Del 1833 è la serie con le Otto vedute delle isole Ryūkyū (Ryūkyū hakkei), piccolo arcipelago a sud del Giappone, peraltro mai visitato dall’artista che si servì evidentemente di immagini altrui per illustrarlo: sarà forse questo il motivo per cui le otto composizioni appaiono essere più distanti dal punto di vista dell’osservatore e forse dallo stesso Hokusai, che vi infuse un certo carattere di esotismo, immaginando irrealisticamente che su quei territori tropicali potesse cadere la neve fino a coprirne il paesaggio.
Quasi contemporanea (1833-1834) è la serie delle Mille immagini del mare (Chie no umi) che, a dispetto del titolo, si compone di soli dieci fogli in ognuno dei quali è raffigurato un aspetto della vita dei pescatori giapponesi. Con i dieci fogli della serie Specchio dei poeti giapponesi e cinesi (Shika shashinkyo), il maestro riuscì a combinare la predilezione di quell’epoca per il paesaggio con il tema della letteratura, sia indigena che continentale. Queste stampe sono da molti considerate come il vero capolavoro di Hokusai: concepite per un formato verticale lungo (cm 52 x 23 circa), consentirono all’artista di mettere a frutto tutta la propria capacità inventiva. Ognuna delle composizioni illustra un momento particolarmente significativo della vita artistica del poeta cui si riferisce, oppure trasmette attraverso l’immagine l’interpretazione di un verso poetico che ha reso famoso il letterato. Nella stampa con il poeta cinese Li Bai (700-762 circa), Hokusai ha immaginato il momento in cui il letterato, inebriato dal vino e dal furore poetico, tenta di buttarsi tra le acque di una cascata che in lui suscitano una vera e propria estasi. Due giovani inservienti lo trattengono impedendogli di commettere l’atto estremo.
Le cascate del Giappone saranno anche il tema principale di un’altra serie di otto stampe, pubblicata ancora tra il 1833 e il 1834, dal titolo Viaggio tra le cascate giapponesi (Shokoku toki meguri). Non sembra plausibile che Hokusai abbia visitato tutti i luoghi da lui descritti, situati per gran parte nei distretti del Kantō e del Kinki, ma che si sia piuttosto servito della sua fantasia e di guide illustrate dei luoghi. Nonostante ciò, le cascate di Hokusai riescono a evocare quel senso di solennità e di mistero che secondo la tradizione giapponese di derivazione shintoista era attribuito ad alcuni fenomeni della natura.
Del 1834 sono anche le undici stampe con Vedute insolite di famosi ponti giapponesi (Shokoku meikyo kiran). In questa nuova serie Hokusai ha creato un compromesso tra la rappresentazione di luoghi reali e immagini totalmente fantasiose. Ancora una volta il paesaggio è l’elemento dominante insieme alle attività umane; si aggiunge inoltre lo studio delle costruzioni architettoniche. I ponti si inseriscono nella natura diventandone parte integrante, traghettando un’umanità variegata, quasi fossero la mediazione viva e pulsante tra la natura meravigliosa e il brulichio delle persone.
Contemporaneamente a queste ultime serie paesaggistiche, Hokusai concepì due gruppi di dieci fogli raffiguranti fiori. Conosciuti genericamente con i nomi di Grandi fiori e Piccoli fiori per il diverso formato che li caratterizza, questi fogli costituiscono un altro importante traguardo nell’arte di Hokusai. Il mondo della natura, anche quello vegetale oltre che animale, costituiva già in precedenza uno degli argomenti maggiormente trattati dal maestro che nel 1832-1833 aveva pubblicato una serie di grandi stampe in formato “nagaban tatee” (cm 50 x 23 circa) denominata Grandi immagini della natura, ognuna raffigurante una specie animale. Tuttavia, con le due serie dei Fiori Hokusai raggiunse un livello insuperato, riuscendo con grande maestria a infondere la vita ai fiori, di solito accompagnati da un insetto o da un uccello. Le colorazioni sono raffinate e il tratto leggero ma deciso: linea e colore sembrano, in questo caso più che altrove nell’arte giapponese, poter fare a meno delle ombreggiature per la resa della tridimensionalità e del volume; le composizioni hanno una profondità propria, effetto dell’accostamento bilanciato dei toni cromatici e della linea del disegno. Conforme allo spirito buddista, Hokusai diede ai fiori un’anima, la stessa trasfusa negli esseri umani, negli animali, nei fenomeni della natura, in tutto ciò che scaturiva dal suo pennello.