Camera con vista


Un Piccione
e 34 qUadri

di Luca Antoccia

Può un film quasi totalmente anarrativo, girato, come ama dire il suo autore, in trentaquattro quadri, vincere il Leone d’oro (2014), uscire nelle sale e da poco anche in dvd con successo di critica e di pubblico? Evidentemente sì, se questo è accaduto con Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza, del regista svedese Roy Andersson. Sì, se si crede pervicacemente a una visione più consapevole delle risorse dell’immagine cinematografica e della possibilità per ogni spettatore di produrre il proprio percorso visivo. Non a caso il film sfrutta, come dichiara Andersson, l’aumentata profondità di campo delle nuove apparecchiature digitali ma anche una consapevolezza della storia dell’arte. Se un film comunque racconta sempre una storia, quella narrata in questa pellicola, che qui gravita attorno a una strana coppia di venditori, riedizione stralunata e beckettiana di Don Chisciotte e Sancho Panza, ma anche di Stanlio e Ollio, serve per costruire un’atmosfera surreale che usa suggestioni letterarie e pittoriche come collante per divagazioni nello spazio e nel tempo (lo squarcio straordinario alla Sokurov in cui in un bar dei nostri giorni sfila l’armata svedese del Settecento ed entra nel bar il re Carlo XII) o momenti di esilarante, macabra comicità come la scena nella sala di attesa dell’aeroporto. Ogni volta che un film diventa un’avventura dello sguardo, e non si può predire cosa accadrà nell’inquadratura successiva, l’arte delle immagini in movimento esprime tutta la sua vitalità. Epifania di tutto questo è un “luogo-sequenza”, il piccolo bar, ricettacolo di un’umanità esausta e negletta. Lì accade qualcosa che proprio perché lo sguardo è attivo si può essere in grado di riconoscere. Se si osserva il pavimento di piastrelle bianche e nere ci si accorge che il luogo è molto meno profondo di quello che sembra. Conferma ne è il fatto che i personaggi che entrano in campo dalla porta in fondo appaiono più grandi e sembrano avanzare più velocemente di quanto la prospettiva vorrebbe. Andersson ha messo in campo un singolare “trompe-l’oeil”, una sorta di camera di Ames («Trompe-l’oeil: Ulf Jonsson», così nei titoli di coda) che non è stata finora rilevata dalla critica. Questo dispositivo, tipico della pittura e dell’architettura dal Rinascimento in poi, enfatizza un clima di disagio e di disorientamento che sollecita una visione più attenta e consapevole. Una vera camera con vista. O una vista da camera.

ART E DOSSIER N. 325
ART E DOSSIER N. 325
OTTOBRE 2015
In questo numero: UNA GEOMETRICA BELLEZZA Parrino, astrazione punk; Malevič-Lisickij, un rapporto difficile; Arti decorative: ceramiche arcaiche, pavimenti medievali, Owen Jones. IN MOSTRA Burri, Picassomania, Malevič, Prostituzione, Giotto.Direttore: Philippe Daverio