Cortoon


dal soffitto

con rembrandt

di Luca Antoccia

È sorprendente la varietà infinita di relazioni tra pittura e cinema. Quando avevo deciso di parlare di Head Over Heels lo avevo fatto per la straordinaria capacità che solo il cinema ha di rendere visivo un concetto altrimenti astratto. 

La quasi totale diversità e distanza di mondi tra il maschile e il femminile viene visualizzata nel film in una casa in cui non vigono i normali criteri di gravità e l’uomo e la donna vivono l’uno sul pavimento e l’altra sul soffitto (o viceversa, a seconda dei punti di vista, anche perché ad accentuare questa mancanza di punti fermi a un certo punto si vede la casa che fluttua nello spazio senza ancoraggi). Il film dura dieci minuti e ha ricevuto la nomination agli Oscar 2013. Il regista americano Timothy Reckart ha studiato alla National Film and Television School inglese, la stessa dove ha studiato il suo mito, quel Nick Park padre di Wallace and Gromit che ha fatto capire al mondo cosa si può fare ancora di nuovo con lo “stop motion”(*) nel cinema contemporaneo. Reckart aveva bisogno della particolare concretezza della plastilina e delle inusuali inquadrature che si possono ottenere in un set a tre dimensioni come quello della “stop motion” per rendere più credibile e realistico il tutto. Ma il finale poetico e insieme visionario mostra una disincantata e ironica via di uscita tanto dall’incomunicabilità quanto da un dolciastro “happy ending”. A questo proposito anche l’uso della musica nella fase di riavvicinamento tra i coniugi rivela una grande attenzione a non pigiare sul pedale della retorica e del patetico. Reckart è stato autore finora di altri due corti: Token Hunchback (2009) e Leftovers (2006). E questa terza pellicola non sarà certo l’ultima. Sentiremo ancora parlare di lui, a cominciare da The Lamb, lungometraggio che la Sony gli ha affidato. Un talento, quello del buon Tim, che rivela non solo buone letture ma anche un’insospettabile fonte di ispirazione pittorica. In un’intervista ha dichiarato di aver avuto l’idea di due universi paralleli e domestici da un celebre quadro di Rembrandt, Filosofo in meditazione (1632), oggi al Louvre. Queste le sue parole: «C’è un’interessante scala a chiocciola ed è dipinta in modo che sembri che qualcun altro che viva sul soffitto possa da un momento all’altro scendere le scale a testa in giù...». Credo che il cinema sia devoto alla pittura anche per un insieme di fantasticherie che essa suscita e che poi a distanza magari di secoli prendono una piega assolutamente impensabile.


Rembrandt, Filosofo in meditazione (1632), Parigi, Musée du Louvre.


frame da Head Over Heels (2012), di Timothy Reckart.

(*) Tecnica di ripresa cinematografca consistente nello scattare una serie di fotogrammi di un oggetto o di un disegno cambiandone ogni volta la posizione nello spazio, per poi proiettare le immagini una di seguito all’altra.

ART E DOSSIER N. 324
ART E DOSSIER N. 324
SETTEMBRE 2015
In questo numero: PRIMITIVISMI L'editoriale di Philippe Daverio; Il volto del serpente, l'Espressionismo in Toscana, Klee, Africa oggi; GLI UFFIZI a Casal di Principe; CINA OTTOCENTO La scoperta della fotografia. IN MOSTRA La Grande Madre, Gruppo Zero.Direttore: Philippe Daverio