produzione di “surimono” ed “egoyomi”, pregevoli per la perfetta simbiosi tra le immagini a colori tenui ideate da Hokusai e i versi apposti sui fogli, in un affascinate connubio di complessi rimandi letterari e suggestioni poetiche. 

In questo stesso periodo l’artista cominciò a cimentarsi con il tema del paesaggio, che lo renderà celebre nella fase più matura della sua carriera. La stampa Primavera a Enoshima, all’interno della raccolta Rami di salice piangente (Yanagi no ito) del 1797, mostra già insieme alcuni dei soggetti più tipici della successiva opera di Hokusai: il monte Fuji, le onde, la vegetazione, le figure umane. Per questa composizione Sōri prese evidentemente a modello alcune opere di Shiba Kōkan, pittore in “stile occidentale”, risalenti al 1787 e realizzate con la tecnica europea dei colori a olio appresa durante un periodo di studio a Nagasaki. Studiando l’arte di Kōkan, Hokusai riuscì ad appropriarsi dei principi dell’arte occidentale; tuttavia, rispetto al più anziano maestro, Sōri non rinunciò a infondere nelle proprie opere una più pura espressività giapponese. 

Il distacco definitivo dalla scuola Katsukawa e la consapevolezza di poter gestire da maestro un atelier furono condizioni che permisero a Hokusai di approfondire lo studio delle tradizionali correnti artistiche del paese. Alcuni dipinti di questo periodo riflettono, soprattutto nell’uso di una colorazione ricca ed elegante, racchiusa entro spesse pennellate di contorno eseguite con precisione e nettezza calligrafiche, una certa conoscenza dell’opera di Ogata Kōrin, erede spirituale di Sōtatsu e personalità di vertice della scuola Rinpa. Non mancano poi rimandi ai modi della scuola Kanō, i cui affiliati - capaci di dipingere in uno stile che combinava le tradizioni giapponesi con elementi specifici dell’arte classica cinese - dal XVI secolo dominavano il mondo della pittura giapponese.


Primavera a Enoshima, da Rami di salice piangente (1797); Londra, British Museum.


Donna e ragazza con cannocchiale (1798 circa); Yamaguchi, Hagi Uragami Museum.

Tra la fine del 1797 e l’inizio del 1798 l’esperienza nello studio Tawaraya era giunta all’epilogo: ceduto il nome Sōri all’allievo Sōji, il maestro fondò una propria bottega alla quale diede il nome di Hokusai, “studio del nord”, in onore della divinità di ambito buddista Myōken associata con la stella polare. Il “periodo Hokusai”, collocabile grosso modo tra il 1798 e il 1810, fu uno dei più fecondi della sua carriera, durante il quale il maestro affrontò numerosissimi impegni. 

I “surimono” sono ancora più raffinati; le figure femminili si allungano assumendo pose flessuose e delicate, non lontane da quelle ideate contemporaneamente da Utamaro ed Eishi. Le espressioni dei visi e dei corpi mostrano una caratterizzazione psicologica più approfondita, preannunciando alcuni dei successivi sviluppi della sua arte. Hokusai preferì a quest’epoca inserire queste figure in un contesto naturalistico o paesaggistico, evitando i fondi neutri prima prevalenti. A cavallo tra i due secoli, quindi, il paesaggio diventa sempre più un tema indipendente, capace da solo di condurre lo spettatore a un’esperienza compiuta in se stessa. È il caso di alcune stampe con vedute prospettiche “all’olandese”, caratterizzate cioè dall’uso di espedienti tecnici di origine europea (prospettiva, chiaroscuro, iscrizioni in orizzontale): il foglio singolo con Enoshima e il monte Fuji (1800 circa), le Otto vedute di Edo: immagini a specchio in stile olandese (Oranda gakyo: Edo hakkei) (1802 circa), le Vedute paesaggistiche in stile occidentale (1805). In una delle stampe di quest’ultima serie, intitolata Navi mercantili che attraversano le onde (Oshiokuri hato tsūsen no zu) sono presenti alcuni dei temi che saranno maggiormente sviluppati da Hokusai: in particolare l’onda, che richiama da vicino la Grande onda, il capolavoro pubblicato intorno al 1830. 

Verso l’inizio del XIX secolo Hokusai si fece la fama di “eccentrico” (“kijin”), in seguito a due episodi che lo videro protagonista. Il primo ebbe luogo nel 1804 nel recinto del tempio Gokoku alla periferia di Edo: in presenza di un folto pubblico, Hokusai dipinse un Busto di Daruma, il leggendario fondatore del buddhismo zen, su una superficie di oltre duecento metri quadri di carta stesi per terra, utilizzando come pennello una scopa inzuppata nell’inchiostro versato in un barile da sake; l’opera fu issata su una gigantesca struttura lignea appositamente realizzata, tra gli applausi degli spettatori entusiasti. Paradossalmente, secondo le stesse fonti antiche, nello stesso periodo Hokusai pare abbia realizzato la pittura di un volo di uccello sulla microscopica superficie di un chicco di riso.


Due donne con susino in fiore (1799); Genova, Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone. I “surimono” come questo erano commissioni private, e perciò anche la qualità della stampa è solitamente superiore rispetto a quella delle stampe pubblicate per la vendita al pubblico.


Navi mercantili che attraversano le onde, dalla serie Vedute paesaggistiche in stile occidentale (1805).

Il secondo episodio si svolse davanti alla persona dello shogun Ienari che aveva invitato Hokusai a partecipare a una gara di destrezza pittorica con l’altrettanto abile e famoso Tani Bunchō. Immersa una scopa nell’inchiostro blu, tracciò sulla carta stesa per terra delle ampie linee ondulate; quindi, costretto un gallo a sporcarsi le zampe di inchiostro rosso, lo lasciò libero di zampettare sul blu. Il risultato destò la generale ammirazione: le impronte dell’animale erano diventate foglie d’acero autunnali, cadute dall’albero per posarsi casualmente sulle acque del fiume Tatsuta, così come riportato in una tradizionale iconografia artistica e letteraria giapponese. 

L’originalità dell’opera piacque allo shogun che decretò Hokusai vincitore della sfida. 

Nonostante l’accresciuta fama, Hokusai non rinunciò a dedicarsi all’illustrazione di “libri di lettura” (“yomi-hon”), con la quale aveva cominciato la sua fortunata carriera. Nel 1805 fu infatti pubblicato il primo volume della Nuova edizione illustrata di “I racconti dell’argine” (Shinpen suiko gaden), una versione moderna di uno dei maggiori classici della letteratura cinese: la traduzione e la revisione del testo furono affidate al noto letterato Kyokutei Bakin. Il rapporto tra i due fu da subito turbolento, e la rottura inevitabile: l’editore sostituì Bakin con il più mite Takai Ranzan, preferendo in tal modo mantenere alle sue dipendenze Hokusai che aveva ormai raggiunto una grandissima popolarità.


I sette dei della fortuna (1810), eseguito con altri artisti; Genova, Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone.


I sette dei della fortuna (1810), eseguito con altri artisti; Genova, Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone.

HOKUSAI
HOKUSAI
Francesco Morena
Un dossier dedicato a Hokusai (Edo, 1760 - Edo, 1849). In sommario: Introduzione; Gli esordi e la fama. Dal periodo Shunro al periodo Hokusai; Hokusai e il mondo fluttuante dell'Ukiyo-e; Manuali ed erotismo. Il periodo Taito (1810-1819); Fiori e paesaggi. Il periodo Iitsu (1820-1834); Il ''vecchio pazzo per la pittura''. Il periodo Manji (1834-1849); Hokusai nel giapponismo. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.