XX secolo. 2
Il carteggio Malevic - El Lisickij

il volto nascosto
dell’avanguardia

Dal carteggio tra Malevič e Lisickij emergono aspetti inediti del travagliato percorso delle avanguardie russe di inizio Novecento. Sogni, aspirazioni, progetti ma anche conflitti, rancori e gelosie.

Enrica Torelli Landini

«La penna è più aguzza del pennello». Con queste parole Malevič annuncia, nel 1920, la sua volontà di sospendere l’attività di pittore per dedicare tutte le sue energie alla stesura di studi teorici, programmatici, polemici, filosofici. Intende sublimare l’attività del pensiero rispetto alla “faktura” dei dipinti e riscattare l’arte come attività creativa pura e non come arma utilitaristica, secondo l’indirizzo che la contemporanea cultura dei materiali e il costruttivismo stavano promuovendo. «Ora che mi trovo nell’“esilio” di Vitebsk potrò concentrarmi con assiduità, e i pennelli mi s’allontanano sempre di più»(1). L’attività filosofica e teorica è considerata da Malevič come un’inevitabile conseguenza della sua trasformazione suprematista. Aveva inaugurato, nel 1919, con il trattato Sui nuovi sistemi nell’arte, un cammino rischioso con il quale voleva creare il corpus di una nuova teologia, accolta con scetticismo dai suoi colleghi e con attacchi da parte dei costruttivisti.

La scrittura teorica, insieme all’attività epistolare, si concentra nei tre lunghi inverni (1919-1922) durante i quali insegna a Vitebsk nella Scuola d’arte popolare, sostituendo dal 1920 Marc Chagall alla direzione. Alla stessa scuola insegna Lazar Markovic Lisickij, architetto e creatore dei Proun (Progetti per l’affermazione del nuovo), figure astratte, figlie dei quadrati, delle croci e dei cerchi suprematisti.

Lisickij ha studiato architettura in Germania, conosce molto bene il tedesco e desidera ardentemente tradurre i manoscritti di Malevic. Si reca dunque, con il consenso del collega, alla dacia di Nemcinovka dove è custodita un’enorme quantità di manoscritti. Da questo momento inizia l’epistolario che inizialmente attesta non tanto un sodalizio, ma piuttosto una soggezione, un ossequio, nei confronti del creatore del suprematismo al quale Lisickij nelle lettere si rivolge dandogli del Voi.


El Lisickij, Combatti i bianchi con il cuneo rosso (1919-1920).


Kazimir Malevic, Quadrato nero (1923 circa); Cerchio nero (1923 circa), entrambe a San Pietroburgo, Museo di Stato russo.

Le lettere di Lisickij attestano non tanto un sodalizio, ma piuttosto una soggezione, un ossequio, nei confronti del creatore del suprematismo


A Vitebsk i due artisti fondano il gruppo e l’almanacco “Unovis”(2) e, in osservanza all’idea comunista di collettivismo, inaugurano una nuova forma d’arte anonima e comunitaria siglando i lavori con la firma collettiva del quadrato nero. In occasione della ricorrenza della Rivoluzione d’ottobre, tutti gli insegnanti, insieme a tutti gli studenti del gruppo, decorano le strade, i palazzi, le fabbriche e i tram della città di Vitebsk con enormi, coloratissime figure suprematiste, fra le quali il celebre Combatti i bianchi con il cuneo rosso di Lisickij. Quest’ultimo si occupa anche delle vendite dei quadri di Malevic, il quale ossessivamente richiede del denaro per due ragioni: le razioni di cibo a Vitebsk sono state sospese dal governo e la moglie - Sofia Michajlovna - è malata di tisi e ha necessità di medicine. La richiesta di denaro è inoltre mirata a un sospirato viaggio in Occidente che Malevic vorrebbe organizzare per portare a conoscenza dell’Europa sia le opere suprematiste che le tabelle teoriche realizzate nel laboratorio dell’istituto da lui stesso creato a Leningrado. L’accesso all’Occidente gli sarà permesso solo nel 1927 e per un periodo limitato di tempo, quando Berlino gli dedicherà una mostra.
L’epistolario ha un seguito nel 1922 quando la Scuola d’arte, divenuta impopolare presso il governo sovietico, chiude i battenti per il blocco dei pagamenti degli stipendi ai professori. Avviene un duplice spostamento dei due artisti: Lisickij si trasferisce (fino al 1925) in Germania (e quindi in Svizzera), dove viene inviato dal governo per promuovere la nuova arte russa in Occidente; mentre Malevic si trasferisce a Leningrado dove trasforma il Museo di cultura artistica in un «Centro di ricerca unico in tutto il mondo» che è costituito da alcuni dipartimenti: «Il mio è teoreticobatteriologico, quello di Matjušin è organico e il terzo è quello sperimentale di Mansurov». Molti degli allievi lo seguono in questa nuova impresa.

«È un anno e mezzo che vivo a Leningrado […] si è creata una forte opposizione alla nuova arte e molta fame». Malevic sfoga le sue tristezze con l’amico ma, nello stesso tempo, non lo sottrae ai suoi aspri rimproveri. «Anche Voi non vi siete attenuto all’accordo. Voi, costruttori, vi siete fatti spaventare dal suprematismo […]. Pensate al 1919, quell’anno ci siamo accordati per lavorare sul suprematismo, volevamo addirittura scrivere un libro. E adesso, cosa? Siete un costruttivista-montatore, ecco dove siete arrivato. Volevate liberare la vostra personalità - il vostro Ego - da quello che ho fatto io. Avevate paura che mettessi la mia firma sotto le vostre opere, oppure che le vostre opere fossero attribuite a me, e invece siete capitato con Rodcenko in qualità di costruttore e neanche come “prounista”(3). Dove sta Unovis? Le foto, le riviste?... Significherebbe tanto per noi se Voi, come membro di Unovis, sosteneste la nostra linea nell’organizzazione dell’arte nuova».


Una delle lettere scritte da Malevic a Lisickij (1924).


Malevic cerca di dar corpo alla produzione di modelli utopistici


Malevič accusa dunque l’amico di non aver mantenuto la linea che ambedue avevano seguito a Vitebsk in seno al gruppo Unovis. Il legame che si era creato allora adesso si è sciolto. Lisickij in Germania è in contatto con le grandi personalità della cultura artistica europea - da Schwitters a Theo van Doesburg, da Gropius a Moholy-Nagy - e con le riviste - “ABC”, “Kunstblatt”, “Merz”, “Blok”, la trilingue “Vešc” - fondamentali per la diffusione internazionale dell’arte astratta, allora in auge in Occidente.

Lisickij promette mostre, vendite e articoli, ma è forse troppo impegnato nelle sue ricerche di grafica e design e non interviene nel momento giusto a dare ascolto alle richieste del collega. Egli è inoltre colpito da una seria affezione polmonare che lo costringe a ricoverarsi in alcune cliniche svizzere.


Malevič capisce l’importanza dei mezzi di comunicazione e invia alle riviste perfino le sue lettere, tanto che esse assumono il valore di manifesto. Adesso sono lettere relative al problema dell’architettura e alla sua ideologia, oppure riguardano le applicazioni delle precedenti ricerche pittoriche all’architettura, un interesse che unisce di nuovo i due artisti. Malevič cerca di dar corpo alla produzione di modelli utopistici - Planity e Architekton - sorta di monoliti, denominati “ciechi” dal loro autore forse perché privi di aperture verso l’esterno e pensati come prototipi di stazioni cosmiche. Lisickij aveva realizzato a Vitebsk qualcosa di simile con i Proun, realizzati in piano come progetti grafici ma pensati come strutture da far ruotare nello spazio: una visione meccanicistica rispetto alla dimensione filosofico-spirituale delle figure assolute del suprematismo.


Kazimir Malevic, Planity (case) del futuro per abitanti della terra (1923-1924), San Pietroburgo, Museo di Stato russo.


Kazimir Malevic, Architekton “Jota” (1923?), San Pietroburgo, Museo di Stato russo.

ART E DOSSIER N. 325
ART E DOSSIER N. 325
OTTOBRE 2015
In questo numero: UNA GEOMETRICA BELLEZZA Parrino, astrazione punk; Malevič-Lisickij, un rapporto difficile; Arti decorative: ceramiche arcaiche, pavimenti medievali, Owen Jones. IN MOSTRA Burri, Picassomania, Malevič, Prostituzione, Giotto.Direttore: Philippe Daverio